AL LETTORE
Il 2 maggio 1989 chiudeva gli occhi a questa esistenza terrena il Cardinale Giuseppe Siri [vescovo di Genova dal 1946 al 1987].
Dei 99 scatoloni contenenti i suoi scritti, sono state pubblicate parte delle lettere che il Cardinale era solito scrivere ai suoi sacerdoti, in particolare quelle per l’initio muneris [inizio dell'apostolato sacerdotale].
Queste lettere rivelano la premura del Vescovo per i suoi preti, la sua delicatezza, la sua paternità, la sua profonda conoscenza delle anime e delle situazioni. Tali lettere sono edificanti per tutti: mostrano intelligenza, intensa spiritualità, animo pastorale unito a grande pazienza.
Terminato di riflettere sulle pagine che compongono questo testo, nel lettore si saranno formate due convinzioni:
- quando il Cardinale, nella sua esistenza terrena, era in mezzo a noi, dietro a un'immagine austera e rigorosa, nel suo cuore nascondeva pudicamente sentimenti teneri e affettuosi;
- il suo episcopato si può considerare un’epoca tra le più luminose e feconde per il calore e la certezza della fede che sapeva comunicare, per la concretezza della carità cristiana, per la capacità di rispondere alle interpellanze dei tempi, non con cedimenti o mimetismi, ma attingendo al patrimonio inalienabile della verità.
Il mistero della Comunione dei Santi ci offre questa certezza: il nostro “antico” Arcivescovo, nella sua ininterrotta conversazione celeste, prega per l'amata Chiesa di Genova affinché resti fedele al Signore Gesù di sempre!
Genova, 1° novembre 2023 Solennità di Tutti i Santi
(Dalla prefazione di Mons. Mario Grone)
Genova, 25 dicembre 1959
Mio caro Don Pedemonte,
oggi, Natale, ho pregato per te. Questo vale l'augurio: accoglilo collo stesso animo col quale ti è porto.
Vengo a trattenermi alquanto con te, perché penso che trascorso il primo periodo della tua esperienza sacerdotale meglio posso darti alcuni consigli, che vorrei ti accompagnassero sempre nella vita.
Sei nel momento in cui si soffia il vetro e tutte le impronte o modanature diventano dirimenti per il futuro. Se vuoi che la tua vita abbia il massimo di merito, il massimo di fecondità operativa, il minimo di dolori inutili, lasciala sempre guidare dalla umile ed interiore obbedienza.
Questo è il segreto della maggior benedizione di Dio, del maggiore aiuto suo nelle difficoltà nostre e della più intensa e corroborante pace e gioia interiori. Tu sai che i portatori della obbedienza di Dio sono persone e fatti. Tra i primi ci sono tutti i tuoi Superiori dai più vicini ai più lontani, nei secondi ci sono le Leggi e i casi della vita indicatori di quello che Dio dispone. Vorrei che questa impronta ben profonda conferisse alla tua vita in ogni momento e nelle più disparate circostanze il criterio della saggezza calma, operante, invincibile.
Ciò non accadrà senza luce e la luce è la pietà. Sai benissimo che cosa significhi questa parola. Lascia io ti ricordi che più faraì Operando se più avrai preparato pregando.
E della preghiera la maggiore è quella mentale, ossia la meditazione.
Vorrei anche dirti che per mantenere nella tua pietà quell'aspetto quasi umano di confidenza e di afflato, devi darle una grande impronta Eucaristica e alimentarla col molto tempo speso, quanto e quando puoi, davanti al Santissimo Sacramento.
Se vuoi avere intero il merito di quello che fai, abbi nel cuore il sufficiente distacco anche dalle persone che diventano oggetto del tuo apostolato ed abbi sempre la direttiva di volgerle piuttosto a Dio che non di legarle a te stesso.
Qui si ha veramente quella elevatezza di ministero che lo difende da ogni strettezza ed egoismo e che permette anche il massimo di concordia con confratelli e collaboratori.
Sai anche che un sacerdote ha bisogno, più di tutti gli altri, delle virtù dette di relazione (che sono la umiltà, la pazienza, la generosità, la sincerità ed infine la carità). Infatti egli è il “viaggiatore di Dio”, egli deve allacciare rapporti per stringere legami tra le anime e Dio, deve agire su di loro, deve elettrizzarle, etc. Senza doti di relazione, che quando non si hanno naturalmente sono magnificamente supplite dalle virtù acquisite, il sacerdote diventa un torsolo a mercato finito.
Tu hai particolari doti nel lavoro colla gioventù: fa che si sviluppino sempre nella linea di una maggiore spiritualità e interiorità. Noi dobbiamo preparare dei Santi e delle Tempre per il domani della Chiesa e non solamente delle fronde verdi da adornare in modo effimero qualche parata e qualche palcoscenico.
