mercoledì 29 maggio 2024

Don Dolindo Ruotolo: siamo tempio di Dio più del creato con le sue meraviglie

L’anima, tempio di Dio

Non sapete che siete il tempio di Dio — esclama san Paolo — e che lo Spirito Santo abita in voi? Se infatti qualcuno violerà il tempio di Dio, Dio lo disperderà, poiché santo è il tempio di Dio che siete voi (1a Corinzi 1,16-17). 

 


Queste grandi parole dell’Apostolo dobbiamo scolpirle nell’anima nostra perche le ponderi in ogni attività della vita, e nel nostro cuore perché le viva in ogni manifestazione dei suoi affetti. Non sono parole poetiche o approssimative, sono parole reali e precise, poiché Dio ci sostenta completamente nella vita, ci custodisce e ci vivifica come mamma nel suo seno, si effonde in noi e in noi compie le opere più belle della sua potenza, della sua sapienza e del suo amore per le effusioni del suo Spirito.

Siamo tempio di Dio assai più di quello che non lo sia il creato con le sue stupende meraviglie, perché in noi il Signore non manifesta solo un raggio limitato della su potenza, ma in noi compie meraviglie di grazia immensamente superiori alle armonie dei cieli. 
Se un uomo potesse con un macchinario speciale turbare il corso degli astri, e produrre un disordine in quell’ordine matematico ineffabile, se violasse l’armonia delle leggi che li regolano nel lo. ro corso, commetterebbe un delitto spaventoso. Assai più spaventoso è il delitto che commette chi viola l’armonia della grazia nell’anima sua, rendendo vane in lui tutte le effusioni dell’eterno Amore.


Il peccato, e soprattutto il peccato impuro, è una violazione del tempio di Dio che siamo noi, poiché profana quelle membra che sono ordinate alla gloria di Dio, e devia l’anima dal suo ordine, assai più che se deviasse un astro dalla sua orbita. Potrebbe leggersi nel tempio di Dio una parola stolta o oscena? Potrebbe compiersi un’azione materiale o indegna? Potrebbe esso mutarsi in un ritrovo di immondi piaceri o in un deposito d’immondizie?

Noi siamo terrorizzati di quello che hanno fatto i comunisti in Russia e dove hanno esteso il loro tristo e bieco dominio: essi hanno mutato le chiese in stalle, in ritrovi d’impurità, in officine, in depositi, in sale da ballo; ma quando un cristiano pecca fa forse qualche cosa di diverso nell'anima sua? Non è essa una stalla dove si raccolgono le sue animalesche passioni? Non è un ritrovo d’impurità dove si raccolgono gli affetti più immondi delle creature? Non è come un’officina dove non si tratta che di materia e di interessi materiali? Non è un deposito d’ignominie e una sala di divertimento, dove si accumulano le immondizie di una vita insulsa, e dove l’anima si perde tra i bagordi di una vita fatua? 
C’è forse il tabernacolo eucaristico in questo tempio dove Gesù non è accolto mai? C’è forse il tribunale di penitenza quando l’anima non vi si accosta mai e marcisce nelle sue colpe? C'è l’organo e l’incenso se essa non canta a Dio e non prega?


L’anima peccatrice è un tempio violato: le sue mura sono cadenti, gli altari sono abbattuti, il terriccio ingombra ogni parte della navata, e nel terriccio immondezze, e rifiuti di ogni genere.

Vi si rifugiano gli animali, è ridotta una stalla; vi concorrono i ragazzacci, è ridotto una piazza, vi domina l’abominazione della desolazione, sintomo d’un imminente flagello di Dio.

Gli spettri della bomba atomica

Il più terribilmente desolante è questo che nessuno si cura di un tempio devastato, e nessuno pensa che esso da solo può attrarre i più gravi castighi divini. Noi viviamo tra le macerie spaventose di milioni di templi profanati, e non ci facciamo caso. Passiamo indifferentemente tra queste macerie sulle quali errano paurosamente come spettri tutte le opere della grazia distrutte dal peccato. Se osservassimo un’anima, tempio vivo di Dio, devastata dal peccato, noi vedremmo e osserveremmo in essa le opere dello Spirito Santo profanate e rese vane dal peccato, fuggire quasi tra quelle macerie morali; vedremmo una gran luce di fede spenta già dall’apostasia, un orizzonte mirabile di speranze svanire tra le fosche nubi della tempesta interiore, vedremmo fiamme di carità soprannaturale inabissate in laghi di fango; vedremmo iridi smaglianti di sapienza annebbiate da densi fumi di stoltezza e di orgoglio, lampi di sovrana intelligenza spenti tra paurosi abissi di follie, vedremmo disegni mirabili e ricami delicati di ordine, scompaginati da una furia devastatrice, forze potenti abbattute e inerti, vedremmo un cielo splendente di stelle improvvisamente costellato di volute di fumo nero e puteolente, la scienza divina sostituita con le fumogene indagini umane, senza guida e senza vita, erranti come poveri cocchi sbandati, tirati da cavalli furiosi, che vanno a precipizio e si fracassano contro gli ostacoli; vedremmo abbattuti gli altari dell’adorazione e del sacrificio.

Occorrerebbe una nuova vena poetica, un Omero novello, per gemere con parole vibranti sulle rovine di un’anima, tempio di Dio profanato, disperso dalla sua potenza e dalla sua giustizia.

Siamo gelosi della custodia del nostro tempio interiore e dei doni, delle grazie e dei ricami che in esso vi compie lo Spirito Santo, e pensiamo che Dio lo ha reso santo con l’unzione del suo Spirito! Custodiamolo puro, chiudiamo le sue porte al mondo, e non permettiamo a nessuno di violarlo, poiché è santo, è tutto consacrato a Dio, e non può essere riservato che a Lui. Vestiamo questo corpo col rispetto col quale si pongono le tovaglie sull’altare e il conopeo al santo tabernacolo eucaristico; presentiamo a Dio quest'anima come un’ostia che dev'essere consacrata, custodiamola dal mondo come si custodisce una pisside piena di Gesù Sacramentato, come si custodiscono i santi oli sacramentali, e doniamoci a Dio nella pace e nell’ordine della vita santa, lodando e benedicendo il suo Nome.

Nel lavarci e segnarci di croce preghiamolo che ci faccia benedire il suo Nome, e la nostra giornata terrena sia come una salmodia di lodi, un canto di amore, un sacrificio perenne offerto all’Eterno. 
Tutto ciò che troviamo nella vita sia per noi perché noi siamo di Gesù Cristo, e per Lui siamo di Dio. Serviamoci di tutto soprannaturalmente, facendo servire tutto per la gloria di Dio, e non ci gloriamo degli uomini e delle cose terrene che sono vanità, ma gloriamoci di Dio che è il nostro tutto e il nostro fine.

Don Dolindo Ruotolo.
Commento alla Prima Lettera ai Corinzi