Il sacramento è un segno percepibile ai sensi che indica, e produce indicando, la realtà a cui si riferisce. In questo modo, le due specie separate, pane e vino, indicano la realtà della separazione del Corpo e del Sangue di Cristo sulla Croce, cioè indicano la realtà dell'atto del sacrificio della Croce. Indicando questa realtà, i segni sacramentali producono – come dicono i teologi – questa realtà in modo sacramentale.
A causa dell'unione ipostatica, questo atto del sacrificio della Croce, un atto primariamente interiore, ma allo stesso tempo anche un atto visibile, è stato compiuto dalla seconda persona della Santissima Trinità, questo atto va ascritto alla persona e non alla natura, e quindi ascritto alla persona Divina di Gesù Cristo.
L’atto del sacrificio di Cristo sulla Croce è stato un atto divino e umano. Come insegna il Concilio di Calcedonia, le due nature in Cristo, la natura divina e umana sono unite senza confusione delle nature, senza la mutazione delle nature, senza la divisione delle nature e senza la separazione delle nature. L’atto di sacrificio sulla Croce è primariamente la più alta espressione dell'amore del Figlio di Dio incarnato, Cristo, al Padre e allo stesso tempo è la più alta espressione dell'amore di Cristo Redentore per noi uomini.
Si potrebbe dire che il sacrificio della Croce è una liturgia divina, come dice la Lettera agli Ebrei (9, 14): "Quanto più il sangue di Cristo, che per lo Spirito Santo offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, per servire il Dio vivente?". In questo sacrificio, tutte e tre le persone della Santissima Trinità erano in qualche modo impegnate. La santa Messa è lo stesso sacrificio divino-umano di Cristo, coinvolgendo, però, la Chiesa “hic et nunc”, cioè in questo concreto luogo e tempo, per dare a tutti i membri del Corpo Mistico di Cristo la possibilità di partecipare in modo sacramentale, ma reale, e in questo unico, al sempre-attuale ed eterno atto di offerta d’amore sacrificale del Dio incarnato.
San Giovanni Crisostomo, il dottore eucaristico, ci lasciò questa spiegazione di profondo senso spirituale e teologico sull’identità tra il sacrificio della Croce e della santa Messa:
“Cristo si è offerto una volta e per sempre ... Ma non lo offriamo tutti i giorni? Sì, offriamo, ma per commemorare la morte di Cristo. È unico, non multiplo. In effetti, è stato offerto solo una volta. Il sommo sacerdote entrava nel Sancta Sanctorum una volta all'anno: lì c'è una figura, con ciò che le corrisponde. È la stessa vittima che offriamo sempre, non oggi una pecora e domani un'altra; ma sempre la stessa vittima. Ecco perché il sacrificio è uno. Se Cristo è offerto in più luoghi, significa che ci sono diversi Cristi? No, l'unico Cristo è ovunque, è intero qua e là, ha un corpo unico. E poiché quello offerto in più luoghi è un corpo e non più corpi, così il sacrificio è unico. Il nostro Pontefice ha offerto il sacrificio che ci purifica. E ora offriamo ancora lo stesso sacrificio che veniva offerto una volta e che non può essere distrutto. Lo facciamo in memoria di quanto è stato fatto. Non offriamo un altro sacrificio, come ha fatto il sommo sacerdote (dell’antica Legge), ma sempre lo stesso; o meglio, è una commemorazione del sacrificio che facciamo” (In Epist. ad Hebr., hom.17, 3).
San Leonardo da Porto Maurizio diceva che la santa Messa
“non solo è copia, ma è l’originale medesimo del sacrificio della Croce: molto di più lo rivela l’aver per sacerdote un Dio fatto uomo. … Ecco il rilievo meraviglioso, che per tutte e tre queste considerazioni fa la santa Messa: il sacerdote che offre è un uomo Dio, Cristo Gesù; la vittima è la vita di un Dio; né ad altri si offre, che a Dio” (Il Tesoro nascosto. Ovvero pregi ed eccellenze della santa Messa con un modo pratico e devoto per ascoltarla con frutto, Frigento 2011, pp. 14-15).
