Tratto dalla PREDICA fatta il 25 maggio 1496 (VIII sopra Ruth) da fra' Girolamo Savonarola
Amen amen dico vobis: Nemo potest venire ad me, nisi Pater, qui misit me, traxerit eum.
Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato (Giovanni 6,44)
Nota che, quando fu nato Cristo e passati e' giorni della purgazione di Maria secondo la legge, Maria andò in Jerusalem e portò el fanciullo nel tempio, e quando quello vecchione Simeone l'ebbe nelle braccia, disse queste parole: — Hic est positus in ruinam et in resurrecionem multorum, cioè “questo Cristo è posto in ruina e in resurrezione di molti” — . Simili parole dice di Lui Esaia: — Ecce pono in Sion lapidem summum angularem etc., “ecco che io pongo in Sion la pietra angulare” —. E Pietro nella sua Epistola, allegando quel testo, dice: — Hic lapis, factus est lapis offensionis et petra scandali, cioè “questa pietra è fatta pietra di offensione e pietra di scandalo” —. Molti dunque per questo Cristo andranno a casa del diavolo.
— Oh, (dirai tu) che è Cristo ruina e scandalo di molti òmini, el quale è venuto a salvare li òmini? — Si risponde che Cristo è ruina e scandalo a chi vuole che gli sia. Non ti dissi io l’altro dì che le creature sono buone fatte da Dio? Tamen la Scrittura dice: Creaturae factae sunt in odium. Così ancora la Scrittura, fatta da Dio, è molte volte laccio alli cattivi che non vanno retti. Sai tu come è fatta questa cosa? Come se li Signori avessino mandato uno bando “che nessuno vadia di notte fuori per la città, e che avessino. fatto porre per le strade aguti, trave e sassi”. Colui va di notte contra el bando, e percuote e ruina. E' Signori sono causa sì che costui rovini, per avervi fatto porre quelli impedimenti a chi va di notte; ma si imputa totalmente a costui che non doveva andare di notte. Va’ di dì, e leverai suso alto e’ piedi, e non percoterai. Chi va di notte non vede e, se percuote, suo danno. Chi va di notte, va per fare male. Qui male facit, odit lucem; così a proposito, chi va per le tenebre e per la notte de’ peccati di lussuria, di avarizia e di superbia, è accecato in modo che non vede, e però rovina, inciampa e avviluppasi.
Cristo ha fatto e' fatti suoi e de’ suoi santi in uno certo modo, che chi va di notte e nelle tenebre del peccato non gli intende, e ruinavi dentro. Tuo danno se tu ruini. Va’ di dì, e intenderai le cose di Cristo.
Se tu andraì di dì e che tu stia purificato da' peccati e che tu vadia retto, se tu non intenderai le cose di Cristo o le sue Scritture, tu pregherrai Dio e dirai: — Signore, illuminami —, e Lui ti illuminerà.
Disse dunque una volta Cristo a quelli che lo seguitavano: — Ego sum panis vivus, qui de caelo descendit —, e poi più giù dice: — Panis quem ego dabo, caro mea est pro mundi vita —, e poi più giù: — Nisi manducaveritis carnem filii hominis non habebitis vitam in vobis —, cioè “io sono un pane vivo che sono disceso dal cielo, e il pane che io do è la mia carne, e chi non mangerà della carne del figliuolo dell’omo e non berrà del suo sangue, non arà vita in Lui”. Per le quali parole molti si scandalizzorno, perché andavano di notte. Ecco che Cristo fu qui ruina e scandalo di costoro. L'uno diceva: — Costui dice che è pane vivo disceso dal cielo, e non è egli il figliuolo di Ioseph? — L'altro diceva: — Come può egli darci la sua carne a mangiare? — L'altro diceva: — Durus est hic sermo, “questo parlare è molto duro; come si può egli mangiare la carne di uno omo?” — E partironsi da Cristo e non volseno essere più suoi discepoli.
Disse allora el Salvatore: — Spiritus est qui vivificat, caro autem non prodest quicquam, cioè “lo Spirito è quello che vivifica, la carne non fa nulla”; verba quae locutus sum vobis Spiritus et vita sunt, “le parole che vi ho parlato sono Spirito e vita”; ma voi non credete, perché voi non andate retti e non potete credermi. Quia nemo potest venire ad me, nisi Pater, qui misit me, traxerit eum, cioè “nessuno può venire a me, s'el mio Padre che mi ha mandato non lo tira” —.
