lunedì 13 novembre 2023

Si può pregare l’angelo custode di un’altra persona, anche a distanza affinché la ispiri? (dal sito Amici Domenicani)

Risponde Padre Angelo Bellon

[...]

2. San Tommaso dice che ogni uomo ha il suo Angelo custode e ne porta la motivazione: “Finché vive in questo mondo, l’uomo si trova come su una strada che deve condurlo alla patria. Lungo la strada, molti pericoli incombono su di lui, sia dall’interno che dall’esterno, come dice il Salmista: “Sulla strada per cui cammino, hanno nascosto dei lacci a mio danno”. Quindi, come si dà una scorta alle persone che devono transitare per strade malsicure, così si dà un angelo custode all’uomo, finché dura il suo stato di viatore. Quando invece sarà giunto al termine della strada, allora l’uomo non avrà più un angelo custode; ma avrà in cielo un angelo conregnante, o nell’inferno un demonio tormentatore” (Somma teologica, 113, 4).

3. Dice anche che l’Angelo gli viene affidato fin dalla sua nascita (Ib., 5). Finché è nel grembo materno “l’angelo che custodisce la madre, custodisce pure il bambino chiuso nel suo seno. Alla nascita invece, quando esso si separa dalla madre, gli viene assegnato un angelo custode particolare, come insegna S. Girolamo” (Ib., ad 3).

[...]

5. San Bernardo dice che nei confronti dell’Angelo custode dobbiamo avere tre atteggiamenti.
Il primo è di riverenza per la sua presenza (Reverentia pro presentia). Questo pensiero deve indurci a non fare davanti a lui quello che non oseremmo fare davanti ad un grande personaggio di questo mondo.
Il secondo è la devozione o affetto per la benevolenza (Devotio pro benevolentia) con cui incessantemente ci aiuta.
Il terzo è la fiducia per la custodia (Fiducia pro custodia) che esercita su di noi. È necessario quindi invocarlo, ascoltare le sue ispirazioni e ringraziarlo per i benefici con cui ci assiste.

6. È ottima cosa anche pregare per l’Angelo custode degli altri.



San Francesco di Sales che ha convertito l’intera regione del Chiablese alla fede cattolica (precedentemente erano diventati tutti calvinisti) per il buon frutto della sua predicazione si raccomandava all’Angelo custode di quella regione. Quando doveva predicare, prima diceva forte un’Ave Maria, e poi sottovoce un Angelo d Dio sia per il Chiablese sia per i singoli individui perché l’ascoltassero e ne traessero frutto.

[...]

7. [...] A chi temeva di disturbarlo, Padre Pio diceva: “Puoi mandare il tuo angelo custode in qualsiasi momento del giorno o della notte perché sono sempre felice di accoglierlo”.

Vedi la versione completa nel sito Amici Domenicani

In audiolettura, su youtube:



mercoledì 8 novembre 2023

Avevo due rosari

I due rosari
  
Avevo due rosari
d’argento, con la piccola medaglia
della Beata Vergine di Lourdes.
Uno a te lo donai perchè ti fosse
compagno nelle notti in cui più il male
t’era martirio, e con lo scorrer dolce
dei chicchi fra le dita, nel pensiero
di Dio placasse in te spirito e carne,
fratello.

All’un de’ polsi tu volesti
quel rosario scendendo al tuo riposo
primo ed estremo: ché altra sosta il mondo,
fuor della tomba, aver non ti concesse.
Ed io sull’altro a me rimasto  sgrano
a sera le solinghe Avemarie
te ripensando e le procelle e il santo
vero amor di tua vita, amor di patria
scritto col sangue; e il tuo lungo patire
e il tuo morir, su di te chiamando
la luce eterna.

Quando anch’io sarò
dentro la terra con le mani giunte
sul petto, all’un de’ polsi avrò un rosario:
questo. E gran pace, finalmente, in cuore,
fratello.


