giovedì 2 maggio 2024

Le formule liturgiche o cultuali mariane esprimono la fede della Chiesa sulle verità relative a Maria SS.ma

 Altri testi mariologici
(dal libro "Mariologia biblica" di padre  Stefano M. Manelli)

 
Se la Liturgia è un «luogo teologico», è soprattutto al valore non certo trascurabile di questo «luogo teologico» che noi dobbiamo il senso mariano di altri testi dell'Antico Testamento. 
La novella Liturgia instaurata dal Vaticano II ha offerto un discreto numero di testi biblici tratti dall’Antico Testamento e adoperati per le solennità, le feste, le memorie e le ricorrenze mariane (1).
Parlare però — come fanno alcuni — di senso solo accomodatizio nell’uso liturgico di diversi testi veterotestamentari, oltre che poco onorifico per la Liturgia, sembra apparire in netto contrasto con il genuino senso teologico della Liturgia, che valuta e adopera ogni brano biblico — dell’Antico o del Nuovo Testamento — alla luce della Rivelazione di Cristo, .del compimento della Redenzione e del «sensus fidei». della Chiesa maestra di verità (2).
«La mariologia — afferma il Le Deaut — non sì può accontentare di considerare l'Antico Testamento come un tesoro d’immagini applicabili alla Vergine in senso accomodatizio, molto elastico. Esso contiene, sulla Madre del Messia, una rivelazione autentica, sia pure solamente abbozzata, che si scoprirà nel Nuovo Testamento, rivelatore dell’Antico, e nell’interpretazione tradizionale della Chiesa» (3).
 
Sacra Scrittura, Chiesa e Liturgia vanno sempre insieme, in organicità di legami fecondi e vitali per la fede che salva l’uomo. 
 
Molto opportunamente, infatti, il P. Roschini, trattando del valore teologico del culto mariano, fa notare che «la preghiera liturgica della Chiesa (il suo culto) è espressione della fede della Chiesa, la quale fede antecede la preghiera liturgica (il culto) e perciò è garanzia della fede... Conseguentemente, non è la liturgia (con le sue forme liturgiche o cultuali) quella che genera la fede o le verità della fede, ma è la fede che genera la liturgia, ossia le espressioni cultuali o liturgiche, come l’albero. genera il frutto, e non viceversa» (4).
Per questo è stato anche scritto, giustamente, che «l’interpretazione liturgica dei testi scritturali ha una importanza teologica di prim’ordine» (5), perché è un portato della fede genuina della Chiesa, e «le formule liturgiche o cultuali mariane, ossia il culto mariano, perciò, non fanno altro che esprimere, manifestare la fede della Chiesa sulle varie verità relative a Maria SS.» (6).

Ebbene, fra i testi veterotestamentari adoperati e interpretati in senso mariologico dalla Liturgia — oltre i tre testi fondamentali del Genesi, di Isaia e di Michea — ve ne sono almeno altri quattro più importanti, dei quali due sono stati riportati e interpretati mariologicamente anche dal Concilio Vaticano Il: ossia, quello sui «poveri di Iahvé» e quello sulla «figlia di Sion» (7).

Nel capitolo ottavo della Lumen gentium è scritto: «Essa (Maria) primeggia tra gli umili e i poveri del Signore, i quali con fiducia attendono e ricevono da lui la salvezza» (8).

In diversi salmi è descritta la realtà degli «anawim» di Dio, i veri «poveri di Jahvé» (9). Essi sono i figli di Abramo, umili e timorati di Dio, oppressi dagli uomini, ma fiduciosi nel Signore che li salva. Tra le vicende più dolorose del popolo eletto, nella tragedia delle deportazioni e dell’esilio babilonese, i «poveri di Jahvé» realizzano la più alta ascesi veterotestamentaria e, per la loro fedeltà a tutta prova, costituiscono quel «resto di Israele» da cui uscirà il rinnovato popolo eletto, la Chiesa di Cristo.

Nel Magnificat, la Madonna stessa si colloca appunto fra gli umili, oggetto della compiacenza di Dio, che «ha guardato l’umiltà della sua serva» e che «ha innalzato gli umili» (Lc 1,48).

Nel dialogo con l’Angelo, all’Annunciazione, nel momento stesso in cui accetta la sublime missione della Maternità divina, la Vergine Maria dice il suo Fiat come una povera «ancella del Signore» (Lc 1,38).
Sappiamo che la Madonna fu povera dal punto di vista sociale ed economico, vivendo in un paesello minuscolo e di nessun conto («da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?»: Gv 1,46), nascosta e ignorata da tutti.

Lo stesso Concilio Vaticano II rileva che, per la sua povertà, Maria SS. dovette fare al Tempio l'offerta dei poveri (10). Ma questa povertà esteriore era segno e figura della grande povertà interiore che fece di lei, per antonomasia, «l’umile vergine», modello e maestra della povertà di spirito beatificata dal Signore Gesù nel discorso della montagna: «Beati i poveri in spirito perché di essi è il Regno dei cieli» (Mt 11,29) (11).

« Eccelsa Figlia di Sion »

Leggiamo nella Lumen gentium: «Eccelsa figlia di Sion con lei, dopo la lunga attesa della promessa, si compiono i tempi e si instaura una nuova Economia, quando il Figlio di Dio assunse da lei la natura umana, per liberare coi misteri della sua carne l’uomo dal peccato» (12).

Sion è la terra-madre di quei «poveri di Jahvé» che costituiscono il «resto di Israele», da cui sorgerà il «nuovo Israele»; e il monte Sion è figura del regno eterno di Jahvé rinnovato in un popolo nuovo, come annunciò il profeta Michea: «In quel giorno — dice il Signore — radunerò gli zoppi, raccoglierò gli sbandati e coloro che ho trattato duramente. Degli zoppi io farò un resto, e degli sbandati una nazione forte. E il Signore regnerà su di loro sul monte Sion, da allora e per sempre. E a te, Torre del gregge, colle della figlia di Sion, a te verrà, ritornerà a te la sovranità di prima, il regno della Figlia di Gerusalemme» (Mic 4, 6-8).

Maria è l’«eccelsa figlia di Sion», ossia è appunto colei che tra gli umili e i poveri del Signore fu eletta per dare compimento alle promesse antiche della salvezza, instaurando la «nuova Economia» del riscatto redentivo dell’umanità dal peccato, per il ritorno alla «sovranità di prima» (13).

