giovedì 30 maggio 2024

La festività del Corpus Domini e il dogma della Transustanziazione

 

Correva l'anno 1264. Il Papa Urbano IV aveva fatto convocare una selezionata assemblea che riuniva i più famosi maestri di Teologia di quel tempo. Tra questi si trovavano due uomini noti non soltanto per la brillante intelligenza e purezza della dottrina ma, soprattutto, per l'eroicità delle loro virtù: San Tommaso d'Aquino e San Bonaventura.
Gonfalone del Corpus Domini di Raffaello
La ragione di questa convocazione era collegata ad una recente bolla Pontificia che istituiva una festa annuale in onore del Santissimo Corpo di Cristo. Al fine di ottenere il massimo splendore per questa commemorazione, Urbano IV desiderava che fosse composto un Ufficio, da utilizzare unicamente nella Messa cantata in occasione di quella solennità, sollecitando ad ognuna di quelle dotte personalità una composizione che doveva essergli presentata entro pochi giorni, in modo da scegliere la migliore.
Celebre divenne l'episodio avvenuto durante la sessione. Il primo ad esporre fu Fra' Tommaso. Con serenità e calma, srotolò una pergamena e i presenti ascoltarono la declamazione della Sequenza da lui composta:
Lauda Sion Salvatorem, lauda ducem et pastorem in hymnis et canticis (Loda, Sion, il Salvatore, la tua guida, il tuo pastore con inni e cantici)…

Stupore generale.

Fra' Tommaso concluse: …tuos ibi commensales, cohæredes et sodales, fac sanctorum civium (accoglici in Cielo, alla Tua mensa, e rendici coeredi in compagnia di coloro che abitano la Città Santa).
Fra' Bonaventura, degno figlio del Poverello, cancellò senza indugio la propria composizione e gli altri lo imitarono, rendendo tributo al genio e alla devozione dell'Aquinate. La posterità non conobbe le altre opere, senza dubbio anch'esse sublimi, ma immortalò il gesto dei suoi autori, vero monumento di umiltà e di poche pretese.
La festa liturgica del Corpus Domini ha origine a metà del 1200 quando, mentre i movimenti evangelici che nascevano nel laicato del nord d'Italia e del sud della Francia, come gli albigesi, negavano che l'Eucaristia fosse un sacramento, i movimenti popolari dei paesi del nord Europa, soprattutto in Belgio, propugnavano un'intensa devozione per l'ostia consacrata.
 
Si era diffusa l'usanza di conservare il Santissimo nel tabernacolo, di esporre l'ostia in un ostensorio posto sull'altare, qualche volta anche durante la Messa, di suonare un campanello al momento dell'elevazione affinché tutti i fedeli contemplassero l'Eucaristia e di impartire la benedizione col Santissimo Sacramento. La devozione per il «Corpo del Signore» divenne così intensa che nell'estate del 1246, a Liegi il vescovo ne autorizzò il culto legandolo anche a una speciale festività, da celebrarsi il primo giovedì successivo alla domenica dopo Pentecoste, festa della Santissima Trinità.

La Santa Sede ricevette numerose petizioni perché la festa del Corpus Domini fosse estesa a tutta la Chiesa, ma, pur essendo al corrente dell'esistenza del movimento eucaristico belga, papa Urbano IV e i suoi predecessori non si mossero finché la gente in Italia non ebbe il suo miracolo, il famoso «miracolo di Bolsena», che ne destò il fervore nei confronti del sacramento.

Miracolo eucaristico di Bolsena (Raffaello)
 
Il racconto più antico di questo miracolo è contenuto nella Chronica (III, tit. 19, cap. 13) di S. Antonino da Firenze († 1459). 
Secondo tale versione, un prete tedesco che si era recato in pellegrinaggio a Roma, stava celebrando la Messa nella chiesa di S. Cristina nella cittadina umbra di Bolsena; egli era assalito da gravi dubbi sulla transustanziazione del pane e del vino, che furono subito fugati alla visione del sangue che colava dalle specie consacrate e che imbeveva il corporale. 
Presto si sparse per tutto il villaggio la voce del miracolo e subito si formò una processione per portare il corporale macchiato di sangue a Urbano IV, che si trovava allora a Orvieto, a pochissima distanza da Bolsena. È opinione universale che risalga a quell'epoca la decisione di Urbano di estendere in tutto il mondo la festa del Corpus Domini.

