venerdì 31 maggio 2024

La Messa è un sacrificio. Da: "La Messa cattolica. Passi per ripristinare la centralità di Dio nella liturgia" Athanasius Schneider - Prima parte

La santa Messa è il Sacramentum Crucis, questa è la definizione essenziale della Messa. 
Se la santa Messa è il Sacramentum Crucis, dobbiamo vedere cosa è il sacramento. 
 
 

Il sacramento è un segno percepibile ai sensi che indica, e produce indicando, la realtà a cui si riferisce. In questo modo, le due specie separate, pane e vino, indicano la realtà della separazione del Corpo e del Sangue di Cristo sulla Croce, cioè indicano la realtà dell'atto del sacrificio della Croce. Indicando questa realtà, i segni sacramentali producono – come dicono i teologi – questa realtà in modo sacramentale. 

La santa Messa è la forma sacramentale del sacrificio del Golgota. Possiamo anche dire che la santa Messa è la presenza reale del sacrificio del Golgota, la presenza reale del corpo immolato e del sangue versato di Cristo
Questo atto di sacrificio è il più grande atto avvenuto e che mai avverrà nella storia umana. Il sacrificio, in senso biblico, è l'atto più grande di amore e questo atto è stato fatto non semplicemente da un uomo, ma dal Dio-uomo. 

A causa dell'unione ipostatica, questo atto del sacrificio della Croce, un atto primariamente interiore, ma allo stesso tempo anche un atto visibile, è stato compiuto dalla seconda persona della Santissima Trinità, questo atto va ascritto alla persona e non alla natura, e quindi ascritto alla persona Divina di Gesù Cristo. 

L’atto del sacrificio di Cristo sulla Croce è stato un atto divino e umano. Come insegna il Concilio di Calcedonia, le due nature in Cristo, la natura divina e umana sono unite senza confusione delle nature, senza la mutazione delle nature, senza la divisione delle nature e senza la separazione delle nature. L’atto di sacrificio sulla Croce è primariamente la più alta espressione dell'amore del Figlio di Dio incarnato, Cristo, al Padre e allo stesso tempo è la più alta espressione dell'amore di Cristo Redentore per noi uomini. 

Si potrebbe dire che il sacrificio della Croce è una liturgia divina, come dice la Lettera agli Ebrei (9, 14): "Quanto più il sangue di Cristo, che per lo Spirito Santo offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, per servire il Dio vivente?". In questo sacrificio, tutte e tre le persone della Santissima Trinità erano in qualche modo impegnate. La santa Messa è lo stesso sacrificio divino-umano di Cristo, coinvolgendo, però, la Chiesa “hic et nunc”, cioè in questo concreto luogo e tempo, per dare a tutti i membri del Corpo Mistico di Cristo la possibilità di partecipare in modo sacramentale, ma reale, e in questo unico, al sempre-attuale ed eterno atto di offerta d’amore sacrificale del Dio incarnato. 

San Giovanni Crisostomo, il dottore eucaristico, ci lasciò questa spiegazione di profondo senso spirituale e teologico sull’identità tra il sacrificio della Croce e della santa Messa

Cristo si è offerto una volta e per sempre ... Ma non lo offriamo tutti i giorni? Sì, offriamo, ma per commemorare la morte di Cristo. È unico, non multiplo. In effetti, è stato offerto solo una volta. Il sommo sacerdote entrava nel Sancta Sanctorum una volta all'anno: lì c'è una figura, con ciò che le corrisponde. È la stessa vittima che offriamo sempre, non oggi una pecora e domani un'altra; ma sempre la stessa vittima. Ecco perché il sacrificio è uno. Se Cristo è offerto in più luoghi, significa che ci sono diversi Cristi? No, l'unico Cristo è ovunque, è intero qua e là, ha un corpo unico. E poiché quello offerto in più luoghi è un corpo e non più corpi, così il sacrificio è unico. Il nostro Pontefice ha offerto il sacrificio che ci purifica. E ora offriamo ancora lo stesso sacrificio che veniva offerto una volta e che non può essere distrutto. Lo facciamo in memoria di quanto è stato fatto. Non offriamo un altro sacrificio, come ha fatto il sommo sacerdote (dell’antica Legge), ma sempre lo stesso; o meglio, è una commemorazione del sacrificio che facciamo” (In Epist. ad Hebr., hom.17, 3). 