Sion, in origine, era la rocca dominante di Gerusalemme, espugnata da Davide, che vi costruì la sua reggia e vi trasportò anche l’Arca dell’Alleanza (14). Per questo Sion era chiamata «città di Davide» e «dimora di Jahvé». 
Con il re Salomone, in seguito, si cominciò a chiamare Sion anche il monte dove egli fece costruire il nuovo Tempio e la nuova reggia, a nord di Gerusalemme (15).
Infine, con la parola Sion, si arrivò a indicare l’intera Gerusalemme e l’intero popolo di Israele, che vengono accomunati anche in diversi altri testi veterotestamentari, oltre che in quello sopra citato di Michea (16).

Maria, «eccelsa figlia di Sion», porta in sé il compimento del disegno salvifico di Dio e diviene ella stessa personificazione del nuovo Israele, la più vera «dimora di Jahvé», per l’incarnazione del Figlio di Dio che restaura il regno di Israele con un dominio che non avrà mal fine,

Per tutto questo, il tema della « Figlia di Sion » trova i suol richiami più fecondi e gioiosi nei testi di Sofonia (3, 14-17) e di S. Luca (1,28-33) (17).
Nell'uno e nell'altro c'è l'esultanza messianica che fa prorompere nel grido gioioso: «Esulta», Sofonia preannuncia il futuro dell'avvento di Dio: «Esulta, figlia di Sion... » (3, 14), L'Angelo, invece, annuncia a Muria la gioia dell'arrivo del Verbo di Dio che sta per incarnarsi in Iei: «Esulta, o piena di grazia...» (Lc 1,28) (18).

Maria SS. e la Sapienza

Certamente fra le pagine più alte dell’Antico Testamento ci sono quelle riguardanti la Sapienza, presentata come ipostasi di Dio, Verbo del Padre, che preesiste e presiede a tutta l’opera della creazione.

Orbene, queste pagine del Siracide (24, 3-21) e dei Proverbi (8, 22-35) — fatte le debite restrizioni — dalla Chiesa sono state applicate a Maria SS. fin dal secolo VII per la festa dell’Assunzione (Sir 24, 3-21) e dal secolo X per la festa della sua Natività (Prv 8, 22-35). 
Specialmente la pagina dei Proverbi, nella sua solenne bellezza e sublimità di espressioni, di immagini, di concetti ci porta a contemplare l’origine di Maria nel pensiero eterno di Dio. La Sapienza «si traspone, per riflesso e partecipazione, a Maria, la Madre del Verbo di Dio» (19).

Ci si può chiedere, però, se l’applicazione di tali testi a Maria Vergine sia fatta solo in senso accomodatizio o in qualche altro senso biblico particolare più appropriato.

Diciamo subito che sembra davvero strano il parere di quegli autori i quali parlano, troppo sbrigativamente, di pie accomodazioni biblico-liturgiche, pur sapendo bene che Maria SS. fu da Dio predestinata fin dall’eternità «uno eodemque decreto» con il Verbo Incarnato, come dice luminosamente la Bolla «Ineffabilis Deus», con esplicita applicazione a Maria delle parole della Sapienza (20).

« A causa della sua intima partecipazione attiva all’Incarnazione del Verbo di Dio — scrive Mons. Romeo — essa (Maria) riveste in certa misura la missione e le prerogative della Sapienza ipostatica che «ha posto la sua abitazione fra noi» (Gv 1, 14). Non si tratta di accomodazione arbitraria, bensì di senso «pieno» postulato dal mistero dell’Incarnazione. La Sapienza increata, incarnandosi in Maria, fa di essa il centro della Verità e della Vita (Sedes Sapientiae(21).

Inoltre, riesce davvero difficile ammettere che la Liturgia, in quanto «lex orandi», così strettamente correlata alla «lex credendi», si voglia servire di pie accomodazioni per illuminare e santificare i fedeli sotto l’azione dello Spirito Santo.

Si noti, piuttosto, che l’applicazione fedele e costante, per molti secoli, di queste pagine bibliche a Maria SS. «non può spiegarsi — scrive giustamente il P. Pietrafesa — a livello di semplici «accomodazioni» più o meno felici, ma deve essere valutata sul piano teologico, proprio dalla loro utilizzazione nella liturgia. Questo legge la Bibbia con occhi cristiani, alla luce delle meraviglie che Dio ha compiuto in Cristo e nella Vergine Maria, e quindi non sorprende che vegga un senso molto più ricco, esteso e profondo, sconosciuto ai contemporanei e allo stesso agiografo. Il quale senso suppone evidentemente quello letterale, ma nello stesso tempo lo supera, lo allarga, lo arricchisce» (22).

« Tutta bella sei tu » 

 
Il Cantico dei cantici è un poemetto allegorico sull'amore. Ma, quale amore? A chi va riferito?

La sposa del Cantico dei cantici «secondo le più sicure interpretazioni dell’esegesi moderna — scrive il Bertetto — confermate dalla tradizione patristica e medioevale, designa metaforicamente sia la Figlia di Sion, sia il popolo di Israele, nelle relazioni di amore e di fedeltà con Jahvé suo Sposo; sia la Chiesa cattolica, che continua il popolo di Dio dell’Antico Testamento; sia anche ogni anima fedele, membro della Chiesa, e in modo particolare Maria SS., alla quale si applicano e si riferiscono in senso tipico scritturistico, manifestato dalla Tradizione patristica e teologica, alcuni versetti della Cantica: hortus conclusus, fons signatus (orto chiuso, fonte sigillata) (Ct 4, 12), in favore della verginità di Maria; e tota pulchra es (sei tutta bella) (Ct 4,7), in favore della assenza di colpa in Maria» (23).

Nell’insieme, quindi, il Cantico dei cantici esprime, in suggestiva allegoria poetica, la realtà dell’amore di Dio verso la sua sposa eletta, senza colpe né difetti, tutta innocente e bellissima.
Questa «sposa» è il «nuovo Israele», ossia la Chiesa «senza macchia e senza ruga» (Ef 5,27); questa «sposa» è ogni anima cristiana che si dona a Dio in purezza e santità; questa «sposa» è, in modo perfetto ed eminente, Maria SS., solo lei, l’Immacolata, ossia la «Tutta bella» per eccellenza e la «senza macchia» per antonomasia.