Nella sua cronaca, pubblicata fra il 1312 e il 1317, Tolomeo fa un racconto molto chiaro e particolareggiato:
Per ordine dello stesso papa, fra Tommaso compose anche l'Ufficio per il Corpus Domini. (Egli) scrisse l'Ufficio per il Corpus Domini per intero, incluse le lezioni e tutte le parti da recitare di giorno o di notte; come anche la Messa e tutto ciò che in quel giorno si deve cantare. Il lettore attento si accorgerà che vi ricorrono tutte le figure simboliche dell'Antico Testamento, collegate in modo chiaro e appropriato al sacramento dell'Eucaristia.
Le antifone, le orazioni e la sequenza sono senz'altro ancora quelle originali. La sequenza della messa è veramente straordinaria, tanto da non poter neppure essere paragonabile con i canti o gli inni precedenti. Il canto del Lauda Sion è infatti notevole non solo per la poesia che lo pervade ma anche per il suo contenuto teologico; le singole strofe seguono da vicino la dottrina sull'eucaristia esposta da san Tommaso nella terza parte della Summa Theologiae.
La sequenza riecheggia antichi motivi, nessuno dei quali può però vantare la stessa bellezza e profondità.
 
Riportiamo di seguito la magnifica sequenza in traduzione italiana.
Sequenza del Corpus Domini
  1. Sion, loda il Salvatore, la tua guida, il tuo pastore con inni e cantici.
  2. Impegna tutto il tuo fervore: egli supera ogni lode, non vi è canto che sia degno.
  3. Pane vivo, che dà vita: questo è tema del tuo canto, oggetto della lode.
  4. *Veramente fu donato agli apostoli riuniti in fraterna e sacra cena.*
  5. Lode piena e risonante, gioia nobile e serena sgorghi oggi dallo spirito.
  6. Questa è la festa solenne nella quale celebriamo la prima sacra cena.
  7. È il banchetto del nuovo Re, nuova Pasqua, nuova legge; e l'antico è giunto a termine.
  8. *Cede al nuovo il rito antico, la realtà disperde l'ombra: luce, non più tenebra.*
  9. Cristo lascia in sua memoria ciò che ha fatto nella cena: noi lo rinnoviamo.
  10. Obbedienti al suo comando,consacriamo il pane e il vino, ostia di salvezza.
  11. *È certezza a noi cristiani: si trasforma il pane in carne, si fa sangue il vino.*
  12. *Tu non vedi, non comprendi, ma la fede ti conferma, oltre la natura.*
  13. *È un segno ciò che appare: nasconde nel mistero realtà sublimi.*
  14. *Mangi carne, bevi sangue; ma rimane Cristo intero in ciascuna specie.*
  15. *Chi ne mangia non lo spezza, né separa, né divide: intatto lo riceve.*
  16. *Siano uno, siano mille, ugualmente lo ricevono: mai è consumato.*
  17. Vanno i buoni, vanno gli empi; ma diversa ne è la sorte: vita o morte provoca.
  18. Vita ai buoni, morte agli empi: nella stessa comunione ben diverso è l’esito!
  19. *Quando spezzi il sacramento non temere, ma ricorda: Cristo è tanto in ogni parte,
  20. quanto nell’intero.*
  21. *È diviso solo il segno non si tocca la sostanza; nulla è diminuito della sua persona.*
  22. Ecco il pane degli angeli, pane dei pellegrini, vero pane dei figli: non dev’essere gettato.
  23. Con i simboli è annunziato, in Isacco dato a morte, nell'agnello della Pasqua, nella manna data ai padri.
  24. Buon pastore, vero pane, o Gesù, pietà di noi: nutrici e difendici, portaci ai beni eterni nella terra dei viventi.
  25. Tu che tutto sai e puoi, che ci nutri sulla terra, conduci i tuoi fratelli alla tavola del cielo nella gioia dei tuoi santi.

La traduzione italiana delle prime parole di questi versi è "È certezza a noi cristiani" ma l'originale latino recita "Dogma datur Christianis" perché ciò che si appresta a descrivere è il dogma eucaristico per antonomasia, il dogma della Transustanziazione, cioè che con la consacrazione eucaristica, la sostanza del pane e del vino si trasforma in Corpo e Sangue di Cristo mantenendo le apparenze e le caratteristiche esterne. Infatti il Santo Dottore scrive: "Tu non vedi, non comprendi, ma la fede ti conferma".

"Mangi carne, bevi sangue: ma rimane Cristo intero in ciascuna specie": Cristo è intero IN CIASCUNA SPECIE, non è necessario fare la comunione sotto ambedue le specie (eresia utraquista) quasi come se la particola consacrata non fosse Corpo e Sangue di Cristo.

L'inno Lauda Sion.