giovedì 12 ottobre 2023

Sinodalità vuol dire camminare tutti insieme: ma con Cristo

In un commento del 3 agosto 2023 pubblicato sul sito web dell'Esarcato greco-cattolico, il vescovo Manuel Nin, esarca apostolico della Chiesa greco-bizantina cattolica in Grecia, ha espresso diverse preoccupazioni sull'assemblea generale del sinodo cattolico del 4-29 ottobre 2023.

 


Alcune riflessioni sulla sinodalità 

Da tempo nella Chiesa cattolica si parla molto di sinodalità. Questa viene presentata e soprattutto vissuta (forse in assenza di una chiara chiarificazione del suo significato ma forse anche in assenza di un reale indottrinamento) come un luogo, uno spazio, dove tutti possono esprimersi su tutto, anche proporre argomenti e opinioni, che sono solitamente lasciati al diritto esclusivo del vescovo di Roma, eventualmente anche di colui che presiede un sinodo ecumenico. La sinodalità… una Chiesa sinodica… Inoltre, nel 2023 si terrà a Roma un sinodo generale dei vescovi sulla sinodalità, e questo non è né uno scherzo né un semplice gioco di parole.

Ho provato a riflettere un po' su questo tema, partendo dalla richiesta di Papa Francesco che tutta la Chiesa approfondisca e rifletta con il popolo di Dio su questo tema (della sinodalità), che sembra che solo ora, oggi, scopriamo quanto fondamentale e vitale è. Ma mi chiedo: ne comprendiamo profondamente il senso e il significato? Qualcuno si è addirittura appropriato della frase attribuita, in precedenza, a un vescovo catalano degli inizi del XX secolo, e ha coniato la nuova frase: "La Chiesa sarà sinodica o non sarà una Chiesa".

La mia riflessione, senza grandi pretese, parte dal fatto che molte volte, negli ultimi mesi, ho sentito dire, anche da persone di riconosciuta competenza: «Voi in Oriente avete sempre avuto la sinodalità. Mentre noi in Occidente, forse…”. Ma di quale sinodalità stiamo parlando? Quando si afferma che: "...voi in Oriente avete sempre avuto la sinodalità...", non c'è pericolo di malinteso quando, guardando alle Chiese orientali, si confonde il termine sinodalità con il collettivo episcopale? Quest'ultimo, in Oriente, è associato all'esercizio dell'autorità, al ministero pastorale, al servizio all'interno delle Chiese cristiane che si svolge nell'assemblea dei vescovi appartenenti a una Chiesa particolare ed è retto da un patriarca, un arcivescovo o un metropolita . Le decisioni, all'interno di queste Chiese, vengono prese dall'assemblea dei vescovi (quasi sempre chiamata "sinodo" o talvolta "consiglio dei gerarchi"), appartenenti a una Chiesa orientale. Il Sinodo è convocato dal suo presidente, in vista delle designazioni episcopali e di altre importanti decisioni, nel corso del cammino cristiano che i pastori intraprendono per il bene dei loro credenti, a livello spirituale e materiale.

Naturalmente, questo esercizio di ministero/servizio/autorità nelle Chiese orientali ha certamente una dimensione sinodale in quanto le decisioni prese a livello pienamente collettivo appartengono al sinodo dei vescovi, inteso come riunione dei vescovi insieme al loro superiore: Patriarca, arcivescovo o metropolita. Pertanto in Oriente, e per ciascuna delle Chiese, si parla di un percorso del sinodo dei vescovi in ​​modo collettivo. Tuttavia, riprendendo il filo dall’inizio, se l’Occidente intende la sinodalità come un luogo o un momento in cui tutti, laici e clero, agiscono insieme per arrivare a qualche decisione ecclesiastica, dottrinale, canonica, disciplinare, qualunque essa sia... beh, diventa chiaro che tale sinodalità non esiste in Oriente.