È interessante rilevare che il «sensus fidei» della Chiesa, espresso dalla Liturgia nell’applicare a Maria i passi del Cantico dei cantici, si armonizza pienamente con l’interpretazione mariologica data dai Santi Padri e scrittori ecclesiastici, quali S. Ippolito, S. Efrem (soprattutto), S, Ambrogio, S. Girolamo, S. Epifanio, S. Sofronio, S. Giovanni Damasceno, S. Germano, S. Pier Damiani, Ruperto di Deutz, Alano di Lilla, e via di seguito (24).

Nella Costituzione del Concilio Vaticano II sulla Sacra Liturgia è detto che la Chiesa «in Maria ammira ed esalta il frutto più eccelso della Redenzione, ed in lei contempla con gioia, come in una immagine purissima, ciò che essa, tutta, desidera e spera di essere» (25).

Questa «immagine purissima» la Liturgia ce la presenta appunto con l’immagine della «sposa» senza macchia del Cantico dei cantici, a cui il Signore rivolge le sue parole ripiene di vaghezza d’amore estatico: «Alzati, amica mia, mia bella, e vieni!... O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è leggiadro» (Ct 2, 10-14) (26); e ancora: «Tutta bella tu sei, amica mia, in te nessuna macchia! Vieni con me dal Libano, o sposa, vieni!» (Ct 4, 7-8) (27)

Il «sensus fidei» della Tradizione patristica e della Liturgia ci fanno leggere il Cantico dei cantici in filierana mariologica, portandoci a contemplare in trasparenza Marla nella «sposa» tutta bella e senza macchia, lo quale con la sua purezza originaria — con frapposta all'infedeltà adultera di Israele ricapitola, riflette e sublima In sé il «nuovo Israele», cioè la Chiesa, e ogni anima, sposa del Signore (28).

Infine, un rilievo particolare va dato al celebre versetto 10 del capitolo VI: «Chi è costei che sorge come l'aurora, bella come la luna, fulgida come il sole, terribile come schiera a vessilli spiegati?».
La figura di Maria, qui disegnata con le immagini più seducenti dol cosmo (l'aurora, la luna, il sole) e della forza degli uomini (le schiere all’assalto) preannuncia suggestivamente il «grande segno» dell’Apocalisse, la «Donna vestita di sole, con la luna sotto i piedi, coronata di dodici stelle» (Ap 12,1).
Il legame delle immagini presenti nei due testi identifica in simbiosi luminosa la Sposa del Cantico dei cantici con la Donna dell’Apocalisse; e la Liturgia, di fatto, insieme alla Tradizione medioevale, interpreta l’uno e l’altro testo in senso mariologico, riferendoli direttamente alla Vergine Maria (29).

Padre Stefano M. Manelli
Mariologia biblica (pag 65-76)



Ndr: senso accomodativo o accomodatizio è un termine in uso nell'esegesi biblica. In maniera generale si riferisce all'uso di citare frasi e passi delle Scritture in un senso diverso da quello che hanno nel contesto, basandosi spesso su mere analogie di parole o anfibologie.

(1) Cfr. A. MIORELLI SM, L’uso della Scrittura nelle feste liturgiche mariane, Torino 1968; AA. VV., Lezionario Mariano, Brescia 1975.

(2) Sull'argomento cfr. C. VAGAGGINI, Il senso teologico della liturgia, Roma 1958, pp. 354s.; A.M. TRIACCA, Bibbia e Liturgia, in Nuovo Dizionario di Liturgia, Roma 1984, pp. 175-197; A. NOCENT, La lettura della Sacra Scrittura, in AA.VV., Assemblee, Brescia 1986, pp. 198-221. Si rifletta attentamente su ciò che dice la “Dei Verbum” sulla Chiesa sempre sollecita «soprattutto nella Sacra Liturgia, di nutrirsi del pane della vita dalla mensa sia della parola di Dio che del corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli» (n. 21 - corsivo nostro).

(3) R. LE DEAUT, Marie et l’Ecriture dans le Chapitre VIII, in Etudes Mariales 22 (1965) 61. «Se c’è un ambito dove la Chiesa è certa dell’assistenza dello Spirito Santo, è proprio nella struttura fondamentale della sua liturgia. Ora, non c’è niente di più comune a tutti i riti cristiani che questo legame fra Antico e Nuovo Testamento»: così scrive D.C. JEAN-NESMY, Per una lettura cristiana della Bibbia, in Communio, n. 87 (1986) p . 48.

(4) G. ROSCHINI OSM, Il valore teologico e efficacia pastorale del Culto Mariano, in Marianum 39 (1977).

(5) I. H. DALMAIS, La liturgia testimonianza della tradizione, in La Chiesa in preghiera, Grottaferrata 1963, pp. 244. Vedi pure M. MARTIMORT, L’Eglise en prière, Tournai, p. 227.

(6) G. ROSCHINI OSM, art. cit., l.c. Subito dopo, l’autore riferisce l'esempio del Papa Pio XII il quale nell’enciclica Mediator Dei riporta «come attuazione del celebre effato "Lex orandi, lex credendi”, il fatto che Pio IX, nel definire come dogma di fede l’Immacolata Concezione di Maria SS., incluse, nella documentazione, l’argomento dedotto dalla Liturgia» ivi, l.c.).

(7) Giustamente, riguardo alle due espressioni «poveri di Iahvé» e «figlia di Sion», è stato rilevato che nel testo conciliare «nessuna delle due espressioni è accompagnata con un riferimento. Le due espressioni formano quasi un luogo comune della pietà vetero-testamentaria alla  "figlia di Sion”, figura del popolo eletto, la quale porterà la promessa a compimento nella pienezza dei tempi » (G. PHILIPS, L’Eglise et son mystère aut deuxième du Concile Vatican. Histoire, texte et commentaire de la Constitution «Lumen Gentium», Paris 1968, II, p. 231).

(8) Lumen gentium, n. 55. 

(9) Si vedano, ad esempio, i salmi 9, 10, 11, 12, 34, 37. 

(10) Lumen gentium, n. 57.