Per il tempo in cui tu dovrai rimanere costì, breve o lungo che sia, guarda di essere sempre una cosa sola col tuo Parroco.
Non posso escludere che questo consiglio possa a chiunque in qualche momento costare, ma l’amore di Dio ti fornirà la energia necessaria ad osservarlo, ben sapendo che le cose noi si fanno per superiori motivi. La Santa Vergine, figlio mio, ti conduca per mano sempre!
In qualunque momento trovassi qualche difficoltà, ricordati che al tuo fianco ci sono io. Incoraggio e benedico cordialmente.
+ Giuseppe Card. Siri
Genova, 15 aprile 1959
Mio caro Prevosto,
ricevo la Sua lettera [Sacerdote anziano ha difficoltà a lasciare la parrocchia, in cui è da 34 anni - NdC] Io non ho alcuna voglia di disturbare la Sua quiete o comunque di metterla in vero disagio.
La prego tuttavia di riflettere, già che questa Sua lettera me ne dà inopinatamente la occasione, che io ho timore di lasciare entrare i sacerdoti nell’età avanzata, rimanendo essi dove sono soli, dove non hanno aiuto di confratelli cooperatori e dove possono sentire troppo, ad un certo momento, il peso degli anni. Desidero che tutti, prima di toccare un certo varco di età vengano a trovarsi in posizione più umana e più adeguata alla loro condizione e più rispettosa dei loro eventuali bisogni.
Mio caro Prevosto, come vede la mia preoccupazione è veramente fondata. Ella non potrà sempre fare la vita meritoria e faticosa che fa ora con due Chiese ed un tale dislivello. La supplico: ci pensi.
Questo dico per Lei e non per me, Ella dà tale buon esempio che di Lei posso mostrare l'esempio sacerdotale integentissimo, semplice, sacrificato e contento di poche soddisfazioni. Ma la prego, ci pensi.
Gli anni passano presto, purtroppo e la fatica potrebbe penarle. Di sacerdoti non ne potremo mandare, perché anche quelli che mi aiuteranno per la Liturgia, ruberanno qualche ora alle loro parrocchiali e non parrocchiali occupazioni.
Coraggio, affettuosi saluti e benedizione
+ Giuseppe Card. Siri
Genova, 19 agosto 1953
Mio caro Don [...],
Sono certo che la accoglienza, rivelatasi poco incoraggiante, non ha mostrato il vero carattere di Chi l’ha fatta. Egli, in realtà, ha eccellenti doti e buon cuore; forse bisogna dire soltanto che non è stato felice; tuttavia mi rendo ben conto che il seminarista di ieri non può essere di colpo adusato a tutte le dure carezze. Figlio mio, coraggio e fiducia!
Ho anche saputo che costì non hai il trattamento adeguato. Anche questo mi ha addolorato e sento di dovere intervenire. Ti faccio pertanto obbligo di informarmi circa quanto ti è stato corrisposto nel primo mese, affinché possa farmi una idea esatta ed intervenire. Siamo tutti poveri, ma non posso tollerare che eventualmente qualcuno debba diventare addirittura misero.
Le prime schermaglie della vita non ti abbattano! Non permettere che esse diventino occhiale colorante tutta la realtà: ti metteresti nel falso. Giudica bene chi ti tratta meno bene e a poco a poco scoprirai che il mondo è migliore.
Per qualunque cosa scrivimi confidenzialmente. Le tue lettere, come quelle degli altri, le vedrò solamente io. Anche questa mia lettera è confidenziale ed è esclusivamente per te.
Approfitto della presente per raccomandarti di far sempre e bene ogni giorno la tua meditazione e di dare somma importanza in genere alla preghiera, che è il vero insostituibile fondamento della nostra azione.
Affettuosamente vicino, Ti benedico ed attendo un tuo ri scontro, pur nella attesa di vederti qualche volta.
[Nota marginale a mano: “è venuto lui” - NdC].
+ Giuseppe Card. Siri
Genova, 5 gennaio 1964
Caro Don Boggi,
ho voluto che tu avessi una strada aperta per penetrare nella facoltà di filosofia e, domani, di magistero.
Cerca di avere molto metodo nella distribuzione del tuo tempo per poter attendere ai tuoi attuali doveri (non più la morale fondamentale) in modo da non diminuire i doveri che sono stati aggiunti. Tieni ben presente questo.
La battaglia più grave della Chiesa la si combatte sul fronte della cultura. Tra le molte ragioni per dimostrare questo c'è il Concilio.
È dunque necessario per il bene delle anime che noi si conosca, si penetri, si agisca in quel campo con preparazione e strumenti degni. Cerchiamo di guardare lontano.