San Leonardo da Porto Maurizio diceva che la santa Messa 

non solo è copia, ma è l’originale medesimo del sacrificio della Croce: molto di più lo rivela l’aver per sacerdote un Dio fatto uomo. … Ecco il rilievo meraviglioso, che per tutte e tre queste considerazioni fa la santa Messa: il sacerdote che offre è un uomo Dio, Cristo Gesù; la vittima è la vita di un Dio; né ad altri si offre, che a Dio” (Il Tesoro nascosto. Ovvero pregi ed eccellenze della santa Messa con un modo pratico e devoto per ascoltarla con frutto, Frigento 2011, pp. 14-15). 

San Tommaso d’Aquino ha formulato la verità del carattere sacrificale del sacramento eucaristico in modo preciso con queste parole: 

Essendo il sacramento della Passione del Signore, l’Eucaristia contiene in se stessa Cristo che ha sofferto. Questa è la ragione per cui l’effetto della Passione del Signore è anche l’effetto di questo sacramento. Questo sacramento non è altra cosa che l’applicazione della Passione del Signore per noi” (Commento al vangelo di san Giovanni 6, 52). 

Il vescovo Bossuet, considerando le obiezioni dei Protestanti, ribadiva la verità dell’unicità e perfezione del sacrificio della Croce e della sua celebrazione sacramentale nella santa Messa, dicendo: 

Non è quindi qui, come vi hanno fatto credere i vostri ministri (Protestanti), un supplemento al sacrificio della Croce; non ne è una reiterazione, come se fosse imperfetta. Al contrario, supponendo che sia molto perfetto, è un'applicazione perpetua simile a quella che Gesù Cristo ne fa ogni giorno in cielo agli occhi del Padre, o meglio ne è una continua celebrazione: non stupitevi se lo chiamiamo in un certo senso sacrificio di redenzione, secondo questa preghiera che vi facciamo: concedici, o Signore, di celebrare questi misteri in santità; perché ogni volta che commemoriamo questa ostia, esercitiamo l'opera di redenzione (Secreta della nona domenica dopo la Pentecoste); vale a dire che applicandolo lo continuiamo e lo consumiamo” (Explication de quelques difficultéssur les prières de la Messea un nouveau catholique. Oeuvres de Bossuet. Tome XIII, Besançon 1841, p. 52). 

Il Magistero della Chiesa ci insegna in modo chiaro e sicuro la verità sul carattere essenzialmente sacrificale della santa Messa e sull’identità tra il sacrificio della Croce e quello della santa Messa. 
Il Concilio di Trento diceva: 
Si tratta infatti di una sola e identica vittima e lo stesso Gesù la offre ora per il ministero dei sacerdoti, egli che un giorno offrì se stesso sulla croce: diverso è solo il modo di offrirsi” (Sess. XXII, Doctrina de ss. Missae sacrificio, cap. 2). 
La Messa è la viva rappresentazione del sacrificio della Croce, come diceva san Tommaso d’Aquino: “Celebratio autem huius sacramenti . . . imago quaedam est repraesentativa passionis Christi quae est vera eius immmolatio” (S. th., III, q. 83, a. 1, ad 2). 
 
Papa Pio XII spiega il significato corretto di ciò che significa la “commemorazione” del sacrificio della Croce nella Messa: 
L'augusto sacrificio dell'altare non è, dunque, una pura e semplice commemorazione della passione e morte di Gesù Cristo, ma è un vero e proprio sacrificio, nel quale, immolandosi incruentamente, il Sommo Sacerdote fa ciò che fece una volta sulla Croce offrendo al Padre tutto se stesso, vittima graditissima” (Enciclica Mediator Dei).

 Nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia di papa Giovanni Paolo II leggiamo la seguente ammirabile spiegazione: 

La Chiesa vive continuamente del sacrificio redentore, e ad esso accede non soltanto per mezzo di un ricordo pieno di fede, ma anche in un contatto attuale, poiché questo sacrificio ritorna presente, perpetuandosi sacramentalmente, in ogni comunità che lo offre per mano del ministro consacrato. In questo modo l'Eucaristia applica agli uomini d'oggi la riconciliazione ottenuta una volta per tutte da Cristo per l'umanità di ogni tempo. In effetti, «il sacrificio di Cristo e il sacrificio dell'Eucaristia sono un unico sacrificio» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1367). Lo diceva efficacemente già san Giovanni Crisostomo: «Noi offriamo sempre il medesimo Agnello, e non oggi uno e domani un altro, ma sempre lo stesso. Per questa ragione il sacrificio è sempre uno solo. [...] Anche ora noi offriamo quella vittima, che allora fu offerta e che mai si consumerà» (Omelie sulla Lettera agli Ebrei, 17, 3). La Messa rende presente il sacrificiodella Croce, non vi si aggiunge e non lo moltiplica. Quello che si ripete è la celebrazione memoriale, l'«ostensione memoriale» (memorialis demonstratio: Pio XII, Lett. enc. Mediator Dei) di esso, per cui l'unico e definitivo sacrificio redentore di Cristo si rende sempre attuale nel tempo. La natura sacrificale del Mistero eucaristico non può essere, pertanto, intesa come qualcosa a sé stante, indipendentemente dalla Croce o con un riferimento solo indiretto al sacrificio del Calvario” (n. 12). 

Il grande teologo Romano Mons. Antonio Piolanti ha riassunto la verità del carattere sacrificale della santa Messa con l’espressione “altare plenitudo Crucis”, spiegando: 

In un candido disco di pane azimo e in una gemma di vino è racchiuso il mistero della Croce. L’unico sacrificiodella Redenzione nel molteplice rito della Messa si dilata, ma non si moltiplica, si effonde, ma non si disperde, e a contatto con il multiplo non si disgrega, ma aggrega, reso coestensivo a tutti i tempi e a tutti i luoghi, li unifica. La Messa è il prolungamento, il pleroma della Croce: Altare plenitudo Crucis: è la Croce, che s’avanza nei secoli: Fulget crucis mysterium” (Il Mistero Eucaristico, Firenze 1955, p. 373).

 L’essenza del Sacrificio della Messa sta nell’oblazione interna ed esterna del Corpo e del Sangue di Cristo, congiunta all’immolazione mistica, fatta a nome di Cristo dai suoi ministri, i sacerdoti. 
 
Papa Pio XII così spiegò questa verità: 
Il Sacrificio Eucaristico consiste essenzialmente nella immolazione incruenta della Vittima divina, immolazione che è misticamente manifestata dalla separazione delle sacre specie e dalla loro oblazione fatta all'Eterno Padre” (Enciclica Mediator Dei). 
 
