Dio trovò in Maria un’umiltà non mai
prima vedutasi sopra la terra; voglio dire una umiltà congiunta a pienezza di meriti.
Esser umile senza merito, dice san Giovanni Crisostomo, è necessità e non altro; ma essere umile nell’attual possessione di tutti i meriti è prodigio, il quale poi era necessario per la incarnazione.
L'Annunciazione di Orazio Gentileschi (1623) |
Ora questo prodigio visibilmente si pare nella persona di Maria; imperocchè, osservate, l’angelo la saluta piena di grazia: Ave, gratia plena (Luc. 4, 28); ed ella protesta esser l'ancella di Dio: Ecce ancilla Domini. (Id. 38.)
La umiltà di Maria appare tanto più mirabile quanto che fu esercitata in altissima condizione.
Può dirsi che l'umiltà di Maria abbia determinato il Verbo ad incarnarsi.
Maria all’angelo risponde: lo sono l'umile ancella del Signore, tu mi annunzi che debbo essere madre di lui, e questo sarebbe per me un titolo di superiorità; ma bastami quello della mia dipendenza, quelIo della intera sommessione e servitù che gli ho consacrato, e da cui non mi separerò mai! Ecce ancilla, etc. (Luc. 4, 38.)
Ora ecco il prodigio, ecco, permettetemi la frase, ecco l’opera che finalmente determina îl Verbo di Dio ad escir dal seno del padre, e discendere dal trono della sua gloria fino alla profondità del nostro nulla poichè qui si verificò a punto la parola del regale profeta: L’abisso richiama l’abisso, Abyssus abyssum invocat. (Ps. 44, 8.)
(Il Padre Bourdaloue, primo discorso sopra l'Annunziazione - tratto dal Dizionario Apostolico del padre Giacinto di Montargon)