sabato 16 settembre 2023

Padre Amorth: il mio primo terribile esorcismo

 


Il primo a entrare nella stanza è padre Massimiliano. Dietro di lui, una figura esile. Un uomo di venticinque anni, magro. Si notano le sue umili origini. Si vede che tutti i giorni ha a che fare con un lavoro bellissimo ma anche molto duro. Le mani sono ossute e grinzose, mani che lavorano la terra. 

Prima ancora che inizi a parlargli, entra una terza persona, inaspettata. «Lei chi è?» chiedo. «Sono il traduttore» dice. «Il traduttore?» Guardo padre Massimiliano e chiedo spiegazioni. So che ammettere nella stanza dove si svolge un esorcismo una persona non preparata può essere fatale. Satana durante un esorcismo attacca i presenti se impreparati. Padre Massimiliano mi rassicura: «Non gliel’hanno detto? Quando va in trance parla solo inglese. Serve un traduttore. Altrimenti non sappiamo cosa vuole dirci. È una persona preparata. Sa come comportarsi. Non commetterà ingenuità». 

Indosso la stola, prendo in mano il breviario e il crocifisso. A portata di mano tengo l’acqua benedetta. Inizio a recitare l’esorcismo in latino.

«Kyrie, eléison....»

Il posseduto è una statua di sale. Non parla. Non reagisce. Rimane immobile seduto sulla sedia di legno dove l’ho fatto accomodare. Continuo con il rito.

«Peccatóres, te rogámus, audi nos...»

Ancora nessuna reazione. Il contadino sta in silenzio, lo sguardo fisso per terra. Così recito il Salmo 53, secondo quanto chiede il rito.


«Deus, in nómine tuo salvum me fac...»

È a questo punto che, di colpo, il contadino alza la testa e mi fissa. E nello stesso istante esplode in un urlo rabbioso e spaventoso. Diventa rosso e inizia urlare invettive in inglese. Rimane seduto. Non si avvicina a me. Sembra temermi. Ma insieme vuole spaventarmi. «Prete finiscila! Zitto, zitto zitto!» E giù bestemmie, parolacce, minacce. Accelero col rituale.


«Deus, cui próprium est miseréri semper...»

Il posseduto continua a urlare: «Zitto, zitto, stai zitto». E sputa per terra e addosso a me. È furioso. Sembra un leone pronto al grande balzo. È evidente che la sua preda sono io. 

Capisco che devo andare avanti. E arrivo fino al «Praecipio tibi» – «Comando a te». Ricordo bene quanto mi aveva detto padre Candido le volte che mi aveva istruito sui trucchi da usare: «Ricordati sempre che il “Praecipio tibi” è spesso la preghiera risolutiva. Ricordati che è la preghiera più temuta dai demoni. Credo davvero sia la più efficace. Quando il gioco si fa duro, quando il demonio è furioso e sembra forte e inattaccabile, arriva in fretta lì. Ne trarrai giovamento nella battaglia. Vedrai quanto è efficace quella preghiera. Recitala a voce alta, con autorità. Buttala addosso al posseduto. Ne vedrai gli effetti».

«Praecipio tibi, quicúmque es, spíritus immúnde...»

E ancora, altri passi del Vangelo.

«Léctio sancti Evangélii secúndum Marcum..

Gli occhi gli vanno all’indietro. La testa penzola dietro lo schienale della sedia. L’urlo continua altissimo e spaventoso. Padre Massimiliano cerca di tenerlo fermo mentre il traduttore arretra spaventato di qualche passo. Gli faccio segno di indietreggiare ulteriormente. Satana si sta scatenando. «Perché stai lì e resisti, mentre sai che Cristo Signore ha distrutto i tuoi disegni? Temi colui che è stato immolato nella figura di Isacco, è stato venduto nella persona di Giuseppe, è stato ucciso nella figura dell’agnello, è stato crocifisso come uomo e poi ha trionfato sull’inferno. Vattene nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.» E ancora la preghiera dell’esorcismo, il latino che provoca nel posseduto spasmi incontrollabili.


«Omnipotens Dómine, Verbum Dei Patris...»

E ancora.

«Ecce Crucem Dómini, fúgite, partes advérsæ....»

Il demonio sembra non cedere. Ma il suo grido ora si attenua. Adesso mi guarda. Un po’ di bava gli esce dalla bocca. Lo incalzo. So che devo costringerlo a svelarsi, a dirmi il suo nome. Se mi dice il suo nome è segno che è quasi sconfitto. Svelandosi, infatti, lo costringo a giocare a carte scoperte. 

«E ora dimmi, spirito immondo, chi sei? Dimmi il tuo nome? Dimmi, nel nome di Gesù Cristo, il tuo nome?» È la prima volta che faccio un grosso esorcismo e, dunque, è la prima volta che chiedo a un demonio di rivelarmi il suo nome. La sua risposta mi raggela il sangue. «I’m Lucifer» dice con voce bassa e cadenzando lentamente tutte le sillabe. «Io sono Lucifero


«Exorcizo te, immundíssime spíritus..»