Ada Negri

 


 

 

 

giovedì 2 novembre 2023

Dal diario di Cleonice Morcaldi, figlia spirituale di Padre Pio

 

Dal diario spirituale di Cleonice Morcaldi
 

Nonostante l’estrema povertà in cui cadde la mia famiglia dopo la morte del mio povero babbo, continuai gli studi a Foggia. Abitavo in una stanzuccia, presso una famiglia povera. Cucinavo da me, quasi sempre riso. La mattina senza colazione. Non assaggiai mai un po’ di latte o una tazzina di caffè. A scuola portavo un pezzo di pane solo. La sera quasi sempre un cardo, quella verdura che ha le foglie spinose. Neppure un pezzo di formaggio arrivavo a comprare con i pochi soldi che avevo. Oggi ancora mi domando: come potevo vivere e studiare con un nutrimento da eremiti?
In quella casa, in più, mancava la luce. Studiavo con le candele che mi mandava lo zio prete. Questo stato di povertà mi accompagnò fino a quando, finiti gli studi, ebbi un posto nelle scuole elementari. A gloria di Dio devo dire che, durante i sei anni che stetti a Foggia, non ebbi né una febbre, né un dolor di testa, né mossi un lamento con qualcuno, né la tristezza o l’abbattimento oppressero mai il mio cuore.
Ero piuttosto allegra e piena di buona volontà, per l’ardente desiderio di aiutare la mia povera famiglia.
Durante la ricreazione, mentre le mie compagne si preparavano a consumare i loro freschi panini imbottiti di salame, io mi appartavo per rosicchiare il pezzo di pane duro e nudo. Non ricordo di avere avuto il desiderio di quelle belle colazioni. Ricordo invece che sentivo vergogna della mia povertà e cercavo di nasconderla.
So che non era virtù ma amor proprio. Non ancora frequentavo la scuola del Padre.
Soffrivo molto la lontananza della mamma. Non andavo in famiglia né a Natale né a Pasqua. La rivedevo solo alla fine dell’anno scolastico.
Fui promossa sempre senza esami, con grande gioia della mamma. Un anno mi assegnarono la borsa di studio. Durante le vacanze il mio divertimento era di cominciare a studiare il programma dell’anno seguente. Di che cosa non è capace la volontà quando «fortissimamente vuole»! E questo sia detto nel bene, come nel male.
A chi io devo tutta l’assistenza e gli aiuti? Non forse a Dio per le continue preghiere del Padre al quale la mamma mi raccomandava? Povera mamma, non aveva altro rifugio su questa terra. Si confessava dal Padre che la confortava tanto e le parlava di Dio Provvidenza.
Mi raccontava spesso che un giorno non ne poteva più, era oppressa da tante tribolazioni e infermità. Andò a piedi al convento per avere una parola di conforto. Ma prima di lei c’era tanta gente in corridoio. Stava per perdere ogni speranza di riuscita e tornarsene a casa, quando vide il Padre sulla soglia della clausura. La gente gli corse vicino.
Il Padre, stendendo il braccio verso mia madre, disse: «Eh! tu... vieni qua!». Tutti si voltarono indietro per vedere questa fortunata e fecero spazio. Dopo che il Padre ebbe benedetto tutti, mia madre lo seguì. Il Padre si sedette in sacrestia e disse: «Beh, che vuoi?». La trattenne a lungo. Se ne tornò a casa piena di conforto e di letizia. 