Or ecco a che proposito e quando furono dette queste parole dal nostro Salvatore, le quali feciono scandalo a molti de' suoi discepoli che andavano di notte. Voltossi dipoi alli dodici e disse loro: — Nunquid et vos vultis abire? Cioè “ voletevene andare ancora voi”? — San Piero, che andava di giorno, rispose: — Domine, ad quem ibimus? Verba vitae aeternae habes, “ Signore, a chi andremo noi? Tu hai parole di vita eterna”. Io vedo che tu hai la vita buona; se qualche cosa ci è che io non intendo, el difetto è mio —. E però, figliuolo mio, va’ di dì, e saprai cognoscere le cose di Cristo. Questo è quello che io t'ho detto tante volte, quod mea doctrina non est mea. Vivi bene, va’ di dì, e cognoscera'la.
Tu vuoi pure andare di notte; va’ di giorno, dico io; vivi bene, e vedrai che io ti dico el vero; altrimenti tu darai in qualche inciampo, che tu cadrai e faraiti male. Questo t'ho io detto per dichiararti a che proposito Cristo disse queste parole del presente Evangelio “Nemo potest venire ad me, nisi Pater, qui misit me, traxerit eum”. Ora vediamo quello che le vogliono dire.
In conscienzia egli è una grande fatica a predicare adesso. L’omo si resolve tutto per questi caldi. Io vi lascerò insino a domenica; non vorrei anche che voi vi infirmassi. Daremo spazio tre dì, e poi vedremo quello abbiamo a fare.
Nemo potest venire ad me, nisi Pater, qui misit me, traxerit eum, “nessuno può venire a me (dice Cristo in questo Evangelio) s'el mio Padre non lo tira”.
Santo Augustino dice: — Che cosa è questa, fratelli miei? Che vuol dire qui el nostro Salvatore? Che vuol dire questo tirare? Vuole egli dire, tirare per forza e essere violentato? Cioè appiccare una fune al collo, o una catena e tirare l'omo per forza a Cristo? Non può l'omo venire a sua posta? Non ha egli el libero arbitrio? Non si muove l'òmo volontariamente a Dio? Risponde santo Augustino che l'omo non è tirato da Dio per forza, ma per delettazione.
Ecco verbigrazia, tu vuoi tirare el fanciullo, tu gli monstri la mela, e' viene per delettazione; alla pecorella tu monstri el ramo verde, ella è tirata e viene per delettazione. Così Cristo ti monstra qualche cosa delettabile, tu se’ tirato; e’ ti monstra el Paradiso, tu di’: — lo vengo —, e così per delettazione e non per forza tu se’ tirato da Cristo. E dice più santo Augustino: — S'el fu lecito a quel poeta a dire “trahit sua quemque voluptas”, idest “che ognuno in questo mondo è tirato dal suo piacere”, quanto più dobbiamo dire noi che l'omo sia tirato da Cristo per piacere, el quale omo si diletta della beatitudine, della verità, della iustizia, della sempiterna vita: il che non è altro che Cristo —. Da amantem (dice Augustino), da desiderantem, ferventem, fonti aeternae patriae suspirantem, “dammi uno amante, uno fervente, uno desiderante la fonte della salute della eterna patria”, sentirà subito ch’ello è tirato. Uno peregrino che non vuole stare più in questa vita, ha sete di andare a Cristo, vedrà e sentirà in sé come egli è tirato da Dio per delettazione.
Gentile Bellini "Nunc dimittis" |
Dio non esce del suo ordine che egli ha posto con la sua sapienzia, o rare volte e quasi mai. Lui tira le cose grave in giù e le leggeri in su, e ogni cosa dispone e tira secondo la loro natura. Deus attingit a fine usque ed finem fortiter, et disponit omnia suaviter. Dio muove dunque ogni cosa secondo la natura di quella; così el libero arbitrio e la volontà dell'omo, perché è libera, Dio la muove liberamente secondo la sua natura.
Sono tre appetiti: naturale, animale e razionale. Dio li muove tutti secondo la loro natura; e ogni appetito séguita la sua inclinazione. L'appetito naturale non cognosce el fine che lui séguita. Verbigrazia: la pietra va in giù al centro e ha questo appetito e non sa perché; Dio che l’ha fatto lo cognosce. L'appetito animale séguita la cognizione del senso e la sua inclinazione; onde cognosce la pecorella ch’ el ramo verde gli è utile e delettabile, perché così sé gli appresenta, e però lo appetito li va dietro. Lo appetito razionale, che è la volontà dell’omo, perché è libera, si muove liberamente e séguita la sua inclinazione. Ma nota che, a essere mosso per delettazione, non basta solo che la cosa sia utile e delettabile, ma bisogna che la s’appresenti come utile e come delettabile. Ecco, la pecorella è tirata dal ramucello verde; ella va e pascesi insino che è saziata; ma poi, benché vegga el ramo verde, non si muove, perché non sé gli appresenta più come utile né come delettabile.
