Credo che i moribondi abbiano tremendamente bisogno della misericordia di Dio, soprattutto coloro che per qualsiasi ragione muoiono prima di aver raggiunto la tarda età.
La paura della morte, il dolore e l'amarezza causate dalla consapevolezza di dover morire prematuramente, l’angoscia per la famiglia, il senso di rifiuto e impotenza, i dolori e i disagi associati alla malattia sono solo alcune delle sfide con le quali si misura l'uomo che muore.
Molti non sono in uno stato di grazia, non vivono la loro vita in relazione intima e personale con il Signore. La Parola di Dio, come accennato in precedenza, dice che chiunque invochi il nome del Signore sarà salvato, non finirà all'inferno (Rm 10,13; At 2,21).
Molti moribondi, soprattutto quelli che in giovinezza hanno sperimentato determinate grazie, come la prima Confessione o l'andare a Messa con i genitori, o che hanno esercitato i ministeri nella Messa, sono pronti ad accogliere la grazia, ma comunque è loro necessario l'aiuto della preghiera.
La famiglia del morente spesso non chiama il sacerdote e non parla di Dio e del paradiso, poiché teme in tal modo di turbarlo maggiormente. Per molti, infatti, chiamare qualcuno affinché preghi e parli di Dio costituisce un disagio.
Alcuni, per la situazione nella quale si trovano, sono amareggiati con Dio e non desiderano avere nulla a che fare con lui. Vi sono anche di quelli che non hanno abbastanza fede nella vita eterna, e altri che pensano di aver vissuto in modo giusto e che il pentimento non sia necessario. Accade anche che la famiglia del malato, per questioni di apparenza, non desideri chiamare un prete, perché è più importante ciò che possono pensare i vicini piuttosto che l'esigenza del malato di ricevere la grazia di Dio.
Inoltre, un numero considerevole di fedeli non comprende l'essenza dell'unzione degli infermi e non capisce che è mediante tale sacramento che il malato riceve nel cuore anzitutto la tanto desiderata e necessaria pace di Dio (ricorrendo alla Confessione) e poi la salvezza eterna. Mediante tale sacramento il Signore può avvicinarsi al malato e guarirlo anche dalle malattie più gravi.
Dio, nella sua misericordia, ha fortemente a cuore la conversione e la salvezza di ogni uomo, ma data la sua equità e imparzialità non può imporre a nessuno la sua grazia. La preghiera per gli infermi è una delle più grandi azioni di misericordia cui tutti siamo chiamati. Nemmeno uno degli aiuti che riceviamo in vita può essere paragonato a quello di cui avremo bisogno all’approssimarsi della nostra morte.
Simeone il Vecchio profetizzò a Maria, madre di Gesù e nostra madre, che una spada Le avrebbe trafitto l'anima affinché fossero svelati i pensieri dei cuori (Lc 2,35). In tal modo Le aveva annunciato la grazia per la quale molte anime, in punto di morte, per sua intercessione avrebbero visto la loro vita per ciò che era stata al fine di potersi pentire sinceramente e accettare il perdono e la salvezza.
Riconoscere la propria impurità, emendarsi e cercare il perdono, almeno immediatamente prima di morire, è una delle grazie più grandi.
Nessuno di noi è pienamente consapevole di quanto bene abbiamo omesso di fare nel rapporto personale con Dio e con coloro che ci stanno vicini, nella maggior parte dei casi per orgoglio, egoismo ed egocentrismo.
Per questo, ad ogni Avemaria preghiamo la Madre di Gesù e madre nostra affinché interceda continuamente per noi peccatori, specialmente nell’ora della nostra morte, affinché riconosciamo i nostri peccati e nel contempo la misericordia di Dio. Dobbiamo essere consapevoli che la Beata Vergine Maria è presente e intercede per noi quando offriamo la Messa per la salvezza dei moribondi, poiché L'abbiamo pregata tante volte proprio per questo. Dobbiamo renderci conto che lei si preoccupa veramente della vita eterna di ogni morente e che nel momento della morte, più che mai, lei è Madre.
Ogni infermo, anche nelle ultime ore della vita, può avere l'occasione di fare buone azioni a Dio gradite e così portare con sé nell'eternità un tesoro perenne (Mt 6,19-21).
Se il Signore, grazie alle nostre preghiere, al sacrificio della Messa o attraverso la nostra testimonianza, concede all’anima la grazia di desiderare con il cuore di rendere grazie a Dio e alle persone vicine per ogni bene che ha ricevuto e di perdonare a tutti coloro che l’hanno ferita e benedire e pregare per chi ha bisogno della salvezza, allora raccoglierà un grande tesoro.
La profonda gratitudine verso Dio e verso il prossimo che ci ha fatto del bene, il perdono sincero a coloro che ci hanno ferito e la preghiera fervente per i bisognosi sono i frutti della sincera riconciliazione con Dio. Dunque non dobbiamo cercare da Dio solo la salvezza, bensì pregarlo affinché conceda a chi è in pericolo di morte la grazia della gratitudine, del perdono e della benedizione.
Ma Dio non è il solo a nutrire interesse per gli infermi, anche il diavolo ne ha. Il nemico, attraverso i suoi servitori, cerca di distogliere chi è in pericolo di morte dalla ricerca della grazia di Dio, di gettare il più possibile accuse verso Dio e di rafforzare nel sofferente il senso di rifiuto. Parimenti, tenta di 'gonfiare' nel morente il senso di orgoglio e convincerlo che non dovrebbe umiliarsi di fronte a nessuno né rivelare a nessuno i suoi peccati, specialmente a 'qualche sacerdote peccatore'. Il diavolo farà di tutto per conquistare i pensieri e le sensazioni del morente e allontanarlo dalla salvezza.
Quando offro la Messa per i moribondi, tento di presentare a Dio anche il mio personale sacrificio poiché so che i sacrifici offerti per puro amore sono l'arma più potente per allontanare da loro il diavolo. Io so che l'offerta della Messa per gli infermi è un atto molto caro a Dio, e in tal modo contribuisco alla sua misericordia in modo particolare, e ciò che mi motiva maggiormente è la profonda necessità interiore del morente. Nel profondo del cuore so che in paradiso mi rallegrerò molto quando incontrerò uno di coloro che sono giunti là anche grazie al mio modesto contribuito.