Negli ultimi mesi, nelle nostre Chiese, soprattutto in Occidente, si sono formati gruppi di riflessione, formati principalmente, ma non solo, da laici, per discutere esattamente cosa è e cosa dovrebbe essere la sinodalità. Questi pensieri, che si svolgono a livello parrocchiale, dovranno poi essere presentate a livello diocesano, poi a livello di conferenze diocesane, poi a livello del Sinodo Generale a Roma, per giungere infine alla sommità del colle o piramide (metaforicamente equivalente) per essere consegnate al Papa. In questo modo, potremmo essere coinvolti in un’ascesa collettiva piuttosto che in un cammino insieme. Ma per arrivare dove? a che scopo? Lascio aperte le domande. Del resto, sappiamo bene che quando un gruppo di persone raggiunge la vetta di un luogo, molti altri "compagni" con cui hanno iniziato, possono essersi fermati o lasciati da parte lungo il percorso perché il loro sforzo per andare avanti si è rivelato insufficiente.
A livello biblico cito solo due testi. Nel Vangelo, in Giovanni 14,6, troviamo la conferma di Gesù: "Io sono la via, la verità e la vita...". Poi, in Atti 9:2, Saulo usa il termine "il sentiero" in riferimento alla sequela del Signore e del Suo Vangelo. Allora seguire Gesù, essere e vivere come cristiani, significa vivere finalmente come “congregati” e questo avviene già dal momento del nostro battesimo. Camminiamo tutti come Chiesa di Cristo in un cammino che facciamo insieme come cristiani, certo, ma la domanda che dovrebbe e dovrebbe porsi fin dall'inizio è questa:  “viaggio con chi?.

La parola "sinodo" deriva direttamente dal greco e significa "camminare con...". Ma ciò che è importante e direi fondamentale, che va chiarito subito per non distorcere la nostra riflessione sulla sinodalità, è il significato e l'oggetto reale della preposizione greca “sin”. Non si riferisce al “processo” ma a “qualcuno” con il quale esso viene portato avanti e portato a termine. Il senso del Sinodo non è quello del “tutti insieme”, ma piuttosto quello del “io cammino con”. È l'oggetto o la persona "con" la preposizione "sin" ci collega e ci unisce. Non si riferisce al cammino, né a noi cristiani, laici, preti, vescovi. Questo "sin", questo "con", questa preposizione greca collega noi cristiani e ci conduce a una Persona che è Cristo. Occorre quindi fare una prima precisazione: non si tratta di un cammino del “tutti insieme” ma piuttosto di un “tutti insieme con Cristo. Non dimentichiamo che questo con Cristosi completa nella Chiesa, la quale si nutre e vive dei doni preziosi del suo prezioso Corpo e Sangue.

Inoltre, va sottolineato chiaramente che la sinodalità in tutte le Chiese cristiane, siano esse orientali o occidentali, non può essere una “copertura” che ci mostra al mondo moderno, ma anche tra di noi, come se fossimo una moderna repubblica occidentale, parlamentare possibilmente, dove tutti possono dire qualsiasi cosa e parlare di tutto. La vita delle Chiese cristiane non è mai stata una forma di democrazia in cui tutti decidono tutto in base alle regole della maggioranza. E non si trattava di una tale democrazia, non dimentichiamo che nei parlamenti i deputati vengono eletti e, quindi, sono rappresentanti di coloro che li hanno eletti. 

Quale sinodalità ritroveremo in Occidente? Una sinodalità come modo di vivere, direi, in Oriente e in Occidente. La vita dei cristiani, infatti, è ed è sempre stata un cammino “sinodico”, un cammino con Lui, insieme a Cristo Signore che è Lui stesso la via, la verità e la vita. Approfondire oggi, confrontarsi e parlare di comunione, non è certo una buona occasione che potrebbe farci interrogare sul modo in cui camminiamo con gli altri. Già dal nostro battesimo camminiamo con Cristo nella Chiesa, e questo è importante sottolinearlo. Ma dovrebbe essere il punto a partire dal quale riportare alla ribalta nella  nostra vita cristiana Colui, il Signore Gesù Cristo, con il quale camminiamo come cristiani.