(11) Sull'argomento, cfr. A. GELIN, Il povero nella Sacra Scrittura, Milano 1956, pp. 121-123; F. URICCHIO OFMConv., La povertà di Maria nella Sacra Scrittura, in Miles Immaculatae 2 (1966) 175-184, 263-272; ORTENSIO DA SPINETOLI, OFM Cap, Maria nella Bibbia, Genova 1964, pp. 111-131; E.M. MORI, Figlia di Sion e Serva di Jahvé, Bologna 1970, pp. 301-449. | 

(12) Lumen gentium, n. 55.

(13) Cfr GI 2, 21-27; Sof 3, 14-17; Zac 9,9.

(14) Cfr 2 Sam 5, 6-7, 9-11.

(15) Cfr Is 18,7; Ger 26, 18.

(16) Cfr Is 37,32; 46,17; 52,1-2; Ger 26,18; 51,35; Sal 142.2.

(17) Cfr D, BERTETTO SDB, La Madonna oggi, Roma 1975, pp. 65-66,

(18) Il tema così interessante della «Figlia di Sion», visto in rapporto con il Nuovo Testamento, e specificamente con Lc 1,26-38, ha impegnato e sta impegnando gli studiosi più qualificati in campo biblico e mariologico. C'è divergenza di valutazioni, però, come risulta efficacemente dalla esauriente panoramica presentata da N. LEMMO, Maria, «Figlia di Sion», a partire da Lc 1,26-38. Bilancio esegetico dal 1939 al 1982, in Marianum 45 (1983) 175-258. È di notevole portata il tentativo di presentare il tema della «Figlia di Sion» quale « sfondo biblico della figura neotestamentaria di Maria», come ha fatto I. DE LA POTTERIE, Maria nel mistero dell'alleanza, Genova 1988.


(19) A. ROMEO, Maria e il Verbo Incarnato nei libri poetici e sapienziali del V. T., in Tabor 23 (1958) 323. Cfr pure D.J. ALFONSO, Marie et la Sagesse divine (Prv 8,22-35), in Assemblées du Seigneur, n. 80, pp. 19-28.

(20) Ecco il testo originale contenuto nella Bolla pontificia: «Atque idcirco vel ipsissima verba quibus divinae Scripturae de increata Sapientia loquuntur, eiusque aeternas origines repraesentant, consuevit tum in ecclesiasticis officiis, tum in sancta Liturgia adhibere et ad illius Virginis primordia transferre, quae uno eodemque decreto cum divinae Sapientiae incarnatione fuerant praestituta». Cfr TH. PLASSMANN OFM, Uno eodemque decreto, in Virgo Immaculata, III, Roma 1955, pp. 174-197.
(21) A. ROMEO, art. cit., pp. 327-328.

(22) P. PIETRAFESA CSSR, La Madonna nella Rivelazione, Napoli 1970, p. 64; si vedano gli importanti riferimenti ad alcuni autorevoli studiosi, quali Bea, Vagaggini, Scheeben, Dillenschneider (ivi, p. 65, nn. 7-10). Per una conoscenza più estesa e documentata sull’argomento, si veda E. CATTA, Sedes Sapientiae, in Maria, Parigi 1961, vol. VI, pp. 688-866; D. COLOMBO OFM, Maria nei libri sapienziali, Vercelli 1979.

(23) D. BERTETTO SDB, La Madonna oggi, Roma 1975, p. 60.

(24) Cfr lo studio accurato ed esteso di A. Rivera CMF, Sentido mariologico del Cantar de los Cantares, in Ephemerides Mariologicae 1 (1951) 437-68; 2 (1952) 25-42.

(25) Sacrosanctum Concilium, n, 103,

(26) Testo riportato nella Messa della Visitazione della Beata Vergine Maria, salmo responsoriale.

(27) Sul tema delicato e suggestivo di Maria « Sposa del Verbo Incarnato », si veda A. Rivera CMF, Maria Sponsa Verbi en la tradicion biblico-patristica, in Ephemerides Mariologicae 9 (1959) 461-478; A. PIOLANTI, « Sicut Sponsa ornata monilibus suis », in Virgo Immaculata, Romae 1955, pp. 181-193. 

(28) Scrive il Laurentin: « La dichiarazione apparentemente iperbolica del Re-Jahvé a Israele: Non vi è macchia in te, si attua alla lettera solo in questa nuova creazione che comincia con l’Immacolata Concezione di Maria. Poiché questo senso si attua oggettivamente, dato che è stato riconosciuto (benché con modalità spesso deficienti) da un'abbondante tradizione, il teologo può con fondamento vedervi un senso pieno o ultrasenso che risponde a un disegno di Dio, autore principale della Scrittura » (R. LAURENTIN, La Vergine Maria, Roma 1983, p. 179, n. 3). Cfr pure A, ROMEO, art, cit., pp. 318-323.

(29) Cfr P. DE AMBROGGI, Il Cantico dei cantici, Roma 1952, p. 211; G. NOLLI, Cantico dei cantici, Roma 1968, p. 34; D. COLOMBO, Cantico dei cantici, Roma 1983, p. 22

mercoledì 1 maggio 2024

Figure e simboli mariani nell'Antico Testamento

Figure e simboli mariani
(dal libro "Mariologia biblica" di padre  Stefano M. Manelli)
 

Oltre che preannunciata, la Madonna è stata anche prefigurata e simboleggiata nell’Antico Testamento.
In tal senso si è avuta una preparazione al suo arrivo, svolta gradualmente e colta dalle gesta o eventi personali più significativi di donne particolari della vecchia Alleanza, oppure raffigurata in radiosità di simboli ricchi di contenuti espressivi del mistero di Maria (1).

Oltre la figura di Eva
(2), analizzata in profondità già dalla prima Patristica, che l'ha presentata in «antitesi» con Maria, il Vecchio Testamento ci presenta figure di donne non comuni come Sara, Maria (sorella di Mosè), Debora, Giuditta, Ester, che hanno svolto un ruolo importante nell'economia del piano salvifico dì Dio o nel cammino del popolo eletto verso la pienezza deì tempi.

Esaminiamole brevemente.