La prima lettera inviata al Padre 

Nell’ultimo anno di studi, l’anno in cui dovevo diplomarmi, fui presa da grande angustia e abbattimento. Un po’ per la preoccupazione di ottenere buoni voti onde aver diritto al posto; un po’ perché la coda è sempre la più difficile da scorticarsi; e poi, per la nuova legge del passaggio col sette. La materia che mi dava da pensare era la pedagogia scritta. Infatti, al primo tema che svolsi a casa con l’aiuto di una brava insegnante, meritai appena il sei. Cosa potevo sperare svolgendolo in classe, da sola?
Senza perdere tempo chiesi aiuto al Padre, per iscritto. Fu questa la prima lettera che gli mandai. Quale non fu la mia sorpresa e la mia gioia nel ricevere un bigliettino del Padre, scritto da lui; in fondo c’era una piccola macchia di sangue. Le parole erano queste:
«Anima del caro Dio. Non temere: studia con amore e avrai a suo tempo la dovuta ricompensa. Con i professori ce la vedremo io e Dio.
Ti benedico con effusione pari al bisogno e al desiderio di vederti santa
». P, Pio Capp.no.
Non finivo di esclamare durante il giorno: «Un santo che scrive a me! E che voglio più? 
Se la vedrà lui con i professori, altro che raccomandazioni umane
». Ripresi coraggio e 
dissi a me stessa: «Tu fai tutto quello che puoi, e sii pur certa che il resto lo farà il caro 
Padre assieme a Gesù. C’è al mondo un aiuto più sicuro e potente?
».
Ci vuole un grosso volume per narrare tutto quello che ha fatto il Padre per aiutarmi 
in modo miracoloso (e non esagero) presso tutti i professori. Miracoli? Sì, e di quelli grossi. Accenno solo alla pedagogia che era il mio terrore, la mia preoccupazione, la cosa 
più difficile.

Dopo parecchi mesi, sia la professoressa che il direttore, in pubblico e in privato, mi fecero le congratulazioni per i grandi progressi fatti in poco tempo in italiano e pedagogia scritta. Mi dettero un bell’otto in media. La professoressa mi disse pure che meritavo di più, ma che non era consentito darlo in tale materia.
Questi progressi lei li attribuiva alla lettura continua di buoni libri di pedagogia. Io li 
attribuivo al fiume di idee che Padre Pio mi metteva nella mente. Lui dettava e io scrivevo. Tanto è vero che, quando a casa leggevo la brutta copia del tema svolto in classe, restavo meravigliata: «Ma sono idee mie queste?». Mi dispiace non poter raccontare ciò che avvenne nelle altre materie per mancanza di tempo.
Divenni oggetto di lode da parte di tutti i professori; oggetto di ammirazione da parte 
della scolaresca. Mentre prima nessuno si dava pensiero di me, dopo mi circondavano 
di attenzioni e cure.
Mi offrivano pezzi di cioccolato e altri dolcini.
Il mio diploma era brillante. Ottimi voti in tutte le materie. Ne parlò pure il giornale provinciale. Solo Padre Pio sapeva fare queste cose! Solo la sua mano piagata sapeva toccare la mente e il cuore degli uomini e operare meraviglie e miracoli. 

Un giorno mi mandò un’immaginetta con queste parole scritte da lui (l’immaginetta rappresentava il Cuore di Gesù):
«Guarda, egli è l’Onnipotente... ma la sua onnipotenza è umile ancella del suo Amore».
Compresi che tutti gli attributi di Dio sono a servizio del suo Amore. Gli aiuti potenti che Dio, per mezzo del Padre, mi dette in quest’ultimo anno, hanno del meraviglioso. Io li chiamo «scherzi del potente suo Amore». Nel mio caso posso dire che Dio si compiace di sollevare e innalzare i piccoli e i poveri.
Sedevo in un cantuccio dell’aula, tutta rannicchiata, con lo stomaco vuoto; con il  vestito poco decente, con le calze grossolane che la povera mamma lavorava a mano; 
con le scarpe rotte, quieta, quasi muta, perché nessuno si accorgesse di me e scoprisse la mia povertà e miseria. Ma quando il Signore si compiacque di porgermi la sua destra, mi cavò fuori dal cantuccio e mostrò a tutti quello che lui fa a chi confida in lui.
Grande fu la gioia della mamma al ritorno di questa figliuola che aveva fatto parlare di sé anche i giornali. Lei si compiaceva di avere una figlia così brava. Parlava di me alle amiche che venivano a salutarmi. Parenti e amici si congratulavano con lei e con me. 
C’era da montare in superbia. Ma non a me andavano le lodi. Tutto aveva fatto colui che  mi voleva per sé.