Per tutti noi cristiani – orientali o occidentali – la via sarà la nostra come membra del Corpo di Cristo presso il Signore, o se volete, la Sua via con noi. Rilancio un tema presente negli Aforismi dei Padri e attribuito a Sant'Antonio Magno: ...quelle impronte nella sabbia del deserto, che Antonio credeva sue, ad un certo punto scopre, lui e noi con lui, che non appartengono a lui ma a Colui che cammina accanto ad Antonio e che lo sostiene nei momenti di debolezza. A Colui che è sempre al nostro fianco, al Signore risorto e vivente che è in mezzo a noi. E citando Antonio Magno, ricordo qui la vita monastica in Oriente e in Occidente, come modello di questa comunione a cui mi riferivo: guidati dal Vangelo, con l'insegnamento dell'Abate e degli anziani spirituali, camminiamo tutti con Cristo alla ricerca di Dio. Ancora una volta, la vocazione monastica può aiutarci a comprendere una realtà fondamentale nella vita cristiana.

Ricordo la bella edizione del cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo di Bologna dal 1984 al 2003, pubblicata negli anni del grande Giubileo del 2000, che il cardinale di Bologna intitolò "Identikit del Festeggiato". È un testo che si riferisce a Lui, che è stato e deve essere al centro delle celebrazioni giubilari. Già da allora il grande cardinale italiano metteva in guardia dal pericolo di mettere in secondo piano o addirittura dimenticare Colui che era l'unico motivo del giubileo, la causa principale, l'unico destinatario, il Celebrato. A mio avviso, ho attribuito correttamente il ruolo della preposizione greca "sin" da cui con il sostantivo “odos” (strada) nascono i termini “sinodo” e “sinodalità”, e ho chiarito chi è il vero compagno di strada in questa sinodalità. Non c'è altro da aggiungere.

Nient'altro; L'ultima e fondamentale domanda a cui bisognerebbe aggiungere e dare risposta sarebbe: "che cos'è allora la sinodalità?". L’occasione non ci consente di fare o proporre nuove e imponenti definizioni, ma partendo dalla filologia che i Padri della Chiesa hanno sempre utilizzato come strumento per il loro catechismo e la loro mistagogia, propongo di guardare alla sinodalità (e agli altri termini che derivano da esso: sinodo, sinodo) come cammino di tutti noi che siamo stati battezzati in Cristo, ascoltando il suo Vangelo, celebrando la nostra fede, ricevendo la sua grazia nei sacramenti anche attraverso i nostri fratelli. Un cammino sicuramente insieme, guidati e accompagnati talvolta per mano, o anche portati sulle spalle dei nostri pastori, seguendo le orme di Colui che è la via, la verità e la vita.

C'è un altro aspetto della mia breve riflessione che non voglio affatto trascurare, che ho solo accennato all'inizio e che ripeterò qui solo come conclusione. Vale a dire, poiché siamo chiamati a porre al centro dell'interesse dei cristiani (clero e laici) la sinodalità, una sinodalità che, se non viene sufficientemente chiarita nel suo significato, rischia di essere intesa solo come “parlamentarismo cristiano” che ci permetterebbe di esprimere opinioni su tutti e su tutto, rischiamo di proporre e costruire, permettetemi l'espressione, un'ecclesiologia "piramidale" del Corpo di Cristo che è la Chiesa, e di dimenticare, o almeno di marginalizzare, un'altra prospettiva che ritengo fondamentale . Questa prospettiva fu al centro delle preoccupazioni ecclesiastiche già durante la seconda metà del suo regno ventesimo secolo e rimane una questione aperta di riflessione. È un punto critico (punctum dolens) anche oggi e si riferisce al collettivo episcopale in materia di amministrazione e vita della Chiesa. Sono consapevole, però, che questo costituisce un altro caso di lavoro, un altro capitolo, importante quanto la stessa sinodalità, di cui si parla tanto, cioè è una questione che ci porterebbe a una riflessione, che non andrebbe oltre solo queste poche pagine, ma anche l'attuale situazione ecclesiastica. Ho toccato questo argomento all'inizio della mia riflessione sui concili delle Chiese orientali, e lo lascio esattamente così come è stato affermato.

"Sinodo", "cammino con Cristo". Questo è il filo conduttore della mia riflessione. Senza pretese ma anche senza mai dimenticare Colui, il Signore che era, che è e che sarà il vero, l'unico compagno di strada di tutti noi, come membra del Suo Corpo che è la Chiesa. Per non dimenticare mai l'identità del celebrante (Identikit del Festeggiato).


+ Padre Emmanuel Nin
Esarca Apostolico