Carlo aveva letto Il gabbiano Jonathan Livingston dello scrittore Richard Bach. Gli era piaciuto molto, soprattutto lo avevano colpito queste belle parole che si applicano perfettamente a lui: «Quei gabbiani che non hanno una meta ideale e che viaggiano solo per viaggiare, non arrivano da nessuna parte, e vanno piano. Quelli invece che aspirano alla perfezione, anche senza intraprendere alcun viaggio, arrivano dovunque, e in un baleno».
E Carlo, possiamo affermare con certezza, che è riuscito a raggiungere molto velocemente la sua meta, il Cielo. Il gabbiano Jonathan, come Carlo, era interessato ad altri orizzonti: «Per la maggior parte dei gabbiani volare non conta, conta mangiare. A quel gabbiano lì, invece, non importava tanto procurarsi il cibo, quanto volare. Più d’ogni altra cosa al mondo, a Jonathan Livingston piaceva librarsi nel cielo». Ecco, questo gabbiano assomiglia molto a mio figlio.
Carlo citava spesso questa parabola: «Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quegli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l’avvenire; se no, lo taglierai”» (Lc 13, 6-9).
Mi sembra di sentire ancora la sua voce quando ripeteva che «nella parabola del fico sterile il Signore ci dice che vuole vedere nascere i frutti. Condanna l’inconcludenza. Ci ha donato dei mezzi straordinari, i Sacramenti, attraverso la sua morte in Croce, e ci continua a sostenere, ma vuole le nostre risposte. Tutta la Rivelazione è una domanda che esige da noi continue risposte. I Sacramenti da Lui istituiti sono anch’essi una domanda. E l’Eucaristia è la domanda per eccellenza. Ci vogliono dunque risposte complete e sollecite».
Per mio figlio «prima di tutto bisognerebbe esaminarsi, scandagliarsi. Vedere, fino in fondo, in quali condizioni ci si trovi. Bilancio di virtù e di vizi, di pregi e di difetti. Statistica di meriti e di demeriti. E ciò senza scusanti, senza arrotondamenti, senza concessioni. Una volta messo in chiaro tutto ciò, bisognerebbe programmare la correzione. Per esempio, un progetto simile, che può, a prima vista, apparire ovvio, quasi banale, è togliere ogni anno un difetto, conquistare ogni anno una virtù». Nell’esame di coscienza quotidiano, bisognerebbe fare come Carlo e constatare quanto e come ci siamo dati da fare per quella correzione e per quella conquista. «Bisognerà però essere sinceri e leali nell’esame. Essere pronti e decisi nel proposito. Inoltre, provare a ri-soprannaturalizzare il nostro clima interiore attraverso la preghiera, la meditazione della Parola di Dio e l’assidua frequentazione dei Sacramenti, in particolare la Comunione e la Confessione, unitamente a una buona direzione spirituale ove sia possibile».
Da: "Il segreto di mio figlio. Perché Carlo Acutis è considerato un santo"