Andai dal Padre per ringraziarlo. Mi rispose:
«Ringraziamo Gesù!».
Poi mi disse:
«Così piccola d’anni e di statura vuoi fare la maestra? Ti confonderanno con le  scolarette».
Io sorrisi e gli raccomandai di pregare, perché presto mi affidassero una scuola onde 
aiutare la mia povera famiglia. Me lo promise.

Dopo ansie e sospiri della mia povera mamma, arriva la nomina mia, per le scuole di campagna, come primo passo. Giorno di grande gioia fu per tutta la famiglia e per i parenti che si erano interessati. Presi il foglio della nomina e corsi in convento per ringraziare il Padre. Lo trovai in sacrestia; stava per salire in clausura. Gli bacio la mano e gli dico: «Ecco, Padre, la nomina; ho avuto il posto; grazie delle preghiere, ringraziatelo voi Gesù per me».
Il Padre prese il foglio dalle mie mani, lesse; e poi, senza tante parole, mi disse:
«Va, va, rifiuta questo posto. E che? Vorresti andare in quella campagna ove non passa neppure una corriera? Rifiuta, il Signore provvederà».
Mi mise la mano sulla testa e andò via. Restai come Dio sa! Non sapevo cosa dire, cosa pensare, cosa fare. Né mi decidevo a tornare in famiglia con questa risposta. Una vera doccia fredda! Che dirà la mamma? E i parenti? Dopo tanto pregare, dopo tante raccomandazioni e sacrifici. 


Tempesta in famiglia  


Piena di tristezza e di incertezze, tornai a casa, supplicando la Vergine di venire in mio soccorso. Cosa devo fare, mio Dio? Come affrontare questa tempesta? Come comportarmi? Al Padre voglio obbedire ad ogni costo, a costo di qualunque sacrificio dell’anima e del corpo, e alla mamma non vorrei dare altri dolori. Troppo ha sofferto. 
Solo tu, o mio Dio, puoi conciliare cose opposte e contrarie.
Arrivai a casa. Non avevo la forza di salire le scale. Sentivo il vociare allegro della  mamma e dei parenti che contrastava con l’afflizione del mio animo. Non descrivo la reazione di tutti alla risposta del Padre, né la tempesta che si scatenò su di me in seguito alla mia ferma decisione di ubbidire al Padre. Per finirla, me ne andai in soffitta, sul tetto, che fu sempre il mio rifugio. Un dolore bucava il mio cuore: la grande afflizione della mamma. Aprii il Vangelo e lessi: «Chi ama il padre e la madre più di me, non è degno di 
me»
.
Mi fortificai nel proposito di seguire il consiglio del Padre. Guardai il convento che dal tetto vedevo benissimo, e ringraziai l’Altissimo di averci mandato il Padre. Allora più che mai mi apparve grande: più che profeta, più che santo, l’amico di Dio e l’amico nostro; Gesù stesso, vestito da frate, che è tornato a vivere in mezzo ai figliuoli degli uomini. Sei grande, o Signore, mio rifugio e mio conforto, mio asilo e mia fortezza.
Quando il Provveditore agli Studi passò la mia nomina a un’altra diplomata del mio paese, i miei si indispettirono di più contro di me. La mia arma era il silenzio. Non mi guardavano, né mi rivolgevano parola. Li compativo. Però la loro condotta verso di me cambiò quando seppero dei guai che capitarono a quell’incauta signorina che aveva accettato il posto da me rifiutato. Compresero allora chi era il Padre! Ma non basta.
Il direttore delle scuole mi affidò la scuola serale per adulti, in un’aula attigua alla mia casa. I miei, quasi pentiti e umiliati, cominciarono a parlarmi e a scusarsi del loro comportamento verso di me. Sei grande, o Signore! Sei buono! Ti ho invocato nel giorno della tribolazione, e subito mi hai aiutato! Sei stato sempre il mio rifugio e il mio
soccorso.
Si è forse limitato a questo l’aiuto del Padre? Egli mi disse:
«Ricordati che chi obbedisce non fallisce, chi obbedisce canta vittoria».