Il materialismo sta permeando tutto e tutti; questo materialismo cerebrale, sotto la forma di esagerata ammirazione per la scienza cosmica, tenta di entrare anche tra i Cristiani, anzi tra i maestri, se ciò è mai possibile. La organizzazione del male e dell'errore ha raggiunto punte finora sconosciute, sottili, debitamente anestetizzate.
Noi siamo sicuri del traguardo, ma nella via Dio permette che le cose vadano anche a modo loro, chiede allora sofferenza e virile difesa.
La tua destinazione alla Università non è un atto solito e burocratico, no. Esso fa parte di una visione chiara e di un programma generale non meno chiaro. Il canto della sirena si è fatto così armonioso e seducente da indurre in errore talvolta "persino gli Eletti". È nella vecchia sede filosofica, ancorata tenacemente ai dati del buon senso comune, che sempre fu ed al quale sempre si ritorna, che si fanno i veri uomini di cultura e i veri difensori della sua purezza e della sua missione.
Coraggio adunque. Il cammino è lungo, ma bisogna sapere dove si vuole andare. Buon anno e benedizione affettuosa.
+ Giuseppe Card. Siri
Caro Don Manarolo,
ricevo la tua lettera di ieri e mi preoccupo subito di metterti in perfetta pace.
lo non farò nulla, mai, che ti possa dare sofferenza ed ho solo il desiderio di sistemarti nel modo che più si confà alla tua salute ed al tuo stato d'animo. Quale sia questo modo non so ancora; lo saprò solo dopo che avremo tranquillamente parlato insieme. Quando questo sarà accaduto, potrò mettermi alla ricerca, è dunque utile che ci si veda presto.
Per la parte economica non sarà mai che io lasci un sacerdote alla deriva. Ti basti questa assicurazione generale. I particolari verranno certamente dopo il discorso di cui ho detto sopra.
Tanto meno ho intenzione, in questa tua e sua situazione, di separarti da tua madre.
Vivi dunque tranquillo. A Regina Pacis provvederò.
Ed ora vengo ad un discorso assai più importante.
Prego il Signore perché ti doni luce e grazia per comprendere queste cose:
- la preziosità della tua situazione purché accetti la volontà del Signore in questa delimitazione della tua attività;
- la preziosità della tua opera e la fecondità che viene data ad essa dalla sofferenza fisica e morale;
- la indefinita dilatabilità dell'amor di Dio, comunque di troviamo e qualunque cosa ci sia impedita di fare;
- la utilità di questo tuo stato per la Diocesi intera. Credo che "un giorno” capirai di avere avuta una vocazione di “elezione”.
Ringraziane Dio!
Vedi tutto può essere sereno, anzi meraviglioso e in tutto questo non ci sono limiti fino a che si è in terra. Dio rende preziosa la nostra vita in molti modi.
Auguro buona Pasqua a te e a tua Madre. Sia felice, perché è come la tua malattia, segno e principio di redenzione. Benedico con tutto il cuore.
+ Giuseppe Card. Siri
Genova, 24 marzo 1970
Mio caro Prevosto, naturalmente ringrazio degli auguri e li contraccambio pasquali a te e a tutti. Possiate avere la gioia nella pace del Signore.
Ritengo tuttavia che alla tua impegnativa lettera io debba dare una risposta, perché si tratta di argomento serio.
In primo luogo prendo atto con riconoscenza a Dio per le ottime notizie, che mi dai circa i risultati del vostro lavoro.
Bisogna che il vostro lavoro non vi consumi. So bene che il caso di Don [...] ha le radici in ragioni sussistenti in modo indipendente dal lavoro parrocchiale. Però il suo caso è un campanello di allarme. Il suo collega, chiunque sia, potrà avere buon fisico e nervi normalissimi, ma avrà certamente dei limiti, come li hai tu.
Sarebbe doloroso e dannoso che ad un certo momento crollaste tutti per un lavoro disordinato, pesante e senza respiro.
Ecco in proposito i miei consigli.
1. Esamina bene quello che è pleonastico in tutta la tua organizzazione e, se ne trovi, sfronda.
2. Cura che ci sia ordine: affastellare non giova a nessuno, consuma e riduce prima o poi al silenzio.
3. Stabilisci per te e per tutti ore “intoccabili”. Esse rappresentano la valvola di sicurezza e di ricupero.
4. Sii severo nell’esigere che le radunanze serotine non si prolunghino. È una malatria quella di non saper concludere alla sera.
5. Lavora sempre in ordine a trovare e formare laici degni, esemplari, discussi da nessuno, sui quali rovesciare parte del vostro lavoro. Considera la opportunità, a tale effetto, di avere, secondo un consiglio dato più di 20 anni innanzi, un segretario parrocchiale, che vi liberi da cose inutili.
6. Se troverai un Cappellano che stia in Chiesa a servire i fedeli e confessare i penitenti, accoglilo come un inviato da Dio.
