Nell’anno 692 al Concilio Quinisesto, anche noto come Concilio in Trullo (perché ospitato in una stanza dal soffitto a volta del palazzo imperiale di Costantinopoli), tra le centinaia di questioni teologiche e dottrinarie aperte i padri conciliari – quasi tutti orientali, Roma si sarebbe adeguata alle decisioni del concilio solo anni dopo – affrontarono anche quella dell’immagine dell’agnello.
Che Gesù andasse identificato in quell’«agnello condotto al macello» profetizzato da Isaia, che “offrirà se stesso in espiazione” e “giustificherà molti” perché “si addosserà la loro iniquità” (Is 53), lo aveva per primo compreso Giovanni Battista, almeno stando al vangelo di Giovanni. Vedendo Gesù venire verso di lui ebbe l’epifania della sua missione divina ed esclamò: “Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!” (Gv 1,29). Da qui un profluvio di rappresentazioni artistiche che raffiguravano Gesù attraverso il simbolo dell’agnello mistico.
Ma i padri conciliari del Quinisesto non erano d’accordo. Sì, certo, Gesù era l’agnello di Isaia, ma perché ricorrere a un simbolo veterotestamentario quando quell’agnello di cui nessuno conosceva le fattezze si era poi incarnato in un essere umano? Continuare ad avvalersi di simboli avrebbe rischiato di alimentare pericolose correnti eretiche sulla realtà dell’incarnazione così come le crescenti ondate di iconoclastia che in quei decenni scuotevano la cristianità.
Da qui la decisione dei vescovi:
“Decretiamo che da ora in poi l’immagine dell’Agnello di Dio che toglie i peccati del Mondo, Cristo nostro Dio, sia presentata in immagini di forma umana, anziché nell’antica forma dell’agnello; perché a questo modo si comprenda la profondità dell’umiltà della Parola di Dio, e si sia portati a ricordare la sua vita nella carne, la sua passione e la sua morte salvifica, e la redenzione che da allora è stata portata nel mondo”
(Concilio Quinisesto, Costantinopoli 680-681)
Jan e Hubert van Eyck, L’Adorazione dell’Agnello Mistico, 1432, pannelli esterni, olio su tavola, Gand, Cattedrale di San Bavone |
Erano quelli i veri occhi dell’agnello disegnati dai van Eyck, poi rifatti due secoli più tardi da altra mano per eliminare quel particolare conturbante, forse ritenuto un imbarazzante errore dei fratelli fiamminghi, che avevano dimenticato che gli erbivori hanno occhi laterali e non frontali. Mentre invece evidentemente altro doveva essere il vero motivo di quello sguardo dell’agnello mistico, secondo i van Eyck: un agnello che è in realtà un essere umano.
Tratto da https://www.quadernidaltritempi.eu/sotto-gli-occhi-dell-agnello-roberto-calasso/