Sara. Fu la moglie «libera» di Abramo, a differenza di Agar, la «schiava». Sara era sterile, ma ciò nonostante divenne feconda per intervento miracoloso di Dio. Fu la madre di Isacco, unico figlio, che diventò padre di una grande discendenza (3).
Sara, sposa «libera», ma sterile, è figura di Maria, sposa «libera» della vera libertà da ogni soggezione di colpa («chiunque commette il peccato è schiavo del peccato» Gv 8,34): sposa non sterile, ma vergine volontaria, che concepì e partorì il figlio miracolosamente, ossia verginalmente.
Maria fu madre di Gesù, unico figlio, che ha redento l'umanità divenendo Capo del Corpo mistico, «primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29).
Sara è l’ombra della nuova Alleanza sancita da Dio con Abramo e suggellata dal sangue della circoncisione. Maria, invece, è la realtà della nuova Alleanza, stabilita da Gesù che l’ha suggellata con la sua immolazione di vittima crocifissa per l'umanità da redimere (4).

Maria, sorella di Mosè: oltre che per l’identità del nome, la sorella di Mosè è figura di Maria per alcuni aspetti di particolare interesse.
Maria è sorella di Mosè, il Liberatore del popolo eletto, ed è sorella di Aronne, il primo Sacerdote dell'Antica Alleanza.
Con Mosè e Aronne, anche Maria ricevette l’onore di essere presente nel «Padiglione del Convegno», dove il Signore discese nella nube e parlò loro.
Inoltre, Maria era chiamata profetessa ed era la guida del coro delle donne nel cantico di trionfo di Mosè (5).
«Bastano questi tratti — scrive il Ruotolo — per farci intravedere la Vergine Santa adombrata in questa donna. Maria è presentata nel libro dell’Esodo a fianco di Mosè e di Aronne. La Vergine Santa è legata a Gesù Cristo non solo come Madre, ma anche nella sua opera. Ciò vuol dire che, come Maria affiancava suo fratello, Mosè, legislatore del Popolo eletto, così Maria, la Vergine, è congiunta in maniera indissolubile al sommo legislatore Gesù Cristo, del quale Mosè era figura e tipo».  La Vergine santa è a fianco di Gesù Cristo, sommo sacerdote della nuova Alleanza, di Mosè figura e tipo.
La prima Maria è presentata come profetessa privilegiata da Dio; la seconda Maria, la benedetta fra le donne, è invocata dalla Chiesa come «Regina dei Profeti». La prima ripeteva il ritornello del cantico trionfale di Mosè insieme con altre donne; la seconda eleva il suo cantico alla grandezza dell’Onnipotente e profetizza, nel senso letterale della parola, la sua futura glorificazione «da parte di tutte le generazioni umane» (6).

Debora. In una situazione di estremo pericolo, Debora fu la donna energica che salvò il suo popolo dai Cananei, guidando Barac, con un piccolo esercito, al trionfo sul possente esercito di Sisara, comandato da Jablin.
Debora è figura di Maria SS. soprattutto per questo: perché è stata cooperatrice attiva di Barac nella vittoria su Sisara, per salvare il suo popolo. Anche Maria SS. è stata l’«alma Socia» di Cristo nella salvezza dell'umanità mediante l’opera redentiva.
Debora è anche figura di Maria quale profetessa e quale madre misericordiosa, a cui ricorrevano tutti i figli di Israele nei loro bisogni. Maria SS. è la più grande profetessa ed è la vera «Madre di misericordia», come l’invoca la Chiesa, a cui tutti ricorrono con speranza e fiducia.
Infine, l'inno di esultanza e di riconoscenza che Debora cantò per la vittoria riportata sul potente e superbo Sisara, riecheggerà nel Magnificat di Maria che esalta Dio, vindice dei poveri e degli umili contro i potenti e i superbi (7).

Giuditta. Un popolo, ormai vicino alla resa disperata, viene salvato dall'audace stratagemma di una donna — Giuditta — che si fa ardita e virile nella lotta contro il nemico Oloferne e trionfa su di lui troncandogli la testa (8).
Giuditta è figura di Maria che schiaccia la testa al serpente, salvando, con il figlio, il genere umano.
La fortezza e la purezza, la bellezza e l’audacia splendettero in Giuditta. Per questo venne glorificata con parole di esaltazione rimaste celebri: «Benedetta sei tu, figlia, davanti al Dio altissimo più di tutte le donne che vivono sulla terra e benedetto il Signore Iddio che ha creato il cielo e la terra e ti ha guidato a troncare la testa del capo dei nostri nemici» (Gdt 13,18), «Tu sei la gloria di Gerusalemme, tu magnifico vanto di Israele, tu splendido onore della nostra gente» (Gdt 15, 10).
In tutte queste virtù e lodi, ugualmente, Giuditta è figura di Maria, la «benedetta fra le donne» (Lc 1,42), la donna forte per eccellenza, l’Immacolata, guerriera invincibile che schiaccia la testa al nemico con il suo piede verginale.
A Lei, all’Immacolata, la Chiesa canta festosa: «Tutta bella sei, o Maria, e macchia originale non è in te. Tu la gloria di Gerusalemme, tu la letizia di Israele, tu l’onore del nostro popolo».

La regina Ester (Renzo Tubaro)


Ester. Questa fanciulla ebrea fu anzitutto celebre Pet la sua bellezza con cui conquistò il re Assuero, che la scelse come regina.
Inoltre, Ester fu l'unica ad essere esclusa dal decreto di morte emanato contro il suo popolo.
L'impresa più gloriosa di Ester fu quella di aver salvato il suo popolo condannato allo sterminio per la malvagità del nemico (9).
Anche Ester è figura di Maria per l'eccezionale bellezza, Maria è la «Tutta bella», come canta la Chiesa.
Inoltre, Ester è figura di Maria perché anche per Maria, unicamente, non valse la legge universale della contrazione del peccato originale, a cui sono soggetti tutti i discendenti di Adamo.
Infine, e soprattutto, Ester è figura di Maria sia perché anche Maria salvò il popolo redento dalla condanna dell'Eden, trionfando, con il Figlio, sul nemico infernale; sia perché anche Maria, nelle gravi necessità della Chiesa — il «nuovo Israele» — è potente Avvocata e Mediatrice che intercede per scamparci da pericoli e castighi.

I simboli mariani

Nella Bolla dogmatica «Ineffabilis Deus» il Papa Pio IX ha così sintetizzato i simboli mariani più significativi dell'Antico Testamento, applicati lungo i secoli alla Vergine Immacolata sia dalla Tradizione che dalla Liturgia e dall’Arte sacra.