Non devo cedere. Non devo arrendermi ora. Non devo mostrarmi spaventato. Devo continuare l’esorcismo con autorità. Sono io che conduco il gioco. Non lui.


«Adjuro te, serpens antíque...»

Il posseduto torna a ululare. La testa buttata di nuovo dietro lo schienale della sedia. La schiena curva. È passata più di un’ora. Padre Candido mi ha sempre detto: «Finché hai energie e forze vai avanti. Non si deve cedere. Un esorcismo può durare anche un giorno. Cedi solo quando capisci che il tuo fisico non regge». Ripenso a tutte le parole che mi ha detto padre Candido. Vorrei tanto fosse qui vicino a me. Ma non c’è. Devo fare da solo.


«Adjuro ergo te, omnis immundíssime spíritus, omne phantásma, omnis incúrsio sátanæ, in nómini Jesu Christi Nazaréni...»

Non pensavo, prima d'iniziare, che potesse succedere. Ma d'un colpo ho la netta sensazione della presenza demoniaca davanti a me. Sento questo demonio che mi fissa. Mi scruta. Mì gira intorno. L'aria è diventata fredda. C'è
un freddo terribile, Anche di questi sbalzi di temperatura mi aveva preavvertito padre Candido, Ma un conto è sentire parlare di certe cose, un conto è provarle, Cerco di concentrarmi. Chiudo gli occhi ea memoria continuo la mia supplica.


«Quicumque vult salvus esse, ante omnia opus est, ut teneat catholicam fidem...»

È a questo punto che accade un fatto inaspettato. Sarà la prima e unica volta che mi capiterà nel corso della mia lunga “carriera” di esorcista.
Il posseduto diventa un pezzo di legno. Le gambe stese in avanti. La testa allungata all’indietro.
E inizia a levitare.
Sì alza in orizzontale di mezzo metro sopra lo schienale della sedia. Resta lì, immobile, per parecchi minuti sospeso nell'aria. Padre Massimiliano arretra. Io resto al mio posto. Il crocifisso ben stretto nella mano destra. Il rituale nell'altra. Mi ricordo della stola. La prendo e lascio che un lembo tocchi il corpo del posseduto. Questi è ancora immobile. Rigido. Zitto. Provo ad affondare un altro colpo mettendo in fila una serie di salmi previsti dal rito.


«Qui habitat in adjutorio Altissimi, * in protectione Dei caeli commorabitur... »

Un tonfo accoglie il mio Amen. Il posseduto si affloscia sulla sedia. Farfuglia parole che fatico a comprendere. Poi dice in inglese: «Uscirò il 21 giugno alle ore 15. Uscirò il 21 giugno alle ore 15». Quindi mi guarda. Adesso i suoi occhi non sono altro che gli occhi di un povero contadino. Sono pieni di lacrime. Capisco che è tornato in sé. Lo abbraccio e gli dico: «Finirà presto»

«Oramus te, Deus omnipotens, ut spiritus iniquitàtis amplius non habeat potestàtem in hoc famulo tuo, sed ut fugiat, et non revertàtur...»

Decido di ripetere l’esorcismo tutte le settimane. Tutte le volte si ripete la stessa scena. La settimana del 21 giugno lo lascio libero. Non voglio interferire con il giorno in cui Lucifer ha detto che sarebbe uscito. So che non devo fidarmi. Ma a volte il diavolo non è in grado di mentire.


La settimana successiva a quella del 21 giugno lo riconvoco. Arriva come sempre accompagnato da padre Massimiliano e dal traduttore. Sembra sereno. Inizio a esorcizzarlo. Nessuna reazione. Resta calmo, lucido, tranquillo. Gli spruzzo un po’ d’acqua benedetta addosso. Nessuna reazione. Gli chiedo di recitare con me l’Ave Maria. La recita tutta senza dare in escandescenze. Gli chiedo di raccontarmi cosa è successo il giorno in cui Lucifer ha detto che se ne sarebbe andato via da lui.

Mi dice: «Come tutti i giorni sono andato a lavorare da solo nei campi. Nel primo pomeriggio ho deciso di fare un giro con il trattore da solo. Alle 15 mi è venuto da urlare fortissimo. Credo di aver fatto un urlo terrificante. Alla fine dell’urlo mi sentivo libero. Non so spiegarlo. Ero libero».

Non mi capiterà più un caso simile. Non sarò mai più così fortunato, liberare un posseduto in così poche sedute, in soli cinque mesi, un miracolo. Gli esorcismi successivi dureranno anni. Non so perché il mio primo esorcismo sia stato così agevole. Terrificante ma agevole. Non so perché sia stato l’unico caso in cui ho assistito alla levitazione. Non so davvero cosa Dio abbia voluto dirmi. Forse ha voluto farmi sperimentare tutta la malvagità di Satana ma anche darmi coraggio. Farmi vedere che ce la posso fare. Ne ho parlato a lungo con padre Candido. Che, invece, mi ha dato tutt’altra versione.