domenica 7 luglio 2024

Le profezie sulla Chiesa di don Dolindo

La Chiesa vincerà ogni errore

Il Dio della pace stritolerà ben presto satana sotto i vostri piedi, dice san Paolo ai Romani esaltando la loro fede. Nel Testo della Volgata è detto conterat satanam sub pedibus vestris velociter, STRITOLI SATANA, ma nel testo greco l’espressione è al futuro, stritolerà, come l’abbiamo tradotta noi, ed esprime non un augurio ma una profezia certissima. 

Questa profezia si è già in parte avverata nella storia della Chiesa, come accennammo, e costituisce la nostra grande speranza nei momenti di tristissima apostasia nei quali si trovano le nazioni e il mondo tutto. Ci siamo un po’ familiarizzati con l’errore a furia di sentircene assordare gli orecchi, e non ci accorgiamo che satana, subdolamente o apertamente, mira ancora una volta a sostituirsi a Dio e a Gesù Cristo.

Il dragone rosso, predetto già nell’ Apocalisse (12,3), stende i suoi artigli su tutta la terra, seduce i popoli e le nazioni, e in una gran massa di gente appare come tramontata per sempre la fede in Dio e il cristianesimo.

Il comunismo scellerato ed ateo, tiranno fino a sottoporre gli uomini alle più esose schiavitù, come ha fatto in Russia, nel Messico e dovunque ha imposto il suo dominio, è completamente agli antipodi del cristianesimo, che per esso non solo non ha più ragione di essere, ma che dev’essere sterminato dalla faccia del mondo. 

Il "nuovo Giovanni" profetizzato da Don Dolindo

Un grande combattimento si delinea già, anzi è in atto, ed esploderà in una persecuzione spaventosa contro la Chiesa, e la nostra fede sarà posta a durissima prova perché la bestia che sorge dal mare e quella che sorge dalla terra vinceranno i santi e vi sarà una grande desolazione nella Chiesa costretta a rifugiarsi nella solitudine, nascondendosi quasi e sparendo dal mondo.

Ma la Chiesa è indefettibile, e le porte dell’Inferno non possono prevalere contro di essa; da Roma verrà la luce, e Dio ridonerà la pace al mondo, stritolando satana sotto i piedi della Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana.

È questa la nostra grande speranza, anzi la nostra certezza; solo allora la grazia del Signor nostro Gesù Cristo sarà in pieno nella Chiesa Romana, e per essa nel mondo non si può negare che c’è stato ed è in atto un connubio adulterino tra il popolo di Dio e i seguaci del dragone e della bestia apocalittica, e da questo connubio è sorta come un’infezione luetica che ha inflacchito l’organismo de Corpo mistico del Redentore. 

Il modernismo biblico, teologico e storico ci ha infettati, la parola di Dio non ci penetra più, la fede vacilla e si spegne in tanti cuori, la pietàn è come morta, l’amore a Dio langue anche elle anime consacrate a Dio. Dissimulare questo stato deplorevole nelle anime è una stoltezza, e non metterci rimedio lasciandosi trasportare dalla trista e limacciosa corrente è un tradimento. 

Ma noi non siamo senza speranza, attendiamo e dobbiamo attendere fiduciosi l’intervento di Dio, e siamo certi che Egli darà pace al mondo stritolando satana sotto i piedi della Chiesa. 

(Don Dolindo  Ruotolo)

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Queste affermazioni di Don Dolindo hanno effettivamente il loro fondamento indiscusso nel Vangelo. Le parole di Gesù a Pietro: «Tu sei Pietro (cioè pietra, roccia) e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze dell’Inferno non prevarranno contro di essa», stanno a indicare la divina assistenza alla Chiesa che ha la sua sede in Roma, con i successori di san Pietro. 

Però, dal tono del commento, ci si può chiedere se per caso Don Dolindo non ebbe qualche sensazione profetica, specialmente per una caduta del comunismo ateo e un ritorno alla libertà religiosa di tutti i popoli.

Questa ipotesi potrebbe essere avvalorata da un fatto che sembra marginale, ma che fa pensare a qualcosa di più di un’intuizione assolutamente imprevedibile, anzi da escludersi, quando l’episodio avvenne. Si tratta di questo.