Così interviene all’omo. Dio ti monstra cose buone, utili e delettabili, e ti monstra quod oculus non vidit, nec auris audivit, nec in cor hominis ascendit, cioè “ ti monstra quello che occhio non vidde mai, né orecchio ha udito, né core di omo può comprendere ”, e' ti monstra la gloria di vita eterna, la quale Lui ti ha apparecchiata per il sangue di Cristo. Questo ti saria utile e molto delettabile, e tamen non ti muove e non ti tira.
Prima ti doverria muovere la cosa promessa e il premio grande; secundo, ti doverria muovere el modo per il quale ti è promessa e apparecchiata questa gloria, cioè per il sangue di Cristo.
Io vi metto questo dinanzi alli occhi, e monstrasi in sé come utile e come delettabile. Che vuol dire che uno si muove, l’altro no? — Perché nemo venit ad me nisi Pater, qui misit me, traxerit eum; “nessuno viene a me”, dice Cristo, “Se il Padre che m'ha mandato non lo tira” —. Sai tu perché colui non viene? Perché lo tira un’altra corda, un’altra delettazione, e lui va drieto a quella. Tu metti el fieno e la biada innanzi al cavallo, lui guarda la biada e quella mangia; e se tu di': — mangia del fieno —, lui non lo vuole e non è tirato da quello, perché non gli viene in considerazione, in presenzia di quella biada, che il fieno sia buono, e non sé gli appresenta allora come utile né come delettabile.
Così tu, che ti pasci delle delettazioni del mondo, benché ti sia monstro le cose di Dio utili e delettabili, non ti muovono e, in presenzia de’ tuoi piaceri sensuali, le cose di Dio ti si appresentano dure e aspre e non delettabili. Bisogna dunque che Dio sia quello che tiri, e però ben dice il testo: Nemo venit ad me, nisi Pater, qui misit me, traxerit eum.
Quando Dio vuole dunque tirare uno, e’ gli monstra le cose sue buone e delettabili, e quelle altre delettazioni del mondo gliele mette in abominazione, e così lo tira. — Ma che vuol dire che io ti metto in abominazione le cose del mondo, quanto posso, e monstroti che questo mondo è nulla, e tamen tu non vieni? — Nemo venit ad me, nisi Pater, qui misit me, traxerit eum. Dio è quello che tira. Benché io ti monstri ch' el mondo è nulla e che tu debbi venire a Dio, tamen, se Dio non tira, tu tieni l'occhio saldo a quella considerazione delle cose delettabili del mondo, e stai fisso là e non ti muovi. Ma come Dio comincia a tirare e inspirarti, tu cominci a dire: — Io voglio venire a Dio —, e Lui, come ti vede disposto, ti dà la grazia, illuminati e tirati, e se’ venuto a Cristo.
Tira dunque Dio non per forza, ma per delettazione, e pone all’omo le cose del mondo in abominazione. Egli monstra le pene dello Inferno come cosa mala. Egli monstra la gloria del Paradiso come bona e delettabile, e tira l’omo volontariamente e non lo sforza punto. Lui viene, e innamorasi di Cristo; e Lui lo infiamma e tiralo a sé, e è venuto non per forza ma per amore. Ma tu dirai: — Che vuol dire che e’ tira più questo che quello? E tira l'uno e l’altro no? — Lasciami un poco riposare ché io ti dirò qualche cosa.
— O frate, che vuol dire che Dio tira uno, l’altro no? Ella è pure grazia questa; perché la dà Egli a questo, non a quello? — Va’ e domanda uno che fa le scodelle, boccali, piattelle e altri vasi di terra, e di' così: — Perché fai tu di molti vasi belli e molti brutti? E perché sono questi belli e quelli no? — Ti risponderà: — Io li faccio per il bene di tutta la casa, per ché di questo bello è bisogno alla tale cosa, e di questo brutto a un’altra cosa —. E se tu di’: — Perché fai tu d'una medesima terra e materia questo vaso bello e quell'altro no? E di questa terra, che tu poni nel vaso brutto, perché non ne fai tu uno bello? — Ti risponderà: — Perché mi piace fare così —.
Domanda li filosofi: — Che vuol dire che, essendo tutti gli animali d'una medesima materia, sono fatti sotto diverse forme, e l'uno più bello e l'altro manco? — Ti risponderanno: che Dio l’ha fatto per la bellezza dello universo, perché la varietà fa bellezza. E se tu di’: — Perché ha fatto il leone e il cavallo sotto più nobile forma che l’asino, e più bello questo che quello? — Ti si risponderà: — Perché gli è così piaciuto —.