La potente amicizia delle anime sante

La potente amicizia delle anime sante

di MAURA ROAN MCKEEGAN

Ieri sono salita in macchina e sono andata in uno dei miei posti preferiti sulla terra: un vecchio cimitero.
Questo cimitero, pieno della “pace che supera ogni intelligenza” (Fil 4,7), si trovava nel quartiere dove la mia famiglia ha vissuto per vent’anni. Camminando lì quasi ogni giorno, avevo trovato un conforto che toccava l'eternità. Speravo di non dovermi mai allontanare troppo da questo luogo dove il paradiso sembrava così vicino.


Ma all’inizio di quest’anno ci siamo trasferiti una città lontana e all’improvviso non mi è bastato più girare l’angolo per visitare il cimitero. Sapevo che allontanarsi da tutto ciò sarebbe stato difficile, ma si è rivelato più straziante di quanto mi aspettassi.
Ieri, mentre svoltavo nel vialetto e superavo il cancello di pietra, il vecchio scenario familiare mi sopraffaceva. Il sentiero alberato che avevo percorso migliaia di volte era pieno di colori autunnali. Gli aranci e gli ori erano più brillanti che mai nel sole del tardo pomeriggio.
Ho parcheggiato e sono scesa dall'auto, respirando l'aria autunnale e sentendomi come se fossi tornata a casa. Le foglie fresche frusciavano sotto i miei piedi mentre il vento autunnale sussurrava attraverso il tranquillo sentiero tortuoso.
Con tutti i miei sensi vivi di gratitudine, mi sono guardata intorno, ho fatto il segno della croce e ho iniziato a pregare mentre andavo a visitare le tombe dei miei amati amici.
Perché anche se non conoscevo queste persone quando vivevano sulla terra, ogni tomba segnava l'esistenza di un'anima eterna, e nel corso degli anni in cui ero venuta in questo luogo, queste anime erano diventate mie amiche.
Questa era stata a lungo la nostra routine, e dopo tutti questi anni lo era ancora: iniziavo la nostra visita pregando per loro, e poi chiedevo loro di pregare per me.
Perché qui, in questo cimitero, la preghiera è il modo in cui è iniziata la nostra amicizia; la preghiera è così che è cresciuta; e la preghiera è il modo in cui ha colmato gli anni, le generazioni, e ora le miglia tra me e queste care anime.

Possiamo pregare per la felice morte anche del bisnonno di qualcun altro – o della zia, o della sorella, o del figlio. Non deve essere una preghiera lunga. Anche una breve preghiera, come questa variazione della Preghiera di Gesù, porta grazie indicibili alle anime bisognose:

Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà delle anime del Purgatorio.

E nel disegno misericordioso di reciprocità del cielo, quando preghiamo per i morti, possiamo chiedere loro di pregare anche per noi. Il Catechismo (958) ci dice che le nostre preghiere per i defunti sono «capaci non solo di aiutarli, ma anche di rendere efficace la loro intercessione per noi».
Le nostre preghiere per le anime sono una chiave che apre la porta alle loro preghiere per noi. E quanto è potente la loro intercessione!

Il servo di Dio don Dolindo Ruotolo , che per molti anni ha sopportato con pazienza e umiltà le ingiuste accuse delle autorità ecclesiastiche, una volta scherzò con un amico prete dicendo che si sarebbe “rivolto al tribunale” per essere scagionato.
Tra me e te”, scrisse in una lettera al suo amico, “ti farò sapere chi è l’avvocato principale, così come il consiglio di difesa, il tribunale e come è impostato il caso. L'avvocato principale è Maria Santissima. Nel collegio dei procuratori ci sono san Giuseppe, san Gioacchino e sant'Anna, insieme agli angeli di Dio, san Michele e san Gabriele, i santi di Dio, e le anime del Purgatorio, soprattutto quelle dei sacerdoti...
"Che squadra di difesa spettacolare!"


