L’anima, tempio di Dio
Non sapete che siete il tempio di Dio — esclama san Paolo — e che lo Spirito Santo abita in voi? Se infatti qualcuno violerà il tempio di Dio, Dio lo disperderà, poiché santo è il tempio di Dio che siete voi (1a Corinzi 1,16-17).
Queste grandi parole dell’Apostolo dobbiamo scolpirle nell’anima nostra perche le ponderi in ogni attività della vita, e nel nostro cuore perché le viva in ogni manifestazione dei suoi affetti. Non sono parole poetiche o approssimative, sono parole reali e precise, poiché Dio ci sostenta completamente nella vita, ci custodisce e ci vivifica come mamma nel suo seno, si effonde in noi e in noi compie le opere più belle della sua potenza, della sua sapienza e del suo amore per le effusioni del suo Spirito.
Il peccato, e soprattutto il peccato impuro, è una violazione del tempio di Dio che siamo noi, poiché profana quelle membra che sono ordinate alla gloria di Dio, e devia l’anima dal suo ordine, assai più che se deviasse un astro dalla sua orbita. Potrebbe leggersi nel tempio di Dio una parola stolta o oscena? Potrebbe compiersi un’azione materiale o indegna? Potrebbe esso mutarsi in un ritrovo di immondi piaceri o in un deposito d’immondizie?
L’anima peccatrice è un tempio violato: le sue mura sono cadenti, gli altari sono abbattuti, il terriccio ingombra ogni parte della navata, e nel terriccio immondezze, e rifiuti di ogni genere.
Vi si rifugiano gli animali, è ridotta una stalla; vi concorrono i ragazzacci, è ridotto una piazza, vi domina l’abominazione della desolazione, sintomo d’un imminente flagello di Dio.
Gli spettri della bomba atomica
Il più terribilmente desolante è questo che nessuno si cura di un tempio devastato, e nessuno pensa che esso da solo può attrarre i più gravi castighi divini. Noi viviamo tra le macerie spaventose di milioni di templi profanati, e non ci facciamo caso. Passiamo indifferentemente tra queste macerie sulle quali errano paurosamente come spettri tutte le opere della grazia distrutte dal peccato. Se osservassimo un’anima, tempio vivo di Dio, devastata dal peccato, noi vedremmo e osserveremmo in essa le opere dello Spirito Santo profanate e rese vane dal peccato, fuggire quasi tra quelle macerie morali; vedremmo una gran luce di fede spenta già dall’apostasia, un orizzonte mirabile di speranze svanire tra le fosche nubi della tempesta interiore, vedremmo fiamme di carità soprannaturale inabissate in laghi di fango; vedremmo iridi smaglianti di sapienza annebbiate da densi fumi di stoltezza e di orgoglio, lampi di sovrana intelligenza spenti tra paurosi abissi di follie, vedremmo disegni mirabili e ricami delicati di ordine, scompaginati da una furia devastatrice, forze potenti abbattute e inerti, vedremmo un cielo splendente di stelle improvvisamente costellato di volute di fumo nero e puteolente, la scienza divina sostituita con le fumogene indagini umane, senza guida e senza vita, erranti come poveri cocchi sbandati, tirati da cavalli furiosi, che vanno a precipizio e si fracassano contro gli ostacoli; vedremmo abbattuti gli altari dell’adorazione e del sacrificio.
Occorrerebbe una nuova vena poetica, un Omero novello, per gemere con parole vibranti sulle rovine di un’anima, tempio di Dio profanato, disperso dalla sua potenza e dalla sua giustizia.
Siamo gelosi della custodia del nostro tempio interiore e dei doni, delle grazie e dei ricami che in esso vi compie lo Spirito Santo, e pensiamo che Dio lo ha reso santo con l’unzione del suo Spirito! Custodiamolo puro, chiudiamo le sue porte al mondo, e non permettiamo a nessuno di violarlo, poiché è santo, è tutto consacrato a Dio, e non può essere riservato che a Lui. Vestiamo questo corpo col rispetto col quale si pongono le tovaglie sull’altare e il conopeo al santo tabernacolo eucaristico; presentiamo a Dio quest'anima come un’ostia che dev'essere consacrata, custodiamola dal mondo come si custodisce una pisside piena di Gesù Sacramentato, come si custodiscono i santi oli sacramentali, e doniamoci a Dio nella pace e nell’ordine della vita santa, lodando e benedicendo il suo Nome.
Don Dolindo Ruotolo.
Commento alla Prima Lettera ai Corinzi