Così, a proposito nostro, se tu di': — Perché tira Dio alcuno sì, alcuno no? — Si risponde: — Per dimonstrare la sua iustizia e la sua misericordia —. Oh, perché più presto questo che quello? O perché non ha dato la grazia a questo come a quello? — Si risponde: perché gli piace. — O frate, non ci è altra ragione? — Figliuolo mio, questo è uno grande profondo. Ti dissi altra volta che tu non ci entrassi. Dice qui santo Augustino: Noli iudicare, si non vis errare, “non volere iudicare questo, se tu non vuoi errare”. Santo Paulo sapeva meglio assai di noi solvere questa questione, e tamen non volse entrare qua dentro, ma disse: — Egli è perché Dio vuole così: Voluntati enim eius quis resistit? O homo, tu qui es, qui respondeas Deo? Cioè “chi può resistere alla volontà di Dio? O omo, chi se' tu che vuoi rispondere a Dio?” — Dio sa bene la ragione perché e’ fa così, ma tu non la sai; e Lui non è obligato a dirtela. Lascia andare queste questioni; quando saremo lassù in Paradiso lo sapremo.
Dimmi, quale è meglio, o che tu imputi Dio iusto e te ignorante, o Lui iniusto e te sapiente? Dio non si può dire che sia iniusto, perché Lui è essa somma iustizia. Adunque è meglio dire che Dio fa bene ogni cosa e che questo tu nol puoi intendere. Non andare dunque più alto in questa questione, ché tu cadrai nella pietra dello scandalo.
Origene la volse trovare, e disse che le anime furono create tutte insieme, e poi, secondo e’ meriti o demeriti loro, furono messe da Dio di qua in questi corpi. Questo è contra ogni filosofia; e Paulo, nel medesimo luogo, parlando della elezione di Iacob e della reprobazione di Esaù, dice: Cum nondum nati essent, aut aliquid boni egissent aut mali, ut secundum electionem etc., dictum est ei etc., sicut scriptum est: Iacob dilexi, Esau autem odio habui; cioè, che innanzi che fussino nati, o avessino fatto bene o male, fu da Dio eletto Iacob e reprobato Esaù. Pelasgio anche, volendo cercare questa questione, cadde in errore. Concludi adunque che Dio è quello che chiama, e chi fa bene è chiamato.
Ma tu dirai: — Come! Si può fare bene senza la grazia? — Scrivendo Paulo “Nos non sumus sufficientes ex nobis tanquam ex nobis aliquid cogitare”, basta a te che Dio dà a ciascuno sufficiente aiutorio. Non entrare in questo profondo, ma pensa che gli è venuta la grazia del nostro Salvatore Cristo Iesù, e ch’el ci ha fatto bene non per nostro merito, ma per sua misericordia.
Fa’ adunque bene, e come dice Augustino: Si non traheris, ora ut traharis, “se tu non ti senti tirare, fa' orazione a Dio che tu sia tirato”. Dio dà sufficiente adiutorio a ciascheduno. Tu hai le cose della fede, valle ruminando. Tu hai le predicazioni, fa’ bene se tu vuoi essere tirato, altrimenti tu non arai escusazione nessuna. Or veniamo un poco alle parole dello Evangelio.
Nemo potest venire ad me, nisi Pater, qui misit me, traxerit eum, “ nessuno può venire a me (dice el Salvatore), s'el mio Padre non lo tira”, Se tu se’ dunque tirato a penitenzia e a fare bene, non lo imputare a te; egli è il Padre che ti tira per sua misericordia, e dice: — Chi verrà a me ego resuscitabo eum in novissimo die, “io lo resusciterò nel dì finale” —; vuol dire: io gli farò salva l’anima e il corpo. Guarda dunque qua, se tu séguiti Cristo, che guadagno tu farai. Se tu séguiti el mondo tu perderai l’anima e il corpo; se tu séguiti Cristo perderai qualche cosa del mondo, ma alla fine ti salverà l’anima e il corpo.
Che stai tu dunque a fare che tu non séguiti Cristo? Sai tu perché tu non vieni? Perché Dio non ti tira. Sai tu perché e’ non ti tira? Perché tu se’ rinvolto nel peccato. — Oh! perché tira egli colui che è nel peccato, e faglielo lasciare, e me no? — Quando tu se’ battezzato, Dio ti ha posto in stato di grazia; se tu vuoi fare bene, tu se’ aiutato da quella grazia; ma se per tua malizia tu caschi nel peccato contra el precetto di Dio, tu se’ caduto nelle sue mani; non può egli fare iustizia di te, s'el vuole? — Padre, sì —. Adunque non ti dolere di Lui s'el vuole fare grazia a un altro, e rilevarlo e tirarlo, e a te vuole fare iustizia. Basta che tu non ti puoi dolere ch'el ti faccia torto. Tu se' una volta cascato e sai che la iustizia ti condanna; non ti dolere dunque di Dio s'el ti fa iustizia, benché e’ facci grazia a altri.