Bossuet ci ha lasciato la seguente mirabile e precisa spiegazione: 
Hoc est corpus, quod pro vobis datur; in S. Luca conserva il tempo presente, affinchécomprendessimo, non solamente che Gesù Cristo dicendo: Questo è il mio Corpo, intendeva parlare di quello stesso Corpo che egli era in procinto di dare per noi; ma altresì ch’egli intendeva di dire che quel medesimo Corpo, che stava per essere offerto e dato per noi, lo era già in anticipo della consacrazione eucaristica, e lo sarà ogni qualvolta verrà celebrato questo sacrificio. Crediamo dunque, non soltanto che il Corpo di Gesù Cristo doveva essere dato per noi sulla Croce, e lo è stato fatto; ma anche, che ogni qualvolta si pronunziano queste parole, in virtù di queste parole esso è dato attualmente per noi. (…) Gesù è morto una volta, e non ha potuto essere offerto che una sola volta in tal modo. Ma ciò che egli ha fatto una volta in tal modo, offrendosi, cioè, tutto insanguinato e tutto coperto di piaghe, e dando la sua Anima con tutto il suo Sangue, egli lo continua tutti i giorni in un modo nuovo nel cielo(…) e nella sua Chiesa, dove tutti i giorni egli si rende presente sotto le apparenze della morte(…) Eccolo là dunque; egli è presente; le parole hanno avuto il loro effetto; ecco Gesù ugualmente presente come lo è stato sulla Croce, dove egli apparve per noi con l’oblazione di se stesso, ugualmente presente com’è nel cielo, dove egli compare ancora per noi dinanzi al volto di Dio. Questa consacrazione, questa sacra cerimonia, questo culto pieno di Sangue, e tuttavia non sanguinoso, dove la morte è dappertutto, e dove nondimeno l’Ostia è vivente, è il vero culto dei cristiani, sensibile e spirituale, semplice ed augusto, umile e magnifico ad un tempo” (Méditations sur l´Evangile, Paris 1839, pp. 641-642). 
Il sacrificio della Croce ci parla dell'amore più fecondo, i suoi frutti sono infiniti, perché compiuti da una Persona divina. Nella santa Messa Cristo è il principale attuale offerente, che continua ad offrirsi internamente con quel medesimo atto, col quale Egli si offrì sulla Croce, come lo spiegò R. Garrigou-Lagrange: “Questa volizione ed offerta, come la visione beatifica e l’amore beatifico, perdura in Cristo attuale senza interruzione, e perciò senza moltiplicazione di atti” (De Eucharistia, Roma 1943, p. 297). 
 
Questi frutti del sacrificio della Croce si applicano per tutti i nostri bisogni, in primo luogo per la purificazione e santificazione della nostra anima. Il frutto, però, più bello è la sacra Comunione. Dall’albero della croce noi cogliamo il frutto più bello, più vivificante, il frutto eterno che è il Corpo immolato e il Sangue versato di Cristo, offerti a noi come nostro vero alimento spirituale e come medicina dell’immortalità, pegno della nostra risurrezione. 
La sacra Comunione ci fa vedere la connessione intima tra sacrificio e banchetto. Tutti i fedeli sono chiamati ad unirsi all’atto di oblazione di Cristo Sommo ed Eterno Sacerdote, il quale agisce per mezzo dei suoi sacerdoti. 
Papa Pio XII sintetizzò mirabilmente questa verità con le seguenti parole: 
 
Gesù Cristo, infatti, volle che questa mirabile unione, mai abbastanza lodata, per la quale veniamo congiunti tra di noi e col divino nostro Capo, si manifestasse ai credenti in modo speciale per mezzo del Sacrificio Eucaristico. In esso, infatti, i ministri dei Sacramenti non solo rappresentano il Salvatore nostro, ma anche tutto il corpo mistico e i singoli fedeli; in esso i fedeli, uniti al sacerdote nei voti e nelle preghiere comuni, per le mani dello stesso sacerdote offrono all’Eterno Padre, quale ostia graditissima di lode e di propiziazione per i bisogni di tutta la Chiesa, l’Agnello immacolato, dalla voce del solo sacerdote reso presente sull’altare.E come il divin Redentore, morendo in Croce, offrì all’eterno Padre Se stesso quale Capo di tutto il genere umano, così "in questa oblazione pura" (Mal. I, 11), non offre quale Capo della Chiesa soltanto se stesso, ma in se stesso offre anche le sue mistiche membra, poiché egli nel suo Cuore amantissimo tutte le racchiude, anche se deboli e inferme” (Enciclica Mystici Corporis). 
Molti si sorprendono sul fatto che Dio amore ha bisogno di un sacrificio per la nostra redenzione, un'idea che ad alcuni ai nostri tempi ripugna. La Sacra Scrittura dice: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv 3, 16). Dare qualcosa di sé è già un sacrificio e questa è una cosa buona. Uno che non da se stesso è un'egoista che è il contrario dell'amore autentico. 
Quindi il sacrificio, l’auto-oblazione, è necessario per esprimere l'amore autentico. Dio non ha risparmiato il proprio Figlio, come ci dice san Paolo: “Dio non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi” (Rm. 8, 32). Dare qualcosa per un giusto è già buono, ma dare qualcosa per gli indegni, i peccatori è il più alto segno dell'amore disinteressato, come scrive san Paolo: “Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Rm. 5, 8). 
 