Don Dolindo era solito donare qualche immaginetta alle persone che erano in relazione con lui. In esse scriveva talvolta: Gesù dice... oppure: la Madonna dice... non come rivelazione avuta, ma come semplice interpretazione del pensiero del Signore e della Vergine Santissima.

Le signorine dell’ Apostolato Stampa — pia associazione fondata e guidata spiritualmente da Don Dolindo — spesse volte trascrivevano in vari quaderni le belle frasi spirituali poste sul retro delle immaginette. Da quelle, anzi, ricavarono poi utili raccolte per le suore, per le madri di famiglia ecc. pubblicate in opuscoletti molto diffusi.

Ora avvenne che un diplomatico polacco, sig. Vitold Laskowski, amico di un avvocato napoletano, aveva da questi sentito parlare di Padre Pio e di Don Dolindo. L’avvocato lo sollecitava per un incontro con Don Dolindo, ma ora per un motivo, or per un altro, il viaggio a Napoli veniva sempre rimandato. 

Un giorno, però, si vide recapitare un’immaginetta di Don Dolindo, mai visto e mai conosciuto di persona, in cui si parlava della salvezza del mondo, che sarebbe venuta dalla Polonia. L’immaginetta fu trascritta anche dalle sorelle dell’ Apostolato Stampa, il 2 luglio 1965; si osservi bene: 2 luglio 1965, tredici anni prima che venisse eletto papa Giovanni Paolo II

Il sig. Laskowski fu molto meravigliato nel ricevere l’immaginetta, non avendo mai avuto corrispondenza o relazione con Don Dolindo. L’immaginetta, dopo qualche tempo, la donò al vescovo profugo cecoslovacco mons. Paolo Hnilica. Ma tutto fu dimenticato, come cosa di nessuna importanza. 

Dopo l’elezione a sommo pontefice di Giovanni Paolo II — si era nel novembre 1978 — una delle sorelle dell’ Apostolato Stampa, aprendo a caso uno dei quaderni dove talvolta venivano riportate le parole scritte da Don Dolindo sulle immaginette, ebbe davanti il testo mandato a Vitold Laskowski, lo lesse e lo comunicò alle sorelle: era una profezia fatta da Don Dolindo nel 1965? Sembrava di sì. Sorprendente! 

Però, se non si aveva l’originale, non poteva essere te. stimoniata. Ma chi era questo sig. Laskowski? Dove si trovava? Si pensò che fosse un monaco camaldolese perché nel 1963 Padre Dolindo aveva conosciuto un camaldolese. Le sorelle dell’ Apostolato Stampa telefonarono a vari monasteri camaldolesi; ma non esisteva un monaco con tale nome. Finalmente dall’ Abbazia di Firenze un monaco diede indicazioni che fecero rintracciare il sig. Vitold, il quale rispose e narrò quanto sopra accennato.

Ma l’immaginetta? L’aveva donata a padre Paolo, come chiamavano il vescovo Hnilica. Fu pregato, il conte Laskowski, di fare del tutto per rintracciarla. Furono scrutate tutte le carte nello studio di mons. Hnilica, ma non fu trovato nulla. Finalmente, in una vecchia cassa, in fondo a un cumulo di carte, corrispondenza ecc., si trovò quello che si cercava. Si volle la dichiarazione autenticata dal Vicariato di Roma sulla copia fotostatica. 

Ma che cosa dice lo scritto di Don Dolindo del 1965 ad un polacco che il sacerdote napoletano non aveva mai conosciuto? Ecco il testo: 

«Vitold Laskowski. 2 luglio 1965. Maria all’anima: Il mondo va verso la rovina, ma la Polonia, come ai tempi di Sobieski, per la devozione che ha al mio cuore, sarà oggi come i 20.000 che salvarono l’Europa e il mondo dalla tirannia turca. Ora la Polonia libererà il mondo dalla più tremenda tirannia comunista. Sorge un nuovo Giovanni, che con marcia eroica spezzerà le catene, oltre i confini imposti dalla tirannide comunista. Ricordalo. Benedico la Polonia. Ti benedico. Beneditemi. Il povero sac. Dolindo Ruotolo via Salvator Rosa 58, Napoli».

Basta riferire il fatto, far conoscere il testo e lasciare a ciascuno di giudicare se vi sia stato o no in Don Dolindo il carisma della profezia. Oggi i fatti parlano. Un papa polacco, Giovanni Paolo Il, è andato avanti Con «marcia eroica»!