San Tommaso d’Aquino ha formulato la verità del carattere sacrificale del sacramento eucaristico in modo preciso con queste parole:
“Essendo il sacramento della Passione del Signore, l’Eucaristia contiene in se stessa Cristo che ha sofferto. Questa è la ragione per cui l’effetto della Passione del Signore è anche l’effetto di questo sacramento. Questo sacramento non è altra cosa che l’applicazione della Passione del Signore per noi” (Commento al vangelo di san Giovanni 6, 52).
Il vescovo Bossuet, considerando le obiezioni dei Protestanti, ribadiva la verità dell’unicità e perfezione del sacrificio della Croce e della sua celebrazione sacramentale nella santa Messa, dicendo:
“Non è quindi qui, come vi hanno fatto credere i vostri ministri (Protestanti), un supplemento al sacrificio della Croce; non ne è una reiterazione, come se fosse imperfetta. Al contrario, supponendo che sia molto perfetto, è un'applicazione perpetua simile a quella che Gesù Cristo ne fa ogni giorno in cielo agli occhi del Padre, o meglio ne è una continua celebrazione: non stupitevi se lo chiamiamo in un certo senso sacrificio di redenzione, secondo questa preghiera che vi facciamo: concedici, o Signore, di celebrare questi misteri in santità; perché ogni volta che commemoriamo questa ostia, esercitiamo l'opera di redenzione (Secreta della nona domenica dopo la Pentecoste); vale a dire che applicandolo lo continuiamo e lo consumiamo” (Explication de quelques difficultéssur les prières de la Messea un nouveau catholique. Oeuvres de Bossuet. Tome XIII, Besançon 1841, p. 52).
“Si tratta infatti di una sola e identica vittima e lo stesso Gesù la offre ora per il ministero dei sacerdoti, egli che un giorno offrì se stesso sulla croce: diverso è solo il modo di offrirsi” (Sess. XXII, Doctrina de ss. Missae sacrificio, cap. 2).
“L'augusto sacrificio dell'altare non è, dunque, una pura e semplice commemorazione della passione e morte di Gesù Cristo, ma è un vero e proprio sacrificio, nel quale, immolandosi incruentamente, il Sommo Sacerdote fa ciò che fece una volta sulla Croce offrendo al Padre tutto se stesso, vittima graditissima” (Enciclica Mediator Dei).
Nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia di papa Giovanni Paolo II leggiamo la seguente ammirabile spiegazione:
“La Chiesa vive continuamente del sacrificio redentore, e ad esso accede non soltanto per mezzo di un ricordo pieno di fede, ma anche in un contatto attuale, poiché questo sacrificio ritorna presente, perpetuandosi sacramentalmente, in ogni comunità che lo offre per mano del ministro consacrato. In questo modo l'Eucaristia applica agli uomini d'oggi la riconciliazione ottenuta una volta per tutte da Cristo per l'umanità di ogni tempo. In effetti, «il sacrificio di Cristo e il sacrificio dell'Eucaristia sono un unico sacrificio» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1367). Lo diceva efficacemente già san Giovanni Crisostomo: «Noi offriamo sempre il medesimo Agnello, e non oggi uno e domani un altro, ma sempre lo stesso. Per questa ragione il sacrificio è sempre uno solo. [...] Anche ora noi offriamo quella vittima, che allora fu offerta e che mai si consumerà» (Omelie sulla Lettera agli Ebrei, 17, 3). La Messa rende presente il sacrificiodella Croce, non vi si aggiunge e non lo moltiplica. Quello che si ripete è la celebrazione memoriale, l'«ostensione memoriale» (memorialis demonstratio: Pio XII, Lett. enc. Mediator Dei) di esso, per cui l'unico e definitivo sacrificio redentore di Cristo si rende sempre attuale nel tempo. La natura sacrificale del Mistero eucaristico non può essere, pertanto, intesa come qualcosa a sé stante, indipendentemente dalla Croce o con un riferimento solo indiretto al sacrificio del Calvario” (n. 12).
Il grande teologo Romano Mons. Antonio Piolanti ha riassunto la verità del carattere sacrificale della santa Messa con l’espressione “altare plenitudo Crucis”, spiegando:
“In un candido disco di pane azimo e in una gemma di vino è racchiuso il mistero della Croce. L’unico sacrificiodella Redenzione nel molteplice rito della Messa si dilata, ma non si moltiplica, si effonde, ma non si disperde, e a contatto con il multiplo non si disgrega, ma aggrega, reso coestensivo a tutti i tempi e a tutti i luoghi, li unifica. La Messa è il prolungamento, il pleroma della Croce: Altare plenitudo Crucis: è la Croce, che s’avanza nei secoli: Fulget crucis mysterium” (Il Mistero Eucaristico, Firenze 1955, p. 373).