San Tommaso d’Aquino dice: 
Che Cristo abbia patito volontariamente fu un bene così grande, che per codesto bene riscontrato nella natura umana Dio si è placato per tutte le offese ricevute dal genere umano, rispetto a quanti sono uniti al Cristo sofferente. (…) La Passione di Cristo ebbe maggiore efficacia nel riconciliare Dio con tutto il genere umano, di quanto l'ebbe nell'eccitarne lo sdegno” (S. th., III, 49, 4, c; ad 3). “Poiché il peccato commesso contro Dio acquista una certa infinità dalla infinità della maestà divina: l'offesa infatti è tanto più grande, quanto più grande è la persona verso cui si manca; era necessario per una soddisfazione adeguata che l'azione del riparatore avesse un'efficacia infinita, quale è appunto l'azione di un uomo-Dio” (S. th., III, 1, 2, ad 2). 
Noi uomini, feriti dal peccato originale, siamo piagati dall'egoismo, che è alla radice di tutti i peccati. Per sanare questo, Dio ci ha rivelato che cosa è l'amore. Ha dato il massimo di ciò che poteva, il suo proprio Figlio. Lo stesso Signore ha detto: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Gv 15, 13). Queste parole divine ci spiegano cosa è l'amore. Da un punto di vista semplicemente naturale ci è difficile capire cosa è l'amore nella sua pienezza. A questo livello naturale avremmo sempre un concetto deficitario dell'amore, ecco perché abbiamo bisogno della rivelazione divina, che ci dimostra in che consiste l’amore autentico. 
 
Poi c'è l'aspetto della misericordia. L'amore di Dio rivelato è essenzialmente un amore misericordioso. Nel suo amore misericordioso il Dio incarnato offre per noi la Sua vita umana, fino all'ultima goccia del Suo sangue. In questo sacrificio di amore, la natura umana di Cristo è pienamente coinvolta in modo che Egli anche con la Sua volontà umana consente amorosamente al sacrificio della Sua vita umana sulla Croce, come si vede nella Sua preghiera nell’orto di Getsemani. Con questo Suo amore misericordioso Cristo sana le ferite del nostro amor proprio. Egli ci ha fatto capaci di attingere alla nostra felicità più alta, tutta la nostra vita cristiana consiste in questo: raggiungere quell'amore che Dio stesso ci ha insegnato, perché nell'eternità la nostra partecipazione nell’amore Divino ci darà la felicità eterna, la beatitudine eterna, la visio beatifica, la visione e fruizione dell’amore Divino. 
Facciamo un esempio: è accaduto che una mamma, durante il parto, dovendo scegliere tra la vita del figlio e la sua (per ragioni mediche), sceglie di morire per far vivere il figlio. Ecco, questo amore è uno degli esempi più alti dell'amore, dopo quello divino. L'amore materno ci dà già un esempio a livello naturale di questo grande amore Divino. Il profeta Isaia (49, 15) dice: "Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai". Quindi, l’umano amore materno ha la sua radice e il suo sublime esempio nell’amore che Dio ha per gli uomini.

 (Qui la seconda parte)

(da "La Messa cattolica. Passi per ripristinare la centralità di Dio nella liturgia " di Athanasius Schneider
Capitolo IV "La Messa è un Sacrificio" - prima parte)