«Il magnifico e singolare trionfo della Vergine, l'innocenza, la purezza e la santità sue insigni, la sua immunità da ogni macchia di colpa e, infine, la sua inesprimibile ricchezza e grandezza di tutte le grazie, le virtù e i privilegi celesti, i Santi Padri ravvisano nell’Arca di Noè che, costruita per ordine di Dio, rimase completamente salva ed intatta nel generale naufragio; nella scala che Giacobbe vide toccare il cielo e sui gradini della quale angeli di Dio salivano e scendevano, e in cima alla quale era Dio stesso; nel roveto che Mosé vide ardere tutto in giro in luogo consacrato e, nonostante le fiamme guizzanti, non bruciare né patir danno, ma verdeggiare e fiorire magnificamente; nella torre inespugnabile per qualsiasi nemico, dalla quale pendono mille scudi e l’intera armatura del forte eroe; nel giardino chiuso che non è violabile o devastabile per nessun artificio d’inganno; nella fulgente città di Dio che rifulge di divino splendore ed è colma delle magnificenze del Signore e, infine, in numerose altre figurazioni del genere, le quali, secondo la dottrina dei Padri, preannunciano l’eccelsa dignità della Madre di Dio, la sua illibata innocenza, la sua santità immune da qualsiasi macchia» (10).

Tra tutti i simboli mariani dell’Antico Testamento, però, certamente primeggia quello dell’Arca dell’Alleanza. Anche la Liturgia rinnovata del Vaticano II si serve della lettura sull’Arca dell'Alleanza per la solennità dell’Assunzione di Maria SS. in anima e corpo al cielo. Il popolo cristiano, del resto, da secoli venera Maria quale Foederis Arca (Arca dell'Alleanza) nelle Litanie Lauretane.

«I punti di contatto fra l'Arca e Maria - scrive il Bressan - sono non soltanto verbali e il confronto va, anzi, a tutto vantaggio di Maria (è un caso, cioè, di estensione del senso letterale)» (11).
L'Arca, infatti, era il luogo per eccellenza della Presenza di Dio. Addirittura gli ebrei finivano col considerarla Dio stesso (Nm 10, 35), e la presenza di Dio era vista tra i cherubini posti al di sopra dell'Arca.
Ma l'Arca era solo un simbolo. Maria, invece, è la realtà. In lei Dio si è fatto realmente presente, fino al punto di diventare suo Figlio. E proprio «questa presenza di Cristo, Uomo-Dio, in Maria — rileva il Crocetti — ha portato i primissimi cristiani a considerare Maria quale Arca della nuova Alleanza. Infatti il Vangelo dell’infanzia di Luca (1,39-44) applica a Maria quanto Il Sam 6,2-11 diceva dell'arca: si confrontino, per es., II Sam 6,9 con Luca 1,43, Il Sam 6,11 con Luca 1,56 (12).
In Maria assunta in cielo, infine, si realizza, in splendore di gloria, l’incorruttibilità dell’Arca, perenne dimora di Dio. 

 

Altri passi mariologici

È bene, qui, accennare ad altri passi dell'Antico Testamento interpretati in senso mariologico, anche se con minore incidenza di contenuto e di significato rispetto ai testi principali.
Più importanti fra tutti sono certamente i testi di Isaia sulla verga della radice di lesse (11,1) e di Geremia sulla donna che circonderà l'uomo (31, 22).
Ambedue i testi sono stati interpretati in senso mariologico da un discreto numero di SS. Padri e di esegeti cattolici, che hanno intravisto Maria sia nella «radice di lesse» da cui è germogliato il Messia, sia nella «donna che circonderà l’uomo», ossia che porterà il Messia nel suo grembo verginale. Sembra certo, tuttavia, che il senso mariano di tali passi biblici sia solo implicito (13).

Altro testo significativo è quello dei Proverbi sulla «donna forte», interpretato in senso mariologico per la descrizione suggestiva e radiosa della donna ricca di tante virtù, riflesse in Maria in grado eminente impareggiabile (14).

Inoltre, tra le figure di Maria nel Vecchio Testamento, non si può far cadere il ricordo della mamma di Giacobbe, Rebecca, che per qualche aspetto anche drammatico ha ben raffigurato la Mamma di Gesù (15). E con lei vanno ricordate Rachele, la sposa di Giacobbe (16); Ruth, la dolce moabita” (17); Anna, le madre di Samuele (18); Giaele, che trafisse il capo di Sisara (19); Abigail detta «prudentissima e bella» (20).

Un capitolo a parte, poi, meriterebbero i Salmi per la presenza dei riferimenti a Maria SS., dei quali ha conservato tracce significative anche l'attuale Liturgia rinnovata.
Basti qui dire che, fin dai primi secoli, i Padri Greci (21) e i Padri Latini (22) hanno trovato nel Salterio filoni espressivi di contenuto mariologico, specialmente in alcuni Salmi o versetti specifici (23), molto efficaci ad alimentare, sin da allora, il culto e la pietà mariana nei fedeli.

Il P. Calabuig, infatti, nel suo studio sui Padri Latini del II-VI secolo, ha potuto scrivere che le interpretazioni mariologiche fatte dai SS. Padri «spesso assumevano carattere cultuale e per la forma (omelie, testi eucologici) e per il contenuto (espressioni di lode e di ammirazione per Maria, esortazioni ad imitarla...)», e conclude dicendo che «la paziente opera di riferimento dei ’versetti mariologici’ del Salterio è senza dubbio uno dei contributi più importanti che i Padri hanno dato allo sviluppo della pietà mariana» (24).

Incoronazione della Vergine (Pomponio Amalteo)

Tra i molti simboli mariani dell’Antico Testamento, infine, è giusto ricordarne alcuni altri più espressivi della persona e della missione di Maria SS. nella storia salvifica del genere umano. 
Sono simboli di cui la Tradizione, la Liturgia e l'Arte sacra si sono servite qua e là, chi più chi meno, con insistenza e continuità, per illustrare la realtà ineffabile di Maria SS. Ne ricordiamo alcuni.

Il Paradiso terrestre, simbolo di Maria che, «piena dì grazia» (Lc 1,28), fu realmente il Paradiso terrestre del nuovo Adamo, Gesù (25).

La colomba con l’olivo simboleggia graziosamente Maria che porta al mondo, tormentato dal peccato, l'ulivo della pace, ossia Gesù, il «Principe della pace» (Is 9,6) (26).

L'arcobaleno è il segno della fine della tempesta, e simboleggia Maria che segna la fine del peccato e l'inizio dell'era della redenzione per tutto il genere umano (27).