Il resto a voce. Felicissima Pasqua. Non correre troppo: anche tu hai avuto e puoi tornare ad avere dei limiti: l’ottimo talvolta è nemico del bene. Benedico.
+ Giuseppe Card. Siri
Genova, 3 dicembre 1957
Caro Don [...] hai fatto bene a scrivermi; quando hai dubbi fallo sempre con piena libertà.
Se
puoi vieni a parlarmi di quello che in questo momento evidentemente o
ti impressiona o ti preoccupa. Ci sono venerdì, poi lunedì, martedì e
mercoledì della prossima settimana e, quando vieni, dì al Segretario che
mi avverta subito.
Se non puoi venire (e può essere meglio, ove
il venire creasse qualche ombra) scrivi con sicurezza e libertà. Dico:
“con sicurezza”, perché la posta la vedo io solo ed i Segretari non
leggono se non quello che do io a loro per eseguire pratiche. Ciò ti
dice che non c'è da temere delle indiscrezioni.
Ho detto: “con
libertà”, perché tutto puoi dire, salvo il segreto di Confessione e puoi
stare tranquillo sulla mia capacità di tacere, se tacere è necessario e
conveniente.
Resto in attesa e cordialmente ti benedico.
+ Giuseppe Card. Siri
Genova, 24 giugno 1959
Dio ti benedica sempre.
+ Giuseppe Card. Siri
Genova, 6 aprile 1974
Ecco l'argomento formulato, non da te, ma dall’autore del memoriale: “Nella dottrina cattolica circa la indissolubilità del matrimonio ci sono delle contraddizioni. Pertanto come si può dire ora “votate contro il divorzio?”.
Nego antecedens: è falso vi siano contraddizioni.
[scritto interrotto, perché giunse al Cardinale la notizia dell'incendio che aveva devastata la chiesa parrocchiale di N.S. della Provvidenza ed arsi Don Antonio Acciai (a. 50) primo parroco (da 11 anni), sua madre ed il Curato Don Orazio Chiapparo (a. 26) destinatario, appunto, della lettera.
Il Cardinale, infatti, annotò; “Haec epistola non prosequitur, quia destinatarius hac nocte per igne combustus una cum parocho suo et ejusdern parochi matre. Nonis aprilis 1974” (5 aprile 1974) - NdC].
+ Giuseppe Card. Siri
Genova, 3 ottobre 1975
Mio caro Don Dalla Mutta,
stai per cominciare l'insegnamento della Liturgia. È la prima volta che questa materia viene affidata ad un Professore avente il titolo qualificato per la stessa. Vorrei darti alcuni orientamenti, ai quali ti prego attenerti, per poter così armoniosamente inserirti nell'organismo della Chiesa Genovese.
1. Il tuo primo scopo non è quello scientifico, è quello formativo globale dei futuri ministri di Dio. La scienza sia teologica che storica deve essere strumento per coltivare nelle anime il “culto ufficiale del Signore”, ossia la adorazione. La adorazione accoglie i riflessi della “Maestà di Dio”. La “Maestà di Dio” è tale che ama il meglio della creazione, delle anime, delle arti e della bellezza nella materia e nello spirito.
Questo senso della “Maestà di Dio” non osta all’amore, perché in Dio “Maestà” e “amore” si identificano.
La perdita di questo senso ha creato la fredda e scostante aridità del Protestantesimo, ed oggi una azione irrazionalmente interpretativa delle sante decisioni della Chiesa tenta di reintrodourre la stessa spoliazione, la stessa freddezza.
2. Il secondo scopo è inoculare la “giustizia” verso Dio. Il culto è infatti un tentativo di piccola restituzione di quello che dobbiamo a Dio, Signore di tutto. Non ci sarà molta giustizia tra gli uomini, se non ci sarà giustizia verso Dio Creatore e Padre. Il debito di questa giustizia è tale, che — salvo il caso della irrazionalità e della superstizione — non può esistere un trionfalismo nel culto dovuto a Dio.
3. È ovvio che coi due primi punti giungerai a dare una formazione spirituale ed un substrato resistente alla convinzione ed alla devozione liturgica. Ma essa avrà bisogno di molto contenuto teologico ed in questo ti raccomando una grande precisione, lontana dalle vaghe, aberranti mode imperversanti.
Basta quanto ho detto perché ti sia chiaro come l’insegnamento della Liturgia, pur supponendo altre discipline teologiche assume oggi un ruolo importantissimo nella formazione dei sacerdoti. Noi dobbiamo vivere “di culto a Dio”.
Faccio assegnamento sulla serietà della quale, anche con sacrificio, hai dato prova in tutte le articolazioni della tua vita e prego la Vergine Santissima di accompagnarti sempre.
Con ogni cordiale benedizione.
+ Giuseppe Card. Siri