“Hoc est corpus, quod pro vobis datur; in S. Luca conserva il tempo presente, affinchécomprendessimo, non solamente che Gesù Cristo dicendo: Questo è il mio Corpo, intendeva parlare di quello stesso Corpo che egli era in procinto di dare per noi; ma altresì ch’egli intendeva di dire che quel medesimo Corpo, che stava per essere offerto e dato per noi, lo era già in anticipo della consacrazione eucaristica, e lo sarà ogni qualvolta verrà celebrato questo sacrificio. Crediamo dunque, non soltanto che il Corpo di Gesù Cristo doveva essere dato per noi sulla Croce, e lo è stato fatto; ma anche, che ogni qualvolta si pronunziano queste parole, in virtù di queste parole esso è dato attualmente per noi. (…) Gesù è morto una volta, e non ha potuto essere offerto che una sola volta in tal modo. Ma ciò che egli ha fatto una volta in tal modo, offrendosi, cioè, tutto insanguinato e tutto coperto di piaghe, e dando la sua Anima con tutto il suo Sangue, egli lo continua tutti i giorni in un modo nuovo nel cielo(…) e nella sua Chiesa, dove tutti i giorni egli si rende presente sotto le apparenze della morte(…) Eccolo là dunque; egli è presente; le parole hanno avuto il loro effetto; ecco Gesù ugualmente presente come lo è stato sulla Croce, dove egli apparve per noi con l’oblazione di se stesso, ugualmente presente com’è nel cielo, dove egli compare ancora per noi dinanzi al volto di Dio. Questa consacrazione, questa sacra cerimonia, questo culto pieno di Sangue, e tuttavia non sanguinoso, dove la morte è dappertutto, e dove nondimeno l’Ostia è vivente, è il vero culto dei cristiani, sensibile e spirituale, semplice ed augusto, umile e magnifico ad un tempo” (Méditations sur l´Evangile, Paris 1839, pp. 641-642).
“Gesù Cristo, infatti, volle che questa mirabile unione, mai abbastanza lodata, per la quale veniamo congiunti tra di noi e col divino nostro Capo, si manifestasse ai credenti in modo speciale per mezzo del Sacrificio Eucaristico. In esso, infatti, i ministri dei Sacramenti non solo rappresentano il Salvatore nostro, ma anche tutto il corpo mistico e i singoli fedeli; in esso i fedeli, uniti al sacerdote nei voti e nelle preghiere comuni, per le mani dello stesso sacerdote offrono all’Eterno Padre, quale ostia graditissima di lode e di propiziazione per i bisogni di tutta la Chiesa, l’Agnello immacolato, dalla voce del solo sacerdote reso presente sull’altare.E come il divin Redentore, morendo in Croce, offrì all’eterno Padre Se stesso quale Capo di tutto il genere umano, così "in questa oblazione pura" (Mal. I, 11), non offre quale Capo della Chiesa soltanto se stesso, ma in se stesso offre anche le sue mistiche membra, poiché egli nel suo Cuore amantissimo tutte le racchiude, anche se deboli e inferme” (Enciclica Mystici Corporis).
“Che Cristo abbia patito volontariamente fu un bene così grande, che per codesto bene riscontrato nella natura umana Dio si è placato per tutte le offese ricevute dal genere umano, rispetto a quanti sono uniti al Cristo sofferente. (…) La Passione di Cristo ebbe maggiore efficacia nel riconciliare Dio con tutto il genere umano, di quanto l'ebbe nell'eccitarne lo sdegno” (S. th., III, 49, 4, c; ad 3). “Poiché il peccato commesso contro Dio acquista una certa infinità dalla infinità della maestà divina: l'offesa infatti è tanto più grande, quanto più grande è la persona verso cui si manca; era necessario per una soddisfazione adeguata che l'azione del riparatore avesse un'efficacia infinita, quale è appunto l'azione di un uomo-Dio” (S. th., III, 1, 2, ad 2).