Anniversario di Sacerdozio di Don Dolindo Ruotolo

Una bella preghiera del 24 giugno 1955
Ricordo del cinquantesimo anniversario di Sacerdozio di Padre Dolindo Ruotolo

ELIE G. DIBELIE G. DIB
24 GIUGNO 2024

La mia cara amica Gabriella ha fatto di recente una scoperta incredibile: un'immagine sacra originale datata 24 giugno 1955, stampata per celebrare il 50° anniversario dell'ordinazione sacerdotale di Don Dolindo. Gabriella ha condiviso con me le foto sia del fronte che del retro di questo ricordo speciale.


 

Mentre esaminavo l'immagine sacra, sono stato immediatamente colpito dalla preghiera sentita scritta sul retro. Le parole di Don Dolindo trasmettono un profondo senso di gratitudine e devozione che lo aveva sostenuto nel corso del suo lungo ministero sacerdotale. Nella sua preghiera, esprime profondo apprezzamento per le "misericordie divine" che lo avevano sostenuto anche nella sua "povera e travagliata vita".

Don Dolindo riconosce umilmente in Gesù la fonte della sua "dignità" sacerdotale, ringraziando il Signore per aver reso fecondo il suo "doloroso cammino" nel portare "tante grazie per la gloria di Dio e il bene delle anime". Si rivolge anche alla Beata Vergine Maria, sua "Madre", chiedendole di aiutarlo a rimanere "fedele a Gesù e alla Chiesa fino alla morte" e di "condurmi un giorno in Paradiso".

Il fronte dell'immagine sacra presenta il suggestivo testo latino "VENI CREATOR SPIRITUS" - "Vieni, Spirito Santo" - un'invocazione appropriata data la devozione e il servizio di Don Dolindo come sacerdote per tutta la vita. Questo ricordo speciale offre uno sguardo al cuore e alla spiritualità di questo fedele servitore di Dio mentre celebrava 50 anni di ordinazione sacerdotale.

Nel 2024 ricorre il 119° anniversario dell'ordinazione sacerdotale di don Dolindo, 69 anni dopo il 50° anniversario celebrato sull'immaginetta del 1955:



Cinquant'anni di Sacerdozio, cinquant'anni di misericordie divine nella mia povera e tribolata vita!
 
Grazie, Gesù, per tanta dignità, grazie per il mio cammino doloroso, che Tu hai reso fecondo di tante grazie per la gloria di Dio e il bene delle anime.
  
Voi tutte che oggi mi circondate, ringraziate per me Gesù. 
 
O Maria, Mamma mia, sono un povero nulla, fammi fedele a Gesù e alla Chiesa fino alla morte, coprimi col tuo manto. Portami un giorno in Paradiso.
 
1905 24 GIUGNO 1955 
 
RICORDO
 
del cinquantenario del Sacerdozio del 
 
Sac. Dolindo Ruotolo

mercoledì 3 luglio 2024

Nulla ci turbi e nulla ci sgomenti: Dio realizza le nostre speranze in una maniera immensamente più grande (don Dolindo Ruotolo)

Don Dolindo Ruotolo
Fede e speranza: l’augurio di san Paolo ai Romani 15:13 

Se tutti i popoli insieme col popolo Ebreo devono formare un sol coro di lodi a Dio e riporre in Lui ogni loro speranza, san Paolo augura ai Romani, formati appunto da Giudei e pagani, che il Dio della speranza li ricolmi di ogni gaudio e di pace nel credere, affinché abbondino nella speranza per virtù dello Spirito Santo. (Romani 15,13) 

Lucas Cranach il Vecchio: Gesù  benedice i bambini

La fede non è un atto sterile dell’intelletto, non è un semplice assenso alla verità, ma diventa speranza: confìdenza, abbandono in Dio e sospiro alla vita e ai beni eterni, poiché fede è sostanza delle cose sperate. La speranza, resa certissima per la fede, è quella che dà all’anima il gaudio dell’attesa di ogni bene e la pace della confidenza e dell’abbandono in Dio per la grazia dello Spirito Santo.