Il roveto ardente simboleggia Maria che nel suo seno vergine — simile al roveto ardente che non si consumò — portò Dio incarnato, conservando integra e immacolata la sua verginità (28).

La verga di Aronne fiorì senza il concorso degli elementi naturali, e simboleggia la verginità di Maria, che fu feconda senza il concorso umano e rimase sempre integra, pur concependo e partorendo Gesù, «giglio delle convalli» (Ct 2,1) (29).

La nube, che portò l'acqua salutare nella Samaria inaridita, simboleggia Maria che portò la sorgente della grazia redentrice, il Verbo Incarnato, per ridonare la vita al deserto del mondo (30).

Altri simboli di Maria SS., inoltre, sono il candelabro d'oro (Es. 25, 31-40), il vello di Gedeone (Gdc 6, 36-40), la torre di David (2 Sam 5, 17), il trono di Salomone (1 Re 10, 18-20) (31).

Infine, bisogna tener conto anche del ricco e suggestivo simbolismo mariano contenuto nei Salmi, a proposito dei quali anche il P. Calabuig ha scritto che «i vocaboli usati nei versetti mariani e le immagini contenute in essi contribuiranno ad arricchire la terminologia eucologica e il simbolismo mariano (terra, nubis, thalamus, sol, tabernaculum, civitas, convallis, aula, sedes, virga...) della liturgia, della letteratura e dell’arte» (32). E più recentemente lo stesso autore ha potuto parlare di un «patrimonio di interpretazioni mariologiche del salterio» che resta «tuttora vigente nella liturgia romana» (33), e, possiamo aggiungere, nella pastorale di notevoli fasce ecclesiali.

In conclusione, considerando l'immenso mosaico mariano che ci viene offerto dal Vecchio Testamento, così ricco di profezie, di figure e di simboli che parlano di Maria SS. preannunciandola, prefigurandola e simboleggiandola, possiamo ripetere anche noi con il P. Roschini: «Queste le principali figure e i principali simboli di Maria. Belle le profezie che l'hanno annunziata. Magnifiche le figure che l’hanno prefigurata. Attraenti i simboli che l’hanno adombrata, Ma la realtà è incomparabilmente più bella, più magnifica, più attraente. È come il sole che fa svanire i pallidi e indecisi chiarori dell’alba» (34).

Padre Stefano M. Manelli
Mariologia biblica (pag 51-64)



(1) Anche riguardo alle figure e ai simboli mariani va detto che il «sensus fidei» della tradizione, della liturgia e dell’arte, ci garantisce un’interpretazione mariologica che sta ben al di sopra della sola e pia accomodazione. «Data la frequenza dei simboli e delle figure mariane nella liturgia, nell’uso degli scrittori ecclesiastici e dei Santi Padri — scrive il P. Pietrafesa — è lecito indagare se tali simboli o figure mariane siano qualcosa di più che semplici accomodazioni estensive. Ebbene, se si considera che la Chiesa nella Liturgia è guidata dallo Spirito Santo, non pare esatto bollare le applicazioni mariane liturgiche come pie accomodazioni: è meglio denominarle simboli o figure, in mancanza di termini migliori» (P. PIETRAFESA CSSR, op. cit., p. 72).

(2) Si veda il volume di T. Carizzi, La Madre di Dio nell’Antico Testamento, Cerreto Sannita 1958, vol. II, pp. 390, e il volume di L. CicnELLI OFM, Maria nuova Eva, Assisi 1966.

(3) Cfr. Gn 11,29-30; 17,19; 18,9-15; 26, 24.

(4) Cfr. T. CARIZZI, La Madre di Dio nell'Antico Testamento, vol. II, pp. 9-96; TH. KAYLAPARAMBIL, Figures and Simbols of Mary in the Old Testament, in Biblehas 3 (1977) 247-8

(5) Cfr. Es 15,20-21; Mt 6,4.

(6) D. RUOTOLO, Maria... chi mai sei tu?, Napoli 1975, p. 82. Cfr. pure R. Le Deaut, Miryam soeur de Moise, et Marie, mère du Messie, in Biblica 45 (1964) 198-219.

(7) Cfr. Gdc 4,4-24; 5. Cfr. D. RUOTOLO, op. cit., pp. 93-7.

(8) Cfr. Gdt, cc. 8-16. Cfr. pure E. HAAG, Epistola (jdt 13, 22-25; 15,10), Judit como de Maria, in Asuncion de Maria a los cielos, 15 de agosto, Salamanca, Signeme 1967, pp. 39-49; J. ALONSO SS., Sentido mariológico del libro de Judit, in Cultura Biblica 16 (1959) 93-96; T. CARIZZI, op. cit., vol. I, pp. 91-224.

(9) Cfr. Est 2,1-18; 4,1-17; 5,1a-8; 7,1-10. Cfr. pure R. A. KNOX, Ester and our Lady, Dayton, Ohio, s.d.; T. CARIZZI, op. cit., vol. IV, pp. 95-300.

(10) «Ineffabilis Deus».Il Papa Pio IX cita ancora altre immagini bibliche riferite a Maria SS.: giglio tra le spine; terra assolutamente intatta; giardino ordinatissimo, splendido, legno incorruttibile, scrigno dell'immortalità... (cfr. ivi p. 47-48.)

(11) G. BRESSAN, L'arca nel tempio di Dio, in La parola per l'assemblea festiva (1972) n. 63, p. 65.

(12) G. Crocetti, La festa dell'Arca dell'Alleanza, in La parola per l'assemblea festiva (1972) n. 65, p. 73.
"Davide in quel giorno ebbe paura del Signore e disse: «Come potrà venire da me l'arca del Signore?»" (2 Sam 6,9) -> "A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?" (Lc 1,43)
"L'arca del Signore rimase tre mesi in casa di Obed-Edom di Gat e il Signore benedisse Obed-Edom e tutta la sua casa." (2 Sam 6,11) -> "Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua." (Lc 1,56).