Non so perché sentiamo così raramente le preghiere delle anime del Purgatorio invocate accanto ai santi, ma l'immaginario caso giudiziario di don Dolindo ci ricorda la potenza della loro intercessione… soprattutto delle anime dei sacerdoti!
Ieri, mentre attraversavo il cimitero, ho incrociato un uomo che era in ginocchio davanti a una tomba, e sarchiava amorevolmente l'erba attorno alla lapide, con le attrezzature da giardinaggio sparse tutt'intorno a lui. Nelle vicinanze, altre tombe erano decorate con fiori, zucche, croci, ghirlande o girandole colorate che giravano nel vento.
Quanto preziose erano queste anime per i loro cari sulla terra che visitarono questo cimitero e cercarono di rendere le loro tombe più belle!
Eppure altre tombe non avevano nessuno che portasse fiori o piantasse girandole, e ho riflettuto su quanto questa immagine terrena rifletta la vita eterna.
Perché ci sono alcune anime che hanno persone sulla terra che pregano per loro, che coltivano la loro terra celeste con il dono delle loro suppliche. Ma ci sono altre anime che non hanno nessuno che si prenda cura del loro terreno eterno e hanno bisogno del nostro aiuto.
Nella sua infinita bontà, Dio ci fa ogni anno un dono speciale da offrire alle anime sante che si trovano alla presenza di queste tombe. Ai primi di novembre i fedeli possono ottenere le indulgenze plenarie per le anime del purgatorio visitando un cimitero e pregando lì per i defunti.
 

Per ottenere l'indulgenza, il cattolico in stato di grazia deve avere l'intenzione di ottenerla e soddisfare le seguenti condizioni: 
Dall'1 all'8 novembre, visita un cimitero e prega lì per i morti, anche se solo mentalmente
Fare una confessione sacramentale (una sola confessione, entro circa 20 giorni prima o dopo, sarà sufficiente per tutte le indulgenze che una persona ottiene in quel periodo di tempo) 
Ricevere la Santa Comunione (una volta per ogni indulgenza ottenuta)
Recitare almeno un Padre Nostro e un'Ave Maria per il Santo Padre 
Sii libero dall'attaccamento ad ogni peccato, anche veniale
Ogni giorno si può ottenere una indulgenza plenaria. L'indulgenza è parziale se le condizioni sono parzialmente soddisfatte.
Il 2 novembre è disponibile anche l'indulgenza per le anime del purgatorio, per chi visita una chiesa o un oratorio e recita un Padre Nostro e un Credo.

Una nota sull'ultima condizione: A volte le persone si chiedono se sia possibile distaccarsi completamente dal peccato veniale. Credo che la risposta a questa domanda si trovi in ​​Marco 10, quando Gesù dice ai suoi discepoli quanto sia difficile entrare nel regno di Dio, e loro si chiedono chi poi potrà essere salvato.
Per gli uomini è impossibile, ma non per Dio”, dice loro Gesù. “Tutto è possibile a Dio”.
Anche se fosse impossibile per noi staccarci completamente dal peccato, non è impossibile per Dio. Come ci ricorda Matteo 7, “chiedete e vi sarà dato”; poiché il nostro Padre nei cieli dà “cose buone a coloro che glielo chiedono”. Chiediamogli, allora, la grazia di essere distaccati da ogni peccato. La mia amica Suzie suggerisce di aggiungere questa piccola preghiera alle preghiere per l'indulgenza:  Caro Spirito Santo, se non sono distaccata da ogni peccato, ti prego rendimi distaccato adesso, affinché possa ottenere questa indulgenza plenaria che mia Madre, la Chiesa, mi offre a me, suo figlio.
Dio è dalla nostra parte. Egli vuole che possiamo ottenere questa indulgenza come atto di carità verso le anime del Purgatorio, e ci aiuterà a soddisfare le condizioni se solo lo chiediamo. 
Il brano della lettera di don Dolindo Ruotolo è tratto dal libro Amore, Dolindo, Dolore (Casa Mariana Editrice “Apostolato Stampa”, 2001).

Se vogliamo essere cristiani, dobbiamo essere mariani» (Paolo VI)

«Se vogliamo essere cristiani, dobbiamo essere mariani» disse il papa Paolo VI nel santuario della Madonna di Bonaria, a Cagliari «cioè dobbiamo riconoscere il rapporto essenziale, vitale, provvidenziale che unisce la Madonna a Gesù, e che apre a noi la via che a Lui ci conduce». 