È il più grande augurio che possa farsi ad un’anima, e che san Paolo poteva fare ai Romani. La vita è piena di angustie, d’incertezze, di lotte, di tribolazioni, e non può essere sorretta che dalla speranza soprannaturale. Chi crede, ma è pessimista nella vita, vede tutto nero e giudica tutto male, non ha né gaudio interiore né pace, ma passa la sua esistenza terrena tra lamenti, angustie, pene e molte volte tra disperazioni che la rendono infelicissima. Di nulla si appaga e di nulla si contenta, perché non vede che il momento presente, che è momento di prova e di tribolazione.

Nelle più piccole e comuni cose della vita è solo la speranza che sostiene e che dà un senso di tranquillità e di pace in ciò che si ha e che appare sempre incompleto e insoddisfacente.

Se un fanciullo, per esempio, sta a tavola e non gli va la minestra, spera nella pietanza e si appaga momentaneamente della minestra. Se non ha quella speranza si sconvolge e si dispera. I pianti disperati dei bambini quando sono scontenti di ciò che hanno, dipendono proprio dalla mancanza di questa infantile speranza. E difatti, per acquietarli, basta loro prospettare, sia pure illudendoli, la speranza di un giocattolo, di una leccornia. Nell’attesa cessano di piangere e di agitarsi perché sperano.

Noi, che siamo sempre infanti nella vita presente, dobbiamo sperare non illudendoci, ma nello Spirito Santo, con vera speranza soprannaturale fondata sulla fede. Anche se ci pare di essere dei falliti o degli illusi dobbiamo sperare, perché il Signore è potente a riparare i nostri fallimenti ed a realizzare nella sua volontà le nostre stesse illusioni di un bene futuro, che sono, in fondo, aspirazioni fondate sulla sua potenza. Tutto può fallire fuorché l’onnipotenza di Dio, e l’anima che magari sogna, se si appoggia nei suoi sogni di bene e d’amore all’onnipotenza di Dio, li vede realizzati in una maniera più grande, perché Dio è Padre amoroso e fedele. 

Le inclinazioni del bimbo possono vedersi pure nella preferenza che egli ha per certi giocattoli e per certi modi di divertirsi; il babbo non contenta sempre immediatamente suo figlio nelle sue aspirazioni infantili, ma spesso parte proprio da esse per realizzare in lui un disegno più ampio. Invece di dargli una pianeta di carta, per esempio, o un calicetto di piombo, lo avvia all’età più matura agli studi del seminario perché abbia un giorno una pianeta di broccato e un calice d’oro. Invece di appagarlo nella speranza di avere giocattoli meccanici, ai quali lo vede inclinatissimo, lo avvia, magari anche penosamente, alle scuole tecniche e meccaniche; invece di piccole armi che scoppiettano, lo indirizza alla scuola militare.

Noi siamo meno che bimbi nelle nostre aspirazioni e nei nostri sogni, ma se confidiamo in Dio, e se speriamo contro ogni speranza, Egli vede nell’illusione stessa la nostra inclinazione, e da Padre amorosissimo qual è, ci contenta, realizzandola nella sua volontà in una maniera immensamente più grande.

Adamo ed Eva caddero nel peccato per la speranza di essere simili a Dio. Fu una rovina, un'immensa rovina; ma, quando alla voce di Dio provarono sgomento, e al suo rimprovero si pentirono, il Signore raccolse quella stessa speranza, sorta come fiore silvestre tra macerie della giustizia originale, e alla donna promise il frutto vero della vita, e all’uomo l’Uomo-Dio, che doveva realmente renderlo simile a Dio. Passarono quattromila anni di attesa angosciosa; ma quella speranza, quella stessa speranza si realizzò, e il figlio lontano di Adamo fu l’Uomo-Dio, e la donna Immacolata, figlia di Eva, colse dalle regali sedi, per lo Spirito  Santo, il frutto della vita.

lo spero, Signore, contro ogni speranza!

In un arruffato groviglio d’illusioni, io sospiro sinceramente al regno di Dio, al regno dell’infinito Amore. Vi sospiro e spero in Dio contro ogni speranza, perché le illusioni non possono darmi che il fallimento delle mie speranze. Fallisco ma mi ostino nelle mie speranze perché spero in Dio, spero sinceramente in Lui solo.

Tutto fallisce, magari, tutto quello che è mia idea, mio sogno, mia claudicante profezia da strapazzo, ma non fallisce la speranza perché fondata sinceramente in Dio, nella sua onnipotenza e nel suo amore.