E' viene ancora questo male da’ padri e madre vostre, che non nutriscono bene e' figliuoli e allievangli cattivi; donde e’ perdono la grazia battesimale, e se Dio non gliela vuole poi rendere, non è obligato. Tu, padre e madre, ne renderai ragione al dì del iudicio.
È ancora colpa delle Signorie, che non fanno che ne' loro territòri sieno fatte buone leggi, e che si viva costumatamente. E’ fanciulli imparano quello che odano e vedano. Tu non vuoi ancora levare via e’ giuochi e le meretrice per le strade? Che state voi a fare, Signori Otto? Voi siete ministri di Cristo, che è Re della vostra città. Se voi non farete iustizia, Lui vi punirà. Guai alla barba vostra. Io ve lo dico: Andate provedendo che questi vizi non sieno nella vostra città. Così, voi fanciulli, andate cercando de’ giucatori; toglietegli le carte. Voi cittadini, a che fine siete voi fatti de’ magistrati? Forse per nutrire li peccati? No, vi dico io; questo non è el fine. Voi fate el rovescio; voi siete creati magistrati per levare via li vizi e li peccati; voi lasciate il fine, e non imparate di fare quello che è vostro ufficio.
Chi è buono impara: Sicut scriptum est in prophetis: Erunt omnes docibiles Dei, cioè, “ come è scritto nei profeti: quelli che saranno figliuoli di Dio intenderanno e impareranno”. Or lasciami un poco riposare.
Alle cose di Dio voi siete tardi e negligenti, ma alle cose del mondo voi siete solleciti; così al bene commune della città siete pigri, ma al bene proprio ognuno è sollecito e diligente. Voi fate el rovescio, e però non vanno bene le cose vostre. Io ve l'ho tante volte detto, ma voi non udite, perché non siete di Dio. Omnis qui audit a Patre et didicit, venit ad me, “ognuno (dice Cristo) che ode dal mio Padre e impara, viene a me”. Sono alcuni che odono e non intendono; non vogliono imparare. Chi va retto, impara quando ode dal Padre e viene a Cristo. Non quia Patrem vidit quisquam, nisi îs qui est a Deo, hic vidit Patrem, “ non già che nessuno abbi veduto el Padre, se non colui che è venuto da Dio”. Vuol dire che nessuno in questo mondo, come Cristo, ha veduto el Padre, ma noi andiamo a Lui per fede. Amen, amen dico vobis, qui credit in me habet vitam aeternam... “ in verità io vi dico (dice Cristo) che chi crede in me ha vita eterna ”. Credere in Cristo vuole dire: credendo tendere e andare in Cristo.
Altra cosa è credere a Dio, altra credere in Dio. Credere a Dio è credere alle parole di Dio, credere in Dio è, credendo e amandolo, tendere in Lui. E però tu di’: — Credo in Deum —, e non di': — Credo Deo —. Ma sono alcuni che dicono il Credo e dicono le bugie, perché credendo non amano e non tendano né vanno in Dio con le opere. Dillo pure, e non lasciare per questo, perché tu lo di’ in persona della Chiesa e non erri. Chi crede adunque in Cristo ha vita eterna.
— Oh, come s'ha vita eterna in questa vita mortale, benché l’omo creda in Cristo? — Tu hai prestato, — in su uno pegno, a uno cento ducati, e tamen, benché tu non gli abbia, tu di': — Io ho cento ducati —, perché tu hai el pegno; così, faccendo bene e credendo in Cristo, tu hai el pegno di avere vita eterna; e però tu puoi dire di avere ora vita eterna. Va' adunque, mangia el pane di questa vita, perché Cristo dice: — Ego sum panis vitae, “io sono il pane della vita ”. Va' dietro a Cristo, séguita Lui, priega ch'el ti tiri, e maxime in questi tempi, ché hanno a essere tante tribulazioni.
Noi non cerchiamo altro, né altro concludiamo, se non che tu cerchi che Dio ti tiri al suo servizio.
Tratto da: Edizione nazionale delle opere di Girolamo Savonarola "Prediche sopra Ruth e Michea" a cura di Vincenzo Romano - Vol. 1 - Predica VIII - pagg. 217-224