E ne dava i motivi: 

«Dobbiamo soprattutto, a Noi pare, cercare di comprendere nuovamente le ragioni della nostra venerazione e della nostra fiducia verso la Madonna.
Ne abbiamo bisogno? Sì, tutti ne abbiamo bisogno. Bisogno e dovere. Questo momento prezioso deve segnare un punto di illuminata ripresa, per tutti, della nostra venerazione a Maria, di quella speciale venerazione cattolica alla Madre di Cristo, che a lei è dovuta e che costituisce un presidio speciale, un conforto sincero, una speranza singolare della nostra vita religiosa, morale e cristiana.

Perché, oggi, che cosa è avvenuto?
È avvenuto, fra i tanti sconvolgimenti spirituali, anche questo: che la devozione alla Madonna non trova sempre i nostri animi così disposti, così inclini, così contenti alla sua intima e cordiale professione com’era un tempo...

Qui Noi dobbiamo assai semplificare questo esame, e ridurlo a due fondamentali domande. 

La prima: qual è la questione che oggi assorbe, si può dire, tutto il pensiero religioso, tutto lo studio teologico, e che, lo avverta egli o no, tormenta l’uomo moderno? 

È la questione del Cristo.
Chi Egli sia, come venuto fra noi, quale sia la sua missione, la sua dottrina, il suo essere divino, il suo essere umano, la sua inserzione nella umanità, la sua relazione e la sua rilevanza con i destini umani.
Cristo domina il pensiero, domina la storia, domina la concezione dell’uomo, domina la questione capitale della umana salvezza. E come è venuto Cristo fra noi? È venuto da Sé? È venuto senza alcuna relazione, senza alcuna cooperazione da parte dell’umanità? Può essere conosciuto, capito, considerato prescindendo dai rapporti reali, storici, esistenziali, che la sua apparizione nel mondo necessariamente comporta? 

È chiaro che no. Il mistero di Cristo è inserito in un disegno divino di partecipazione umana. Egli è venuto fra noi seguendo la via della generazione umana. 

Ha voluto avere una Madre; ha voluto incarnarsi mediante il mistero vitale d’una Donna, della Donna benedetta fra tutte. 

Dice l’Apostolo, che ha tracciato la struttura teologica fondamentale del cristianesimo: «Quando arrivò la pienezza del tempo, Dio mandò il Figlio suo, nato di Donna...» (Gal. 4, 4). E «Maria – ci ricorda il Concilio – non fu strumento puramente passivo nelle mani di Dio, ma cooperò alla salvezza dell’uomo con libera fede ed ubbidienza» (Lumen gentium, 56).
Questa dunque non è una circostanza occasionale, secondaria, trascurabile; essa fa parte essenziale, e per noi uomini importantissima, bellissima, dolcissima del mistero della salvezza: Cristo a noi è venuto da Maria; lo abbiamo ricevuto da Lei; lo incontriamo come il fiore dell’umanità aperto su lo stelo immacolato e verginale, che è Maria: «così è germinato questo fiore» (cfr. Dante, Paradiso, 33, 9).

Come nella statua della Madonna di Bonaria, Cristo ci appare nelle braccia di Maria; è da Lei che noi lo abbiamo, nella sua primissima relazione con noi; Egli è uomo come noi, è nostro fratello per il ministero materno di Maria. 

Se vogliamo essere cristiani, dobbiamo essere mariani, cioè dobbiamo riconoscere il rapporto essenziale, vitale, provvidenziale che unisce la Madonna a Gesù, e che apre a noi la via che a Lui ci conduce» 

(Paolo VI, Cagliari, 24 aprile 1970)

Qui sedes ad dexteram Patris, miserere nobis.

Dal Gloria, musicato da Antonio Vivaldi, diretto da Riccardo Muti ed interpretato da una bravissima Lucia Valentini Terrani (1946-1998 pace alla sua Anima), una delle poche mezzosoprano-contralto a saper interpretare splendidamente in questo pezzo difficilissimo e sublime.