martedì 2 aprile 2024

"Non vi turbate, anzi rallegratevi che gli è resuscitato Cristo, capo nostro, per tirare ancora noi, sue membra, in cielo, dove sarà la nostra quiete e la nostra vera pace". Predica del martedì dopo Pasqua di fra Girolamo Savonarola

PREDICA XLVI SOPRA GIOBBE
FATTA IL MARTEDÌ DOPO PASQUA (21 aprile 1495)
DA FRA GIROLAMO SAVONAROLA

Essendo, dilettissimi in Cristo lesù, resuscitato il nostro Salvatore, era cosa conveniente che lui manifestasse e provasse questa sua resurrezione essere vera; e però in quello giorno si manifestò in più apparizioni e a più persone, e dimostrò per molti argumenti lui essere veramente resuscitato. E questo bisognava che si facessi per dare certezza e più fortitudine non solo alli suoi apostoli e discepoli, ma ancora a quelli che avevano ad esser futuri credenti in la sua fede. Per la qual cosa vediamo che questa sua resurrezione Cristo la provò in due modi, cioè con testimonii e con segni. E' testimonii furono gli angeli, che sono testimonii infallibili che non possono errare, perchè sempre veggono la faccia di Dio dove riluce ogni verità. Questi testimonii angelici dissono a quelle Marie che Cristo era risuscitato, quando gli dissono: — Voi cercate il Signore qui nel monumento: surrexit, non est hic. E' non è qui, ma è resuscitato. — 

Testimonii di questa resurrezione sono ancora le Sacre Scritture, le quali annunziano la sua resurrezione; e Lui le aprì e dimostrolle a quelli due discepoli che andavano in Emmaus per la via disputando, sì come dice qui lo Evangelio. Et incipiens a Moyse et prophetis, interpretrabatur illis Scripturas quae de ipso erant. Per molti segni ancora ha manifestato Cristo questa sua resurrezione, e prima quanto al corpo, secondo quanto all'anima, terzo quanto alla divinità, quarto quanto alla gloria. E cominciando dal corpo, dimostrò che era resuscitato col corpo vero, come prima aveva, e non con corpo fantastico e aereo, quando e' disse a’ discepoli che dubitavano: — Palpate et videte, quoniam spiritus carnem et ossa non habet. — E volse che vedessino e toccassino con mano che lui aveva ripreso il medesimo corpo che prima. E massime lo manifestò a Tommaso, quando egli disse: — Infer digitum tuum huc et mitte manum tuam in latus meum. — Cioè: — Metti qua le dita e le mani tue nelle piaghe mia, e vedrai che questo è quel medesimo corpo che è stato ferito e piagato in sulla croce. — Quanto all'anima, e massime vegetativa e sensitiva, lo dimostrò nel mangiare e nel parlare e nel conversare con loro. E quanto alla parte intellettiva, etiam lo dimostrò quando gl’instruiva e ammaestrava e esponeva le Sacre Scritture. Quanto alla sua divinità, lo dimostrò quando egli apparve e entrò alli suoi discepoli ianuis clausis, cioè essendo le porte della casa serrata, perchè questo non lo può fare alcuna forza naturale, ma solo la natura divina. Quanto ancora alla gloria e essere resuscitato col corpo glorioso, lo dimostrò quando appariva e dispariva, e quando massime ascese glorioso in Cielo. E così viene ad avere manifestata la sua vera resurrezione in tutti e’ modi possibili 

La Chiesa, nel primo di di Pasqua, legge l’evangelo della resurrezione; nel secondo, quando apparve e dimostrossi alli discepoli; ncl terzo, quando provò la resurrezione per più segni. E dovete notare che in quel giorno della Pasqua, quando resuscitò, apparse prima alla Vergine sua madre, chè così piamente si crede e è verisimile, etiam che la Scrittura non lo narri. Cinque sono le apparizioni che fece il nostro salvatore Cristo Iesù, le quali pone la Scrittura Sacra essere state fatte in quel primo giorno. La prima a Maddalena sola, quando gli apparse al monumento, che lei credeva che fusse l’ortolano. La seconda volta a lei e all’altre Marie insierne, quando tornavano dal monumento. La terza a Pietro solo. La quarta alli suoi discepoli, Cleophas e Luca. La quinta a tutti insieme, ianuis clausis, dove allora non era Tommaso con loro. Dipoi, passati otto dì, un'altra volta, che fu la sesta, apparse a tutti, e eravi Tommaso, dove lui fu certificato e disse: — Dominus meus et Deus meus. — Cioè: — Io so e veggo e confesso che tu sei il mio Signore e il mio Dio. — La settima ad mare Tiberiadis, quando e’ discepoli erano a pescare. L'ottava nel monte Tabor in Galilea; e credesi ch’ella fusse quella apparizione che dice Paulo ad Corinthtos, dove e' dice quod visus est plusquam quingentis fratribus. La nona fu recumbentibus illis seu vescentibus in Ierusalem. Et hoc fuit in die Ascensionis. La decima e ultima fu nel medesimo dì, all'ora della sua Ascensione, in sul monte Oliveto. E così furono dieci apparizioni e manifestazioni della sua resurre zione, che si trovano scritte. 

Ora, perchè questo evangelio odierno molto si congiunge con quello di iermattina, ne diremo qualche cosa e dell'uno e dell'altro, dando qualche documento e supplendo a quel che nel giorno passato fusse stato lasciato indrieto. Nel precedente sermone nostro vi discorsi e dimostrai come in più modi l'uomo, col senso esteriore e con l'immaginazione e ancora col lume naturale, spesse volte rimane ingannato, e massime quando l’uomo vuol misurare le cose sopranaturali col senso, e mescolarle col lume naturale. E dissivi che il lume della fede, semplicemente preso, è quello che non si inganna. Come tu lo vuoi congiungere col senso, tu t'inganni, e però vi dissi che bisogna astraerlo dal senso e dal lume naturale, e non lo confondere con altra cosa, ma semplicemente credere, come facevano quelli antichi della primitiva Chiesa, e’ quali con purità di cuore e con la orazione intendevano ogni cosa, quantumcunque difficile, per il grande lume della fede che loro avevano. E però io vi conclusi iermattina che la cagione perchè quelli due discepoli andavano vacillando e dubitando, era perchè mescolavano le cose della fede e di Cristo col senso e col vedere naturale, e di qui nasceva che non potevano comprendere la verità e si confondevano. E però il Salvatore, accompagnandosi con loro, gli chiamò stolti e tardi di cuore al credere, dicendo: O stulti et tardi corde ad credendum in his quae locuti sunt prophetae! E qui noi tagliammo la predica e non seguitammo tutto l’evangelio. Ora stamane l'anderemo seguitando, e così ancora l'evangelio odierno. E lasceremo ora un poco stare l'arca e lob, che vi abbiamo esposto questa Quadragesima, perchè bisogna un poca riposarsi, essendo venuti già ad un punto dove bisogna poi entrare in alto mare. Ma solo questa mattina vogliamo attendere a mostrarvi che chi non ha fede è stolto e matto, sì come il Salvatore ha detto a questi due discepoli che vacillavano nella fede: O stulti et tardi corde ad credendum in his quae locuti sunt prophetae!  

Particolare dell'opera di James Tissot [No restrictions or Public domain],
via Wikimedia Commons

 

Or notate che l'uomo per le cose corporali viene in cognizione delle cose spirituali, e mediante l’una intende l'altra. L'operazione delle cose corporali si fa per il loro movimento, e al moto loro si conasce ch'elle hanno vita. L'operazione dell'intelletto, benchè sia cosa spirituale, tamen largo modo si può dire ancora avere movimento, ma proprie intelligendo non è moto, perchè l'operazione dell'intelletto è intendere, e non è propriamente moto. E perchè tutti e' movimenti corporali si riducano a uno, cioè al primo mobile, e per quel suo moto tutte l’altre cose si muovono, però se ’l prima mobile cessasse del suo moto, tutte l’altre cose che si muovono si fermerebbono, è non sarebbe cosa che più operasse, perchè la vita e l’operazioni di quelle dependano tutte da quello. In tanto che dicono alcuni di questi naturali che se 'l fabbro avesse il braccio alto col martello per battere il ferro, e in quel punto si fermasse il primo mobile, che ’l fabbro resterebbe col braccio in aria, nè potrebbe finire il colpo nè la sua operazione; benchè alcuni altri dicano il contrario, facendo differenzia dal moto delle cose naturali al moto del libero arbitrio. Basta bene che ne' moti naturali questo è vero, che, cessando il primo mobile, ogni cosa fermerebbe il suo movimento naturale. Non toccando or qui noi le cose divine, sappi bene che questo primo movimento del primo mobile e così tutti gli altri moti naturali, alfine si reducono a Dio, ch'è primo motore det tutto. Così ancora e’ movimenti spirituali, e consequenter il moto dell'intelletto, tutti vengono da Dio. Piglia un intelletto, pieno di lume naturale quanto tu puoi: se ‘l primo motore non lo muove a qualche bene, in eterno non si moverà. Vedi l'apostolo Paulo che tel dice: Non sumus sufficientes ex nobis, tanquam ex nobis aliquid cogitare, sed omnis sufficientia nostra ex Deo est. Cioè: Noi non siamo sufficienti da noi medesimi non che fare e operare, ma nè ancora pensare alcuna cosa buona, se da Dio non siamo mossi, perchè depende da Dio il tutto e dalla sua sapienzia, la quale attingit a fine usque ad finem fortiter et disponit omnia suaviter. La sapienzia e provvidenzia di Dio piglia e tocca e dispone tutte le cose dal loro principio al fine. 

Stante dunque questo fondamento, che Dio è quel che muove ogni cosa, dobbiamo ancora intendere questo: che Dio, quelle cose che lui muove, le muove secondo la forma che Dio ha dato loro. E perchè l'intelletto umano ha questa forma d'intendere mediante e’ sensi non ha naturalmente altro modo da intendere se non mediante e' sentimenti che Dio ha dati all'uomo. Ma perchè questo modo d'intendere è solo sufficiente quanto all'intendere quelle cose che si possono intendere secondo il lume naturale, però l'intelletto nostro non può conoscere per sè il fine suo, e qual sia il fine della vita umana, perchè questo è cosa sopranaturale. E però l'intelletto, per sè, di questo non può essere capace. Per la qual cosa, acciocchè l'uomo non sia fatto indarno, ma che intenda e si possa condurre al suo fine, gli bisogna dunque un altro lume che 'l naturale solo, e questo è il lume della fede che è lume sopranaturale che li fa vedere, cercare e conoscere il suo fine sopranaturale e la sua beatitudine essere nell'altra vita e non in questa, e con questo lume cercandola, a quella si conduce. E dato che forse alcuni potessino, per gran lume naturale, conoscere questo fine dell'uomo, bisognerebbe che fusse con grande lunghezza di tempo e con grande studio, e però pochissimi sarebbono quelli che vi si conducessino, e seguiterebbene che quasi indarno sarebbe ordinato il Paradiso per fine dell'uomo. 

Concludiamo adunque che questo lume della fede è necessario all'uomo per conducersi al suo fine e alla sua felicità, e però ne seguita che chi non ha fede, cioè lume sopranaturale, e non crede, è stolto, come ha detto qui Cristo a questi due discepoli che vacillavano nella fede: O stulti et tardi corde ad credendum. La stoltizia è contraria alla sapienzia: la sapienzia è quella che vede e conosce il fine e dirizza ogni cosa al fine per conseguitarlo. E però diciamo che quell'uomo è stolto che non conosce il suo ultimo fine; e perchè questo non si può conoscere nè conseguire sanza fede, però concludiamo che chi non ha fede è stolto e matto, per questo primo fondamento e per questa prima ragione. 

Or piglia quest'altra. Se tu guardi bene coloro che sbeffano le cose della fede e non le credano nè v’aderiscano, vedrai che sono tutti uomini disregolati e quasi sanza legge alcuna; e però, se non hanno governo di se stessi, e non hanno ancora della casa loro nè della loro famiglia, manco ne possono avere ancora della loro città; e però sono stolti, e questa stoltizia loro nasce, massimamente, dal non aver lume di fede. E se tu dicesse: — E' si vede pur dimolti che conoscono e saperebbono bene ordinare ogni cosa, benchè non lo faccino —, e io ti rispondo che tanto più sono stolti, quanto più conoscano e non lo fanno. Chi non conosce la provvidenzia di Dio nè il fine della vita sua nè la sua beatitudine ch'è nell’altra vita, è stolto; e questi tali tu li vedrai sempre mancare in qualche cosa della fede, perchè non hanno lume e vanno vagando pieni d'errore, come erano quelli del tempo de’ filosofi antiqui e del tempo della idolatria. Chi niega le cose di Cristo è stolto, perchè si vede tutte essere state e successe, secondo ch'erano state predette prima centinaia d’anni e annunziate da parte di Dio. Va’, leggi tutta la Scrittura, e vedrai che non ne falla uno iota; però chi le niega, è al tutto stolto e fuora del sentimento. Guarda il modo del parlare della Scrittura Sacra: non troverai alcun'altra ch'a quella s’assomigli, e è fatta in tal modo che chì non va con fede v’inciampa dentro e cade in molti errori, come sono stati gli eretici. Ma chi la legge con semplicità e con fede, come hanno fatto e’ sacri dottori, vi truova dentro ogni verità. Bisogna dunque fede, a volerla bene intendere; e però chi non ha fede è stolto. Praeterea, la consonanza delle scritture del Vecchio e Nuovo Testamento insieme, ti dimostrano la fede nostra esser verissima, chè tutte concordano e l'una consuona con l'altra. Così la concordanza de' santi dottori passati, che sono stati uomini purgatissimi nell'intelligenzia di quella, ti dimostra il medesimo. 

Adunque, chi non aderisce alle cose della fede con purità di cuore, è stolto. Praeterea la buona vita di tutti i santi passati e di quelli c'hanno creduta questa fede, ti manifesta la verità di quella: adunque, chi non crede a quelle persone che tengano e hanno tenuta miglior vita che ogni altro, bisogna dire che sia totalmente stolto. Vedesi ancora quelli che hanno voluto contradire alle cose della fede esser caduti sempre in molti errori. Si cerca l'affetto: essersi inviluppati nelle cose terrene e mondane. Si cerca l'intelletto: essere stati sospetti di eresia. E però è vero quello che diciamo: che chi non ha fede è stolto. E questa conclusione t'ho voluto mostrare questa mattina, mosso per le parole del Salvatore, che disse a questi due discepoli, che vacillavano nella fede, che egli erano stolti. O stulti et tardi corde ad credendum in his quae locuti sunt prophetae! Stolti veramente siate, disse il Signore a questi due discepoli, perchè voi non credete le cose che hanno parlato e detto e' profeti da parte di Dio. 



Questi due discepoli erano dubbii nella fede, perchè in parte amavano Cristo e la sua dottrina, e in parte pure ancora dubitavano, vedendo essere stati fatti tanti obbrobrii di lui insino alla morte. E però, fuggendosi di lerusalem e camminando verso il castello di Emmaus e parlando insieme, per la via, di Cristo e delle cose che gli erano incontrate in quelli giorni, sopraggiunse intra loro il Salvatore, sì come ha promesso nel Evangelio: — Ubi sunt duo vel tres congregati in nomine meo, ego sum in medio eorum. — Cioè: Dove sono dua o tre congregati in nome mio, cioè che parlino o pensino di me, io sono sempre con loro. — E però a questi discepoli, che altro non pensavano e altro non parlavano che di Cristo, lui apparse in mezzo di loro, benchè non lo conoscessino, perchè dubitavano, e domandolli: — Qui sunt hi sermones quos confertis ad invicem ambulantes, et estis tristes? — Cioè disse loro: — Che parlari sono e’ vostri, che voi conferite insieme e siate così maninconiosi? — Non disse però così il Salvatore perchè e’ non sapesse di quello che parlavano, ma per eccitarli a parlare e poterli riprenderli e correggerli; e però, udendo poi le loro parole, gli riprese e disse: O stulti et tardi corde ad credendum. Ma prima che li riprendesse, gli fe’ parlare assai, chè, essendo interrogati da lui di che e’ parlavano, risposono: — Tu solus peregrinus in Ierusalem et haec ignoras? — Cioè: — Tu solo sei peregrino in Ierusalem, che non sai quello che a questi giorni qui si è fatto nella città? — Quasi volendo inferire: questa cosa della morte di Cristo è stata cosa tanto notoria e pubblica, che non solo quelli della terra ma ogni forestiero e peregrino l’ha intesa, che quell’Iesù Nazareno, ch'era uomo di tanta bontà, potens in opere et sermone, sia stato morto con tanto vituperio. E credevano, questi discepoli, ch’el fusse ancora allora morto, e non conoscevano ch’el viveva e parlava con esso loro. E quasi che loro dicessino: — Tu vedi, noi ci fuggiamo di Ierusalem per la grande persecuzione ch'è ancora contra tutti quelli che li credevano; e però per timore ci partiamo. — Così dubito di voi, dilettissimi miei, per rispetto de’ tiepidi, perchè, come altra volta io v'ho detto, sarà maggiore persecuzione la loro contra di noi che non fu quella degli eretici contra de’ fedeli. 

Portella interna dell'Altare di Schöppingen
con quattro Scene della Passione

Or questi dua discepoli non conoscevano Cristo che parlava con loro. Alcuni dicono, come fu Alberto Magno, che loro erano ingannati dall'immaginazione, perchè non reputavano che fusse possibile che Cristo, essendo morto in tanta ignominia, potesse resuscitare, é benchè lo vedessino e parlassino con seco, stimavano che fussi un altro che lo somigliasse. Altri, come fu santo Augustino, dicono che non è inconveniente credere ch’el diavolo occupasse in tal modo la loro fantasia, che non lo sapessino o potessino discernere nè conoscere. Altri dicono ch’el Salvatore potette mutare effigie, e che si può mutare un corpo quanto alla superficie e al colore naturalmente, benchè non quanto alla sustanzia, e però non lo conoscevano. Or, per qual causa sì fusse, basta che ’l testo dice: Oculi eorum tenebantur ne eum agnoscerent. Cioè che gli occhi loro erano tenuti che non lo conoscevano. 

Or, avendoli il Salvatore uditi che dicevano e confessavano che Cristo era stato uomo potens in opere et sermone, cioè che le sue operazioni erano state buone e così la sua dottrina, gli rispose e disse: O stulti et tardi corde ad credendum! Quasi come se dicesse: — O stolti che voi siate! Se voi avete veduto la sua buona vita e la dottrina sana, perchè dubitate voi? Se voi dite ch'egli era potens in opere et sermone, questo vi debbe bastare. Li Scribi e Farisei, ch'erano ostinati, benchè vedessino questo non potevano credere, ma voi, discepoli suoi, non doverresti dubitare. — Confessavano questi discepoli la buona vita e la dottrina sana, ma non sapevano poi applicare e concludere che per questo loro dovevano credere, e non dubitare. La buona vita è quella che fa il tutto, come altra volta vi ho demostrato; la buona vita, più che la dottrina, è quella che convince e converte ognuno. Sa’ quanto tu sai: se non v'è la buona vita, non farai mai frutto alcuno. E perchè in Cristo era la santissima vita, però le sue parole e li suoi sermoni erano potenti a commutare il cuore degli uomini e conducerli alla verità, se non erano ostinati. Dovevano questi discepoli, avendo veduto l’opera di Cristo e la buona vita, non dubitare punto, massime avendoli predetto la morte sua e più altre cose che poi l'avevano viste verificate. E però ìl Signore gli chiama stolti, perchè vedendo ancora tutte le profezie verificate in lui e che ogni cosa correspondeva, non avevano da dubitare, perchè quando ogni cosa si coniunge e concorda, non bisogna dubitare punto, ma credere che tutto è da Dio, come altra volta ancora io v’ho demostrato. E però: Tardi corde. Erano, questi discepoli, tardi di cuore, perchè non avevano tanto amore che bastasse; se avessino avuto amore e carità e fussino al tutto spiccati dall'uomo e dalle cose terrene, sarebbono stati ancora illuminati più presto, perchè colui che veramente ama non ha bisogno di maestro, ma l’amore è quello che l’ammaestra e insegna ogni cosa. E perchè loro non avevano tanto amore che li bastasse a conoscere il tutto e vedere questa verità della resurrezione di Cristo, però bisognò che 'l loro maestro Cristo glie n’insegnasse e dimostrasse. Incipiens a Moyse et omnibus prophetis, interpretabatur illis in omnibus Scripturis quae de ipso erant. E cominciò da Moisè e da tutti e' profeti, e mostrò loro per tutte le Scritture questa verità. Or vediamo quel che lui disse, e come e’ provò loro questo per tutte le Scritture.

Nonne oportuit haec pati Christum? Cominciò il Salvatore, discorrendo tutte le Scritture, a mostrare a questi discepoli che la passione e la morte e la resurrezione di Cristo era stata prevista e profetata e prefigurata per molte profezie e figure e scritture così dover essere, e che però, se loro dubitavano di questa resurrezione, che egli erano stolti. E cominciando dal principio del mondo e dal primo uomo e nostro padre Adam nel libro del Genesis, vedi quel che significa e ci figura la dormitazione di Adam, e dopo la donna, formata della costa sua, che lui si svegliò dal sonno, e conoscerai che questo fu figura della morte e resurrezione di Cristo. Poi, se tu leggi Abel, che fu morto dal fratello e fu dato per sacrificio a Dio, ma non già per li suoi peccati, conoscerai essere figura di Cristo. Considera poi Abraam che per ubbidire a Dio volse ammazzare e dare in sacrificio il proprio suo unigenito figliuolo. E così vedi poi Ioseph, venduto da’ fratelli, e prima messo nella cisterna e quivi come sepolto, e poi cavato di quella. E poi troverai l’arca di Noè, e conoscerai tutte queste cose esser prenunziative delli misterii e cose di Cristo. Va, e leggi poi nei libro dello Esodo, e troverai lo agnello pascale, il quale tutto figura Cristo offerto in su la croce, il di' avanti la Pasca de' Giudei. Così tutto quello che vi si legge dell'arca, dove erano le tavole della legge, la manna, la verga, la quale messa nell'acque amare le fece diventare dolci. Tutte cose figurative del Salvator nostro, che con l'amaritudine e passione della Croce ha fatto ogni cosa diventar dolce alli suoi cristiani. Discorri poi il libro del Levitico e de' Numeri, tutti quelli sacrificii vedrai di notare tutti e' misterii e le cose di Cristo. Tutti e’ profeti, poi, se tu li vai discorrendo, vedrai che non è cosa alcuna, fatta nella persona di Cristo dal suo nascimento e ancora innanzi a quello e insino alla morte e alla resurrezione e ascensione sua, che non sia stata prenunziata e profetata centinaia e migliaia d’anni innanzi. 

E però t'ho detto che chi vacilla nelle cose di Cristo e nella sua fede, è stolto e fuori d'ogni ragione, come erano ancora questi due discepoli che n’andavano disputando. Così ancora possiamo dire essere stolti questi che disputano del sacramento dell’altare, e vogliano col lume naturale e col loro intelletto intendere quello che non si può, e che 'l lume naturale non v'aggiunge. Guarda pure gli effetti che fa questo santo e vero sacramento in chi lo piglia bene, e, e converso, in chi lo piglia male, e conoscerai che non possono essere da causa naturale, ma dalla divinità e da Cristo, che quivi è realmente; e questo te lo detta anche la ragione naturale: che tali effetti non possono essere se non da Dio e da cosa divina. E se tu vuoi ben gustare gli effetti di questo sacramento, bisogna che tu viva purificatamente e non nelle delizie del mondo; bisogna, dico, patire, e così patendo purificarsi, però c'ha detto qui Cristo: Oportuit pati Christum et ita intrare in gloriam suam. Bisogna patire, ti dico io, se tu vorrai entrare nella gloria dov'è salito Cristo; non v’entra in quella gloria se non spiriti purgatissimi d’affetto e d’intelletto. 

Or procedendo e camminando Cristo con questi discepoli, s'approssimava la sera, secondo che qui narra l’Evangelista, e appropinquandosi loro a quel castello, Christus finxit se longius ire. Cioè il Signore pareva che ’l volesse andare più di lungi. Non credere, però, che dicesse mendacio, ma ben mostravasi così perchè il cuore loro era molto discosto dal Signore, perchè non avevano fede nè credevano che lui fusse resuscitato; ma loro, pure allettati e mossi dal parlare che aveva fatto Cristo con loro per la via, gli dissono: — Mane nobiscum, Domine, quoniam advesperascit. — Cioè: — Statti questa sera con esso noi, perchè e’ si fa notte. — In quella primitiva Chiesa erano molto dedite le persone alla ospitalità de’ peregrini e viandanti: etiam che non li conoscessino, gli ricevevano volentieri. Et ideo coegerunt eum. Lo costrinsono, dice qui lo Evangelista, e entrò con loro. Bisogna far forza, chi vuole ritenere Iesù con seco. Sapete che gli è scritto: Regnum caelorum vim patitur et violenti rapiunt illud. Cioè che ’1 regno del cielo patisce forza, e chi fa forza lo piglia; e però questi discepoli forzorono Cristo che rimanessi con loro. Non credere però che Cristo fusse sforzato, ma vuol dire che noi facciamo ogni nostra forza e ogni nostro potere, dal canto nostro, di volere essere con Cristo e di ritenerlo con esso noi; ma lui per sua bontà e per sua natura sta con chi lo cerca e con chi lo vuole. Sì come e’ fa il sole verso delle cose naturali che, quando le sono bene disposte, non gli manca mai del suo influsso e del suo lume per condurle alla loro perfezione. 

Se tu hai l'olivo o la vite bene disposti, delle cose inferiori, e il sole li volesse negare il suo influsso, non potrebbe, perchè di sua natura è di dare la sua virtù a tutte le cose naturali ben disposte; e la pianta che è ben disposta, attrae l'influsso e la virtù dal sole, e lui non gliene può negare, nè mai la niega. Così Cristo, che è il sole della giustizia, non mai diniega la sua grazia a chi la vuole, e che fa ogni forza dal canto suo di volerla. Ne è, per questo, forzato Cristo in cosa alcuna, ma per sua natura e bontà concede a ciascuno quel che vede essere il suo bisogno. Et praesertim ci concede le grazie che domandiamo quando siamo aiutati da gli altri santi, che priegano per noi. Come fece alla Cananea, quando fu aiutata dagli apostoli, che dissono: — Domine, dimitte eam, quia clamat post nos. — E fu essa udita, benchè lei più volte domandasse e più volte fusse ributtata. E così tu, benchè tu non sia così presto esaudito, Dio lo fa perchè meglio ti disponga a ricevere la grazia; e non è perchè ti voglia dinegarla, anzi n'ha più voglia di te di concedertela. Come fa il padre al figliuolo, che lo fa più volte chiedere la cosa, benchè lui abbi più voglia di dargliene che 'l figliuolino di riceverla. E però dice qui quod Christus finxit se longius ire, che Cristo mostrava di volere andare più di lungi e non fermarsi con quelli discepoli co’ quali pure voleva fermarsi, sì come tu vedi che si fermò, perchè lo conoscessimo, come finalmente lo conobbono in fractione panis, chè, posti a mensa e partendo il pane, lo conobbeno. 

La cena di Emmaus,1537, Jacopo da Ponte detto il Bassano

 

Fate adunque, dilettissimi, come feciono qui questi due discepoli: costringete il Signore con le vostre orazioni e col bene operare, e dite come dissono questi discepoli: Mane nobiscum Domine, Signore sta’ con esso noi, non ti partire da noi, quoniam advesperascit. Cioè, perchè egli è fatto sera. Non vedete voi che nella Chiesa di Dio è già fatto sera, e che non si vede già più lume, e che noi siamo al fine dal quarto stato della Chiesa? Et inclinata est iam dies. Egli è già spento quel lume della primitiva Chiesa, e però la s'ha a rinnovare; e allora voi direte come quelli Samaritani, che dicevano alla Samaritana: Non propter tuam loquelam credimus, sed quoniam ipsi vidimus. Quando voi vedrete rinnovata la Chiesa, allora direte che voi siati chiari di quel che noi v’abbiamo detto. Vedrete, dico, commuovere ogni cosa, e poi rinnovarsi la Chiesa di Dio. Firenze, fa’ orazione, abbi fede, sopporta in pazienzia, e vedrai alfine essere vero quello ch’io t'ho detto, e conoscerai la verità, e saratti aperti gli occhi sì come furono aperti qui a questi due discepoli, che conobbono Cristo in fractione panis. Come questo spezzare del pane fusse fatto, molti dicono molte cose e variamente, perchè l’Evangelio non dice in che modo fusse fatto. Questi discepoli allora conobbono che gli era Cristo, maestro loro; così a voi sarà ora aperti gli occhi, se camminerete in verità. E sì come questi discepoli ritornorno in Ierusalem, a dire agli altri discepoli ch'avevano veduto il Signore resuscitato, così voi annunzierete alli vostri vicini, e ognuno sarà tirato al lume di Dio in questo modo. E questo basti quanti all’evangelio del giorno passato. Ora andiamo a quello del presente giorno.

Stetit Iesus in medio discipulorum et dixit: Pax vobis! Stette il Signore nostro in mezzo degli suoi discepoli e disse loro: — Pax vobis. — Cioè: — La pace sia con voil — Quest’altra apparizione fu immediate, chè quelli due discepoli erano ritornati in Ierusalem e narravano agli altri come il Signore era apparito loro, e quel che gli aveva detto. E allora, essendo tutti così congregati insieme, il Signore apparse in mezzo di loro, e salutolli dicendo: — Pax vobis. La pace sia con esso voi. — La pace, dilettissimi, è da essere amata, perchè l’è sposa dell’anima nostra, e dall'uomo, come sposa sua, debba essere amata. Inquire pacem et prosequere eam. Dice la Scrittura: Cerca la pace, e seguitala, e tienla sempre teco e nel cuor tuo, perchè ogni volta che tu arai la pace nel cuore, venga che tribulazione si voglia, tu non la sentirai. 

Ma la vuole esser la pace di Dio, non quella del mondo; vuole essere quella che Cristo lasciò a’ suoi discepoli: Pacem meam do vobis; non quomodo mundus dat, ego do vobis. Questa, chi l'ha, supera ogni senso, sì come dice l’Apostolo: Pax Dei superat omnem sensum. E però, chi ha questa pace, poco o niente sente le tribulazioni. Ma a volerla possedere, si ricercano tre cose, le quali hanno tutti coloro c'hanno questa pace, cioè povertà, amore e croce. Quanto alla povertà, vediamo che quella dà più pace che non fanno le ricchezze. Se le ricchezze dessino pace, quanto più l'uomo ne avesse, arebbe antora sempre più pace; ma noi vediamo per esperienzia tutto il contrario: che questi ricchi, quanta più roba hanno, tanto più ogni dì s’inquietano e tanto più s'inviluppano nelle cose del mondo, e tanto più crescano e’ loro desiderii e le loro sfrenate voglie. Adunque si vede che le ricchezze non recano la pace del cuore e della mente, ma tutto il contrario; anzi si vede che 'l  fine della roba e delle cose del mondo non è recare pace all'uomo, anzi molta inquietudine. Quelli che sono stati poveri volontarii, cioè poveri di spirito, come sono stati gli apostoli e gli altri santi, tutti sono stati pieni di questa pace, tutti e’ servi di Cristo hanno in sè questa vera pace. Vedi nella primitiva Chiesa in quanta pace e unione vivevano! Non fu mai la Chiesa di Dio in tanta pace, quanta ella era quando la viveva in povertà. Vedi pure oggi con le sua ricchezze e con le sue pompe quanta pace tu truovi infra loro, tutti pieni d’odii e d'invidia l'uno con l'altro. Quanto all'amore, se tu aggiugni alla povertà l’amore fervente e retto verso di Dio, non è al mondo il più felice stato. Guarda pure quelli màrtiri: per il grande amore e carità che avevano verso di Cristo, tutti godevano nel mezzo de’ martirii, abbandonando le ricchezze e le dignità e gli onori per amore di Cristo. La terza è la croce: cioè patire volentieri improperii, flagelli e morte.

In questi è la vera pace di Dio, e a questo modo s'acquista questa sposa. Piglia, cristiano, questa sposa, piglia questa pace, e sarai sempre felice. Apparì dunque il Signore in mezzo di questi undici discepoli, salutandoli con questa pace. Et conturbati sunt. Loro si conturborno, perchè non avevano ancora vera fede nè questa pace. La povertà, la croce, non piace così ad ognuno; anzi chi è ancora appiccato al senso si conturba. Disse loro il Signore: — Quid conturbati estis? Perchè vi turbate voi? Voi non credete ancora che veramente io sia resuscitato. Io sono pur quel medesimo vostro maestro di prima. Voi v’immaginate forse ch’io sia un spirito sanza corpo. Quae cogitationes ascendunt în corda vestra? Che pensieri sono questi vostri? Venite et videte, quoniam spiritus carnem et ossa non habet. Toccate questo mio corpo, e vedrete che ’l non è spirito, perchè lo spirito non ha ossa nè carne, come voi vedete me avere. — Così dico io a voi, dilettissimi: Non vi turbate, anzi rallegratevi che gli è resuscitato Cristo, capo nostro, per tirare ancora noi, sue membra, in cielo, dove sarà la nostra quiete e la nostra vera pace. 

Questi discepoli erano ancora spauriti, e Cristo, per confortarli e certificarli della sua resurrezione, disse loro: — Habetis aliquid quod manducetur? Avetici voi cosa alcuna da mangiare? — Non crediate però che lui n’avesse voglia nè bisogno, ma fece per certificare ancora per quest'altro segno la sua vera resurrezione, e che lui aveva reassunto quel medesimo corpo umano che prima aveva. Che volete voi dare a mangiare al Signore? Forse e’ vostri peccati o le dignità e onori e roba di questo mondo? No, no, nè il Signore nè li servi suoi si pascano di queste cose. Obtulerunt ei piscem assum et favum mellis. Posono dinanzi a Cristo un pesce arrostito e un favo di mèle. Il pesce arrostito e arso nel fuoco delle tribulazioni è Cristo, nostro capo: così bisogna che siano le membra, così bisogna che siano e’ servi suoi, arsi dalle tribulazioni, come fu lui per noi in sulla croce. Ma tolse anche il favo del mèle, perchè Cristo gli mescola con questa amaritudine delle tribulazioni tanta consolazione, che volentieri le fa sopportare a’ servi suoi, che quasi non le sentano, mescolate con la sua divina grazia. 

Mangiò il Signore in presenzia delli suoi discepoli, e poi dette loro di quelle reliquie, come se dicesse: — Io ho sopportato la mia passione per voi in sulla croce e ci restano anco delle reliquie per voi: arete ancora voi la vostra parte, discepoli miei, di questa croce e di questo pesce arrostito, ma confortatevi che ci sarà ancora el favo del méle, cioè la dolcezza e consolazione che in quelle vi sarà data. Haec sunt verba quae locutus sum vobis. Queste sono quelle cose che già io, innanzi la mia morte, vi dicevo che avevano a essere, e però, essendo venute, tanto più dovete confirmarvi nella fede. Così dico a voi, dilettissimi: quando saranno venute le cose ch'io v'ho dette, doverrete tanto più confermarvi e laudare Dio, qui est benedictus et laudabilis et gloriosus in saecula saeculorum. Amen.