Egli la raccoglie.

È un seme avariato e selvatico, ma la sua onnipotenza può farlo germinare e può innestare al virgulto selvatico la viva e robusta pianta d’un suo disegno d’amore. La mia pianta è tutta potata dalla tribolazione, ma il suo vivo germoglio cresce e prospera, e nel tempo stabilito da Dio produce il suo frutto. Per questo Dio loda gli uomini di desideri, per questo fu lodato Daniele, che meritò così di vedere determinatamente il compimento lontano dei suoi desideri, che erano la sua speranza. Solo l’illusione peccaminosa non è raccolta e non può essere raccolta da Dio, perché non è speranza riposta in Lui, ed è un viscido seme che produce triboli e spine.

Adamo sospirò ad un benessere orgogliosamente e stupidamente personale di grandezza terrena, poiché non guardò che alla propria vita sulla terra, e dalla terra raccolse triboli e spine, ma si pentì e sperò la salvezza dalla misericordia divina, e la misericordia mutò l’aspirazione stupida in soprannaturale speranza, e la compì meravigliosamente nell’Incarnazione del Verbo. Il peccato fruttò la rovina, la speranza attrasse la misericordia.

Con profondissima ragione, quindi, l’Apostolo, dopo aver parlato ai Romani della fede in Gesù Cristo, conclude augurando loro l'abbondanza della speranza, che doveva realizzare e compiere in loro le divine misericordie. Quest’abbondanza di speranza dobbiamo averla anche noi, sospirando al regno di Dio in noi e nel mondo, e dobbiamo averla in tutte le vicende della nostra vita, soprannaturalmente, per virtù dello Spirito Santo.

Nulla ci turbi e nulla ci sgomenti, ma in tutte le necessità della vita spirituale e materiale confidiamo in Dio, pienamente, sovrabbondantemente.

Togliamo da noi quell’oscuro ed opprimente pessimismo che ci fa vedere tutto fallito intorno a noi nell’anima e nel corpo; confidiamo e preghiamo. Anche se avessimo seminato, con le nostre illusioni, un germoglio di bene, Dio è potente ad innestarlo ad un suo disegno d’amore ed a svilupparlo inopinatamente nella sua grande misericordia. Nulla fallisce in ciò che abbiamo sperato da Lui, e che non è aspirazione di orgoglio o di sensi. Egli è il paterno amore che muta i giocattoli in edifici solidissimi, e che nella terra piantata a spine semina i suoi germogli di vita.

L’aspirazione fiduciosa ad un’azione viva dello Spirito Santo muta, magari, l'illusione di una falsa visione in un intervento magnifico dello Spirito Santo; la speranza di un'universale rinnovazione fondata su disegni fantastici provoca dalla bontà di Dio una rinnovazione reale delle anime per il suo intervento.

Si passa tra le croci e le tribolazioni, perché Dio deve demolire le nostre fantasie; ma se non si abbandona la mano della Chiesa che guida, orienta e purifica le aspirazioni delle anime, anche il gioco di un’infanzia esuberante diventa realtà mille volte più in grande nelle mani di Dio.

Il Dio della speranza, perciò, ci ricolmi di ogni gaudio e di pace nel credere, affinché, avendo in Lui una viva fede, abbondiamo nella speranza per virtù dello Spirito Santo.

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Lettera ai Romani 15,4-13

4Ora, tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché in virtù della perseveranza e della consolazione che ci vengono dalle Scritture teniamo viva la nostra speranza.5E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Gesù,6perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo.
7Accoglietevi perciò gli uni gli altri come Cristo accolse voi, per la gloria di Dio.8Dico infatti che Cristo si è fatto servitore dei circoncisi in favore della veracità di Dio, per compiere le promesse dei padri;9le nazioni pagane invece glorificano Dio per la sua misericordia, come sta scritto:

'Per questo ti celebrerò tra le nazioni pagane,
e canterò inni al tuo nome'.
10E ancora:

'Rallegratevi, o nazioni, insieme al suo popolo.'
11E di nuovo:

'Lodate, nazioni tutte, il Signore;
i popoli tutti lo esaltino'.
12E a sua volta Isaia dice:

'Spunterà il rampollo di Iesse,
colui che sorgerà a giudicare le nazioni:
in lui le nazioni spereranno'.

13Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace nella fede, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo.