martedì 7 febbraio 2023

Della Preghiera (dal Tanquerey)

Parte II (Le tre vie) ;  Libro Primo (La purificazione dell'anima o la via purgativa) ;
Capitolo I : La preghiera degli incipienti: 

[...]

648. Avendo già provata la necessità della grazia attuale per tutti gli atti necessari alla salute, ne possiamo conchiudere che questa grazia è pur necessaria a pregar bene.

S. Paolo lo dichiara nettamente: "Lo Spirito porge la mano alla fiacchezza nostra; perchè quello che s'ha da chiedere, come conviene, non sappiamo; ma lo Spirito stesso l'implora per noi con gemiti inenarrabili: quid oremus sicut oportet, nescimus, sed ipse Spiritus postulat pro nobis gemitibus inenarrabilibus 648-1

Aggiungiamo che questa grazia è offerta a tutti, anche ai peccatori, e che quindi tutti possono pregare. Benché lo stato di grazia non sia necessario per pregare, pure aumenta singolarmente il valore delle nostre preghiere, perché fa di noi gli amici di Dio e le membra viventi di Gesù Cristo.



Esamineremo le condizioni richieste dalla preghiera: [...]


649. La condizione più importante, da parte dell'oggetto, è di chiedere soltanto i beni che ci conducono alla vita eterna, prima di tutto le grazie soprannaturali, e secondariamente, in quanto saranno utili alla eterna nostra salute, i beni d'ordine temporale. 

Tale è la regola fissata da Nostro Signore stesso...
"Cercate in primo luogo il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date di giunta. Quærite primum regnum Dei et justitiam ejus, et hæc omnia adjicientur vobis 649-1. Come infatti abbiamo detto, n. 307-308, la felicità, come la perfezione dell'uomo, consiste nel possesso di Dio e quindi nelle grazie necessarie a questo fine. Onde non dobbiamo chiedere nulla che non sia in relazione con questo fine.

1° I beni temporali in se stessi sono troppo al disotto di noi, troppo incapaci di soddisfare le aspirazioni del nostro cuore e di renderci felici, onde non possono essere l'oggetto principale delle nostre preghiere

Ma, avendo noi fino a un certo punto bisogno di questi beni per vivere e assicurar la nostra salute, ci è lecito chiedere il pane quotidiano, tanto quello del corpo come quello dell'anima, subordinando però il primo al secondo. Può darsi infatti che un bene particolare che ci pare desiderabile, poniamo la ricchezza, ci diventi poi pericoloso per l'eterna salute; onde non si può chiederlo che subordinatamente ai beni eterni.

650.   2° Anche quando si tratta di questa o quella grazia particolare, non conviene chiederla che conforme alla divina volontà. Nella infinita sua sapienza Dio sa meglio di noi ciò che a ogni anima, secondo la sua condizione e il suo grado di perfezione, si conviene. 

Come bene osserva S. Francesco di Sales, noi dobbiamo voler la nostra salute come la vuol Dio, quindi risolutamente volere e abbracciare le grazie che ci distribuisce, perchè è necessario che la nostra volontà sia conforme alla sua 650-1; ma quando si tratta di grazie particolari, come sarebbe questa o quella forma di orazione, di consolazione, di aridità ecc., non bisogna chiedere nulla in modo assoluto ma subordinar tutto alla volontà di Dio 650-2. Dio distribuisce le grazie di consolazione o di aridità, di riposo o di lotta, secondo i disegni della infinita sua sapienza e i bisogni dell'anima nostra. Non ci resta quindi che rimetterci a lui per la scelta delle grazie che ci sono più utili. Possiamo certo esprimere un desiderio, ma con umile sommessione alla volontà del Padre Celeste: egli ci esaudirà sempre se preghiamo come si conviene; ci concederà talora anche più e meglio di quel che domandiamo, onde noi, non solo non ce ne dobbiamo lamentare, ma dobbiamo anzi benedirnelo 650-3.


II. Condizioni da parte del soggetto.

Le condizioni più essenziali per rendere efficaci le nostre preghiere, sono: l'umiltà, la confidenza e l'attenzione, o almeno lo sforzo serio per stare attenti.

651.   1° L'umiltà nasce dalla natura stessa della preghiera. Essendo la grazia essenzialmente gratuita e non avendovi noi alcun diritti, siamo, dice S. Agostino, rispetto a Dio, dei mendicanti, e dobbiamo implorare dalla sua misericordia ciò che per giustizia non possiamo ottenere. 

Così pregava Abramo il quale, al cospetto della maestà divina, si riguardava come polvere e cenere: "Loquar ad Dominum Deum, cum sim pulvis et cinis 651-1; così pregava Daniele, quando chiedeva la liberazione del popolo ebreo, appoggiandosi non sui meriti suoi e sulle sue virtù, ma sulla ricchezza delle divine misericordie: "Neque enim in justificationibus nostris prosternimus preces ante faciem tuam; sed in miserationibus tuis multis651-2; così pregava il pubblicano che fu esaudito: "Deus, propitius esto mihi peccatori651-3, mentre il superbo fariseo vide respinta la sua preghiera. 

Gesù stesso ce ne dà la ragione: "Chiunque si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato: quia omnis qui se exaltat humiliabitur, et qui se humiliat exaltabitur". Ben lo intesero i suoi discepoli, e S. Giacomo ripete con insistenza: "Dio resiste ai superbi e dà le sue grazie agli umili: Deus superbis resistit, humilibus autem dat gratiam651-4. Ed è giustizia questa: perchè il superbo attribuisce a sé l'efficacia della sua preghiera mentre l'umile l'attribuisce a Dio. 

Or vorremmo noi che Dio ci esaudisse a spese della sua gloria, per nutrire e fomentare la nostra vanità? L'umile invece confessa che tutto gli proviene da Dio; quindi Dio, esaudendolo, lavora per la gloria sua e insieme per il bene del supplicante.



652.
   2° Quindi la vera umiltà genera la confidenza, quella confidenza che non si fonda sui meriti nostri ma sull'infinita bontà di Dio e sui meriti di Gesù Cristo.

a) La fede c'insegna che Dio è misericordia, e che quindi si piega con tanto maggior amore verso di noi quanto più noi riconosciamo le nostre miserie; perché la miseria chiama la misericordia. 

Invocarlo con fiducia, è in sostanza un onorarlo, è proclamare che egli è la fonte di tutti i beni e nulla tanto desidera quanto di largirceli. Ci dichiara quindi le tante volte nella S. Scrittura che esaudisce coloro che sperano in lui: "Quoniam in me speravit, liberabo eum: clamabit ad me et ego exaudiam eum 652-1. Nostro Signore c'invita a pregare con confidenza e per insinuarci questa disposizione ricorse non solo alle esortazioni più premurose ma anche alle più tenere parabole. 

Dopo avere affermato che chi chiede riceve, aggiunge: "Chi è mai tra voi che, chiedendogli il figlio del pane, gli porgerà un sasso?... Se dunque voi, cattivi come siete, sapete dare cose buone ai vostri figliuoli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli concederà ciò che è buono a coloro che lo pregano" 652-2

Ritorna su questo punto nell'ultima Cena: "In verità, in verità vi dico... tutto ciò che chiederete al Padre nel nome mio, io lo farò, affinchè il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa in mio nome, la farò 652-3... In quel giorno chiederete nel nome mio, e io non vi dico 652-4 che pregherò pure il Padre per voi. Perché anche il Padre vi ama avendo voi amato me". Sarebbe quindi un diffidare di Dio e delle sue promesse, sarebbe un far poca stima dei meriti infiniti di Gesù e dell'onnipotente sua mediazione, il non avere assoluta fiducia nella preghiera.

653.   b) Pare talvolta, è vero, che Dio faccia il sordo alle nostre preghiere, perchè vuole che la nostra confidenza sia perseverante, a fine di farci meglio sentire la profondità della nostra miseria e il pregio della grazia; ma ci mostra pure, coll'esempio della Cananea 653-1, che anche quando pare che ci respinga, gode poi di lasciarsi fare dolce violenza. 


Una donna Cananea viene a supplicar Gesù di guarirle la figlia tormentata dal demonio. Il Maestro non le risponde; essa allora si rivolge ai discepoli, importunandoli con le grida, tanto che essi pregano Gesù d'intervenire. Gesù risponde di essere venuto pei soli figli d'Israele. Senza punto disanimarsi, la povera donna gli si prostra ai piedi, dicendo: "Signore, aiutatemi". Gesù replica con apparente durezza che non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cani. -- E lei: "È vero, Signore; ma anche i cagnolini mangiano almeno le briciole che cadono dalla tavola del padrone". -- Vinto da così constante [sic] e umile confidenza, Gesù le concede finalmente il favore domandato e le guarisce sull'istante la figlia. 

Poteva farci intendere meglio che se, nonostante il poco buon esito delle nostre preghiere, perseveriamo nell'umile fiducia, siamo sicuri d'essere esauditi?

654.   3° Ma a questa perseverante fiducia è necessario aggiungere l'attenzione o almeno il serio sforzo per pensare a ciò che diciamo a Dio

Le distrazioni involontarie, quando cerchiamo di respingerle e diminuirne il numero, non sono ostacolo alla preghiera, perché l'anima, appunto per questi sforzi che facciamo, resta orientata verso Dio. Ma le distrazioni volontarie, che deliberatamente accettiamo o che solo fiaccamente respingiamo o di cui non vogliamo sopprimere le cause, nelle preghiere di precetto sono peccati veniali, e nelle altre sono negligenze e mancanze di rispetto verso Dio, che non lo dispongono molto ad esaudirci. La preghiera è un'udienza che il nostro Creatore si degna di concederci, una conversazione col Padre celeste in cui lo supplichiamo che si degni d'ascoltar le nostre parole e badare alle nostre suppliche: "Verba mea auribus percipe Domine... intende voci orationis meæ 654-1

e nel momento stesso che gli chiediamo di ascoltarci e di parlarci, non faremmo serio sforzo per capir ciò che diciamo e per stare attenti alle divine ispirazioni? Non sarebbe un'incoerenza e una mancanza di religione? Non meriteremo il rimprovero che Nostro Signore faceva ai Farisei? "Questo popolo mi onora con la punta delle labbra ma il suo cuore è lontano da me: Populus hic labiis me honorat, cor autem eorum longe est a me654-2.

655.   Bisogna quindi seriamente sforzarsi di cacciar prontamente ed energicamente le distrazioni che si presentano, sapercene umiliare e giovarcene per rinnovar l'unione con Gesù e pregare con lui. 

È pur necessario diminuire il numero delle distrazioni, combattendo vigorosamente le cause, l'abituale dissipazione della mente, la libertà della fantasia, i pensieri e gli affetti che sopraffanno la mente e il cuore, e abituarsi a poco a poco al pensiero, spesso rinnovato, della presenza di Dio con l'offerta delle proprie azioni e colle giaculatorie. Adoprando questi mezzi, non c'è ragione d'inquietarci delle distrazioni involontarie che ci passano per la mente o ci turbano la fantasia: sono prove e non colpe, e, sapendo fare, ci accrescono i meriti e il valore delle preghiere.

656.   Triplice è l'attenzione che possiamo porre nelle preghiere: 

1) quando badiamo a pronunziar bene le parole, si ha l'attenzione verbale, che suppone già un certo sforzo per pensare a ciò che si dice; 

2) se badiamo di preferenza a ben comprendere il senso delle parole, si ha l'attenzione letterale o intellettuale

3) se, lasciando da parte il senso letterale, l'anima si inalza a Dio per adorarlo, benedirlo, unirsi a lui, o per addentrarsi nel mistero che si onora, o per chiedere a Dio tutto ciò che gli chiede la Chiesa e tutto ciò che gli chiede Gesù, si ha l'attenzione spirituale o mistica

Più che agl'incipienti, quest'ultima conviene alle anime proficienti. A coloro che cominciano a gustar la preghiera, bisognerà raccomandare l'una o l'altra delle due prime specie d'attenzione, secondo il carattere e le inclinazioni di ciascuno e le circostanze in cui si trova.