(13) Cfr. G. ROSCHIN OSM, La Madonna, Roma 1953, 11, pp. 80-83, 85-88; D. SQUILLACI, La Vergine Madre del Messia in Geremia 31,22, in Palestra del Clero 38 (1959) 456-60; D. BERTETTO SDB, La Madonna oggi, Roma 1975, p. 70. Significativa è l’importanza data dall'arte sacra alla «verga della radice di lesse»: cfr. J. FOURNEE, Les thèmes iconographiques de l'immaculée Conception en Normandie, in Virgo Immaculata, Romae 1957, pp. 46-60. Riguardo al testo di Geremia (31, 22), il P. Boschi scrive che «S. Girolamo l'aveva inteso direttamente orientato al "Messianismo personale”, con la esplicita prefigurazione della concezione verginale di Maria, seguito in questo da Maestri come S. Bernardo, S. Tommaso, S. Bonaventura, e altri Autori moderni (Knabenbauer, Fillion, Roschini) »: art. cit., p. 23.

(14) Cfr. S. Det PARAMO SJ, La Santissima Virgen, la Mujer fuerte de los Proverbios, in Estudios Marianos 32 (1969) 109-124.

(15) Gn 24; 27. Cfr. D. RUOTOLO, op. cit., pp. 87-91; TH, KAYLAPARAMBIL, art. cit., pp. 248-9; D. BARSOTTI, Le donne dell'Alleanza, Torino 1967, pp. 27-34.

(16) Gn 29; 31; 35, 16-20. Cfr. T. CARIZZI, op. cit., vol. IV, pp. 9-92; TH. KAYLAPARAMBIL, art. cit., p. 249; D. BARSOTTI, op. cit., pp. 3541.

(17) Il libro di Ruth. Ved. pure C.M. GIMENEZ, La mujer en la Biblia. Transfondo de la Anunciaciòn a Maria en el libro de Ruth, in Cultura Biblica 25 (1968) 230-234.

(18) 1 Sam 1,2; 1,9-20; 2, 1-10. Cfr. TH. KAYLAPARAMBIL, art. cit., pp. 250-1; D. BARSOTTI, op. cit., pp. 89-96.

(19) Gdc 4, 17-20; 5, 24. Cfr. TH. KAYLAPARAMBIL, art. cit. p. 253.

(20) 1 Sam 25. Cfr. T. CARIZZI, op. cit., vol. I, pp. 9-87; D. RUOTOLO, op. cit., pp. 117-121; TH. KAYLAPARAMBIL, op. cit., pp. 253-4.

(21) Cfr. R. MASSON OP, L’interpretation mariale des psaumes chez les Grecs Pères, in De Primordiis cultus mariani, III, Romae 1970, pp. 242-262. L'autore conclude il suo studio dicendo che l'intepretazione mariologica dei Salmi da parte dei primi Padri Greci, anche se sobria, è tuttavia «significative si on la rapproche des ecrits marials des mémes Pères, beaucoup plus riches, et si on tient compte que les Psaumes lus à la lumière de la Christologie des Pères, ont de fait appelé la presence de la Mère du Sauveur » (pp. 259-260).

(22) Cfr. M. J. CALABUIG OSM, Repertorio di interpretazioni mariologiche del Salterio presso ì Padri Latini, in De primordiis cultus mariani, III, Romae 1970, pp. 263-290. Nella conclusione dello studio l’Autore rileva che «nei secoli II-VI il mistero di Maria occupa un posto notevole nella interpretazione cristiana del Salterio. I quasi settanta versetti "mariani” rilevati nel repertorio lo dimostrano» (p. 289).

(23) Cfr. M. F. MOOS OP, Pourquoi l'Eglise applique-t-elle certains psaumes à la Sainte Vierge?, in Vie Spirituelle 98 (1958) 186-208; L. HERRAN, Maria en el ambiente de los salmos, in Sal terrae 53 (1965) 483-504; A. PENA MARTINEZ, Interpretacion Mariana del Salmo XLIV, en la Tradicion Patristica Latina de los ocho primevos siglos, in Regina Mundi 29 (1969) 5-17; C. BISSOLI, Sta la regina alla tua destra, in La parola per l'assemblea festiva (1972) n. 63, pp. 106-116; R. CAVEDO, A. SERRA, E. M. PERETTO, I canti dell'umile serva. Salmi 44 (45), 84 (85), 95 (96), 112 (113), 131 (132), 146 (147); 1 Samuele 2; Giuditta 16; Luca 1,46-55, in Lezionario Mariano, Brescia 1975, pp. 174-213.

(24)Op. cit., pp. 289-290.

(25) Gn 2,8-14. Cfr. G. ROSCHINI, op. cit., pp. 129-130; TH. KAYLAPARAMBIL, arf. cit., p. 255.

(26) Gn 8,8ss. Cfr. G. ROSCHINI, op. cit., pp. 132-133; l'Autore si rifà al Marracci, il quale «ha raccolto circa 150 passi dei Padri e Scrittori ecclesiastici sul titolo di Colomba riferito a Maria» (p. 131, n. 1). Cfr. pure T. CARIZZI, op. cif., vol. V, pp. 19-26; TH. KAYLAPARAMBIL, art. cit., p. 255.

(27) Gn 9,11-17. Cfr. G. ROSCHINI, op. cit., pp. 134-135; T. CARIZZI, o.c., pp. 27-34.

(28) Es 3,1-11. Cfr. L. CUBILLO OSA. Figuras Marianas en el Antiguo Testamento. La zarza ardiente (Ex 3,3 sg), in Cultura Biblica 11 (1954) 271-274; T. CARIZZI, o.c., pp. 47-58.

(29) Nm 9, 16-24. Cfr. G. ROSCHINI, op. cit., pp. 141-142; T. CARIZZI, o.c., pp. 75-84.

(30) I Re 18, 42-45, Cfr. G. ROSCHINI, op cit., pp. 143-144.

(31) Per questi e per altri simboli, cfr. T. CARIZZI, op. cit., vol. V, passim; TH. KAYLAPARAMBIL, art. cit., pp. 255-258; J. CALABUIG, Liturgia, in Nuovo Dizionario di Mariologia (a cura di S. De Fiores e S. Meo), Roma 1985, pp. 775 ss.

(32) J.M. CALABUIG OSM, Repertorio di interpretazioni mariologiche del Salterio presso i Padri Latini, in De primordiis cultus mariani, III, Romae 1970, p. 290.

(33) J. M. CALABUIG OSM, Liturgia, in Nuovo Dizionario di Mariologia (a cura di S. DE FIOREs e S. MEO), Roma 1985, pp. 773-775.

(34) G. ROSCHINI OSM, op. cit. p. 147.