Perché oggi mancano miracoli, apostoli, profeti e maestri autentici e autorevoli
Mancano
in noi i miracoli perché non vi crediamo più, almeno praticamente;
mancano le profezie perché il nostro occhio è estremamente miope;
manca
la discrezione degli spiriti, perché la nostra stupida critica ci fa a
priori svalutare tutto quello che è soprannaturale.
Non abbiamo
apostoli, perché l’apostasia e il naturalismo ci hanno resi indifferenti
alla gioria di Dio e al bene delle anime;
non abbiamo profeti, ossia
uomini di straordinaria pietà o amore di Dio, perché si è raffreddata in
noi la carità;
non abbiamo veri maestri, come nei primi tempi della
Chiesa, ma poveri e gelati raffazzonatori di pensieri umani ed oziosi,
che infarciscono la mente di ricerche più o meno critiche e, più che
illuminarla, la oscurano nei sublimi campi della fede.
Non abbiamo forti
organizzatori del bene o persone di vero e saldo governo, perché siamo
disorientati dall’interesse materiale e dalla prudenza della carne.
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Masolino da Panicale, Guarigione dello storpio e la Resurrezione di Tabita Storie di San Pietro, 1424. Affresco. Firenze, Santa Maria del Carmine, Cappella Brancacci. |
Come potremmo guarire gli infermi, se
pei malanni abbiamo fiducia più in un povero medico, magari ateo ed
immorale, che nella grazia e nella misericordia di Dio?
Sono
dolorose verità queste, che non hanno bisogno di essere dimostrate,
perché si toccano con mano da tutti nell'ambiente della nostra vita
cristiana e civile.
È vero, Dio non manca mai nella Chiesa, e lo Spirito
Santo non cessa di formare in essa anche oggi i suoi santi e di
arricchirli a volte dei suoi particolari doni; ma è un fatto innegabile
che la nostra generazione, in ogni suo strato, preferisce una santità
normale, che più si avvicini alla vita ordinaria; ed è tanto contraria
alle manifestazioni straordinarie dello Spirito Santo, da perseguitare
nelle più spietate maniere quelli che ne sono arricchiti, fino a
considerarli come esseri pericolosi e stravaganti, fino a toglierli dal
sacro ministero o a tenerli d'occhio come vigilati speciali, fino a
colmarli di obbrobrio nella loro vita mortale, salvo poi fare ad essi
dei monumenti di gloria dopo la loro morte, più per orgoglio che per
glorificare in essi i doni di Dio, proprio come gli scribi e farisei
elevavano monumenti a quelli che in vita avevano lapidato.
La critica, causa della povertà dei doni soprannaturali
Anche
nel riconoscere la santità, lunghi anni dopo la morte dei santi, e
quando, si direbbe, la loro figura non dà più fastidio a questa stupida
generazione, noi abbiamo delle riserve, e vediamo affrettate le cause
dei santi che non hanno avuto doni straordinari nella loro vita, e
ritardate se non addirittura bocciate quelle di coloro che ne sono stati
ricchi.
Vediamo persino mutilate per il pubblico le vite di questi santi,
di modo che la loro vera e completa storia rimane di dominio privato di
poche persone, quasi potesse essere pericolosa. E così che noi abbiamo,
per esempio, una vita di san Giovanni Bosco per il pubblico e una vita più completa per i suoi religiosi; una vita del beato Antonio Maria Claret per il comune dei fedeli, e una vita particolare per i suoi figli.
Quando fu beatificata santa Gemma Galgani,
è un fatto storico, il promotore della fede mons. Traglia volle
togliere ad ogni costo dalla circolazione la vita di lei, stampata già
per la solenne circostanza, perché in qualche illustrazione si era dato
rilievo a qualche fatto straordinario.
Siamo costretti ad
accennare a questi fatti non per voler osare di fare appunti a chi sta a
capo della Chiesa, ma per mostrare in quale abisso siamo caduti, e come
è difficile, per non dire impossibile, che in questo ambiente di gelo,
di diffidenza e di miscredenza lo Spirito Santo possa effondersi nelle
anime con i suoi doni particolari.
Questo atteggiamento di criticismo e naturalismo dolorosamente lo abbiamo un po' tutti, ed è questa la ragione per la quale la santità prospera così poco nelle anime.
Non
vogliamo dire che la santità consista in questi doni gratis dati ma
vogliamo dire che l’animo, col suo atteggiamento di critica, pone
ostacolo alle effusioni della grazie, di qualunque natura esse siano, e
rimane tutta nel suo naturalismo, immeschinendosi nelle cose terrene.
Il
meditare fa un gran bene all'anima, ma il cavillare la essicca
miseramente. Quando essa cavilla e vuole ragionare su tutto a modo suo,
non sente più ragioni, non si lascia dirigere, crede infallibile il
proprio giudizio e si smarrisce miseramente nei suoi pensieri.
Se
umilmente crede, spera ed ama, vola nelle altezze celesti; se invece
vuol ragionare, diventa pessimista, e il suo cuore è totalmente incapace
di amare, perché è abbandonato alle proprie forze.
La fede è
per essa un’ala potente, la ragione cavillosa è appena un contorcimento
da rettile, che a mala pena rende possibile un povero spostamento sulla
medesima terra.
Questa una grande verità che dobbiamo scolpirci bene nell’anima se vogliamo veramente fare progresso nella via di Dio. Lo spirito moderno tenta di farci adulti, e questa supposta maturità non ci giova, perché sta scritto che se non ci facciamo come fanciulli non entriamo nel regno dei Cieli.
Noi
ci perdiamo miseramente appresso a quisquilie filologiche, per esempio,
nell’interpretare le Sacre Scritture, e non prestiamo a Dio l’orecchio
per ascoltare la sua Parola. Ci fermiamo su tante questioni accidentali
che a nulla giovano e che acuiscono il nostro spirito critico, invece di
raccoglierci con profonda umiltà innanzi a Dio, affinché Egli ci parli.
Troviamo da ridire su tutto, e siamo come quelli ricercati nei pranzi,
che non gustano nulla, e sono la disperazione di quelli che loro
preparano da mangiare.
Il proprio giudizio, falsa pista dello spirito
Non
c'è per noi un nemico più pericoloso nelle vie dello spirito, quanto il
nostro giudizio; e questo è una falsa pista per l’anima che vuol
seguire il Signore, poiché il fondamento di questa via è tutto nelle
parole di Gesù: Rinneghi se stesso. Il proprio giudizio è in perfetta
antitesi col rinnegamento di sé.
L'opposizione
alla Parola di Dio comincia contro questo o quell’amico, dottore o
superiore, e sembra semplicemente una discrepanza di pareri. Dagli
uomini, l'opposizione passa molto facilmente verso il Signore, e l’anima
comincia a non persuadersi o a non vedere più la verità di certe
massime.
Essa tenta
un’interpretazione tutta personale e soggettiva delle parole di Dio, e
così cade nel lassismo; trova giuste le massime del mondo, e a poco a
poco diventa laicista se non addirittura miscredente.
È
così che noi abbiamo tante anime bisognose di aiuto, che viceversa non
lo domandano, perché si credono in perfetto ordine, e continuano nella
loro vuota esistenza.
Tra
i cristiani di Corinto c’era l'emulazione dei doni dello Spirito Santo,
e san Paolo giustamente la riprova, perché era suggerita dal desiderio
di gloria terrena, o era causa di dissensioni e di mancanze di carità.
Tra
i tanti cristiani moderni, dolorosamente c’è l’emulazione dello spirito
del mondo, e tra tanti altri il desiderio di cose straordinarie a
scapito dell’esercizio della virtù, e soprattutto dell’umiltà.
E
così che abbiamo una doppia epidemia, quella dei cristiani all’acqua di
rose, e quella dei falsi profeti o taumaturghi, che non raramente
infesta la Chiesa, a scapito dei veri doni dello Spirito Santo.
Don Dolindo Ruotolo
Commento alla Seconda Lettera ai Corinzi
Lettere di san Paolo apostolo